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Abruzzo. Consulta boccia legge su esonero accreditamento studi privati per interventi chirurgia plastica e odontoiatria

La misura dichiarata illegittima escludeva dall’elenco delle prestazioni erogabili in regime ambulatoriale alcuni interventi di chirurgia plastica, dentali e ortodontici, e la gengivoplastica. Con contestuale esonero dalle autorizzazioni per gli studi privati. La Corte: “Escluse una serie di prestazioni in relazione alle quali non è ipotizzabile il venir meno dei livelli essenziali di garanzia previsti dal legislatore statale”. LA SENTENZA

16 APR - La Corte costituzionale boccia la legge della Regione Abruzzo n.21/2014 (art.1 comma1) in materia di autorizzazione, accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private. La misura bocciata prevedeva l’esclusione di una serie di prestazioni eseguibili in regime ambulatoriale, tra cui gli interventi di chirurgia plastica della palpebra, numerosi interventi dentali e ortodontici, e la gengivoplastica. Con la conseguenza che automaticamente decadeva anche l’obbligo all’autorizzazione per gli studi medici e per gli studi odontoiatrici privati.
 
Secondo il Governo la misura “esonerando dall’autorizzazione prevista gli studi professionali che erogano le prestazioni non più comprese nell’elenco, si pone in contrasto con i principi fondamentali in materia di tutela della salute volti ad assicurare l’idoneità e la sicurezza delle cure” e attuava “un tale restringimento dell’ambito di applicazione dell’istituto autorizzativo, ancorché formalmente ripristinato, da svuotarne quasi del tutto l’efficacia” e poi come la norma si ponesse “in contrasto con i principi fondamentali volti ad assicurare l’idoneità e la sicurezza delle cure” e dunque violava  l’art. 117 Cost., eccedendo dalla competenza concorrente regionale in materia di tutela della salute.
 
La Consulta ha accolto le tesi del Governo evidenziando come con la legge si escludono “una serie di prestazioni in relazione alle quali non è ipotizzabile il venir meno dei livelli essenziali di garanzia previsti dal legislatore statale in ordine alla qualità e sicurezza delle cure ed all’idoneità delle dotazioni tecniche e strumentali”
 
La Corte ha poi rimarcato come “la competenza regionale in materia di autorizzazione e vigilanza sulle istituzioni sanitarie private debba senz’altro essere inquadrata nella più generale potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute, che vincola le Regioni al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato”
 
Per la Corte infine “il legislatore regionale ha dunque attuato una scelta autonoma non consentita, poiché in contrasto con i principi fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato, non rispettando, in tal modo, i limiti imposti dall’art. 117 Cost. in materia di ‘tutela della salute’”.
 
L.F.

16 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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