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Vaccinazione Hpv: ancora poco diffusa, soprattutto tra le fasce più deboli

16 NOV - “Abbiamo in mano lo strumento che potrebbe far quasi sparire il cancro della cervice uterina, ma dobbiamo utilizzarlo al meglio”. Carlo Maria Stigliano, direttore della Ginecologia preventiva e dei consultori familiari della Asl di Castrovillari (Cs), a margine del congresso Sigo-Aogoi 2010, spiega l’importanza di diffondere tra le donne il ricorso alla vaccinazione contro il papilloma virus: “Abbiamo la disponibilità di un vaccino contro il tumore delle donne: il cancro del collo dell’utero è il tumore delle donne. Tutti pensano che il tumore delle donne sia quello della mammella. Ma non è così: ci sono i tumori della mammella anche nei maschi, sono rari ma sono gravissimi quando ci sono. Il tumore dell’utero, invece, è esclusivamente femminile. Quindi - prosegue Stigliano - avere la disponibilità di un vaccino contro un cancro è già una svolta culturale enorme, ma averlo per questa forma di tumore è ancora più importante, perché protegge la cosa più importante che c’è in natura: la riproduzione della specie. Quel che noi stiamo facendo oggi, è proteggere le generazioni a venire”. Tuttavia, questa rivoluzione, rischia di rimanere incompiuta e di creare diseguaglianze ancor più forti di quelle già presenti.
“Il rischio è che la scarsa diffusione di informazioni, tra i medici e nella popolazione, non faccia raggiungere a questa vaccinazione un’adeguata copertura. E se succede questo, da un lato sprechiamo quattrini, dall’altro non ci garantiamo nei confronti della prevenzione di questo nemico delle donne che è il cancro del collo dell’utero”.
Il ministero della Salute fissava al 95 per cento l’obiettivo di copertura vaccinale per la fascia di età delle dodicenni. Ma siamo ancora molto lontani: secondo l’Iss poco più della metà delle ragazze di questa età ha completato le tre vaccinazioni previste.
“Noi ci accontenteremmo anche dell’80 per cento”, sostiene Stigliano. “E con il tempo speriamo di arrivarci. Intanto molte Regioni stanno attivando meccanismi di copayment per ampliare l’accesso alla vaccinazione. Tra queste sta arrivando anche la Calabria, che ha appena approvato una delibera grazie alla quale il vaccino sarà offerto a tutte le donne tra i 13 e i 25 anni al 50 per cento del prezzo di vendita in farmacia. E questo è un intervento di equità”.
Proprio l’aggravamento delle diseguaglianze è infatti il maggiore rischio connesso al vaccino: “Il nostro problema principale è il fatto che le fasce più deboli della popolazione sono quelle che meno aderiscono gli screening di prevenzione, per esempio al Pap test. Allo stesso tempo, queste donne sono quelle che si rivolgono di meno dal ginecologo. Senza un’adeguata informazione, poi, aderiranno meno anche alla vaccinazione. E quest’evenienza, dal punto di vista dell’equità sociale, è un suicidio”.
Stigliano illustra inoltre le ultime novità scientifiche emerse in tema di vaccinazione: “Gli studi più recenti fanno emergere alcune differenze importanti tra i due vaccini riguardo l’entità della risposta immunitaria, della durata della loro efficacia nel tempo e soprattutto rispetto alla possibilità di una copertura crociata nei confronti di altri tipi di papillomavirus non compresi nella scheda vaccinale (16-18). Si sta cominciando a dimostrare infatti che c’è una risposta crociata anche rispetto ai ceppi 31, 33, 45 e 58 del Papillomavirus. Questo significa una migliore protezione: non si avrà più il 70 per cento della riduzione del rischio di sviluppare il tumore del collo dell’utero ma si potrebbe arrivare a oltre l’80. E in questo i due vaccini non si comportano nella stessa maniera”, ha concluso.
 
A.M.

16 novembre 2010
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