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Abruzzo. L’ipotesi di accorpamento delle Asl non convince

Il vice presidente del Consiglio regionale, Paolo Gatti, esprime dubbi sui benefici che ne deriverebbero e chiede “un confronto serio, sia a livello politico che tecnico, oltre che con i territori”. Contrario anche il presidente della provincia di Teramo non è lo strumento per risolvere nessuna delle criticità della sanità regionale.

03 GIU - Le indiscrezioni sull’eventuale accorpamento delle Asl Abruzzese ha già scatenato reazioni contrarie in Consiglio Regionale e tra i rappresentanti dei territori. "Non è nostra abitudine intervenire su indiscrezioni giornalistiche ma – affermano il Vice Presidente del Consiglio regionale, Paolo Gatti, e il Capogruppo di Abruzzo Futuro, Mauro Di Dalmazio, in una nota congiunta – da troppo tempo si sente confusamente vagheggiare un'ipotesi, mai smentita, attribuita alla volontà della Giunta regionale, di accorpamento delle 4 Asl abruzzesi. Si è teorizzata una Asl unica, e poi due, con l'unificazione di Chieti e Pescara da una parte, e di Teramo e l'Aquila dall'altra. Tale eventuale aspirazione al gigantismo – sottolineano – dovrebbe essere innanzitutto il frutto di un confronto serio, sia a livello politico che tecnico, oltre che con i territori. Occorrerebbe, in particolare, poter comprendere quali sarebbero i reali risparmi e quali i miglioramenti in termini di servizi, di qualità e di organizzazione del lavoro. Nulla di tutto ciò ha avuto finora nemmeno un principio”.

Per Gatti e Di Dalmazio, “alla luce di questo, ci resta difficile immaginare che gli Ospedali di Atri o Sant'Omero possano essere gestiti dall'Aquila o che quello di Castel di Sangro possa essere governato da Teramo. Siamo sempre stati per le riforme ma siamo contrari alle improvvisazioni. Stiano tranquilli i cittadini abruzzesi ed in particolare quelli della Provincia di Teramo: in mancanza di chiari e indiscutibili benefici per i cittadini e nei servizi sanitari – mettono in chiaro Gatti e Di Dalmazio – saremo ferme sentinelle in Consiglio regionale a tutela della sanità (pubblica) del territorio".

Contro l’ipotesi di accorpamento si è pronunciato in una nota anche il presidente della Provincia di Teramo, Renzo Di Sabatino, secondo il quale si tratta di “una provocazione” perché “l'accorpamento non è una risposta a nessuno degli obiettivi messi a fuoco ma se bisogna ragionare di pancia anche Teramo avrà le sue rivendicazioni da fare. La sanità abruzzese deve vivere una stagione di riorganizzazione dopo anni di anni di perdite economiche e di malagestio – afferma Di Sabatino  - deve ridurre le ospedalizzazioni; integrare l'assistenza sanitaria con quella ambulatoria e sociale; aumentare l'offerta dei servizi rivolti ad anziani e non autosufficienti: una parte di popolazione oggi ai minimi dell'assistenza; deve infine, un discorso che ci riguarda molto da vicino ridurre la mobilità verso altre Regioni. Visto che non siamo campanilisti e che io per primo penso che dobbiamo cominciare a parlare e pensare in termini di sistema Abruzzo, se qualcuno mi spiega perché l'accorpamento fra Teramo e L'Aquila è utile per risolvere almeno qualcuno di questi problemi io sono disponibile ad ascoltare. Al momento, però, né i numeri né il buon senso, mi forniscono una risposta e sono certo di interpretare il sentimento dei Sindaci e del territorio visto che un mese fa proprio in Provincia si è svolta un'Assemblea sulla sanità e sono stati messi a fuoco i veri problemi e anche qualche buona soluzione".
 
Per Di Sabatino, la direzione verso la quale muoversi è quella di “un struttura di coordinamento composta dai manager delle aziende sanitarie abruzzesi, per evitare doppioni e competizioni che fanno male al sistema; una centrale unica di acquisto e la mobilità di personale universitario e specialistico attraverso convenzioni”. “In sanità – prosegue il presidente della provincia di Teramo - non abbiamo personale da tagliare, non possiamo comunque licenziare personale amministrativo - anch'esso del resto sottodimensionato rispetto ai bisogni - e certo non abbiamo strutture direttive improprie. Una cosa è parlare di quella che viene considerata un'area metropolitana, a tutti gli effetti collegata e intercambiabile, come Pescara-Chieti altro è parlare di Teramo e L'Aquila: quaranta chilometri di distanza fra i due capoluoghi, un traforo di mezzo, alta montagna e aree interne che distano anche un'ora, un'ora e mezzo fra loro. Rispondere ai problemi della sanità abruzzese con gli accorpamenti sarebbe, per restare in tema, come vaccinare per la tubercolosi per curare un raffreddore. Rischiamo la morte del malato".

03 giugno 2015
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