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Di Virgilio (Pdl): “La meritocrazia resta il fulcro del ddl”

04 APR - Si tratta di un provvedimento che vuole ripristinare la meritocrazia nel Ssn, ridare un ruolo centrale ai medici, riformare le norme concorsuali nel rispetto delle competenze, garantire omogeneità all’età pensionabile”. Questi i principi su cui si regge il nuovo testo unico sul governo clinico secondo il relatore Domenico Di Virgilio (Pdl). Un testo che per sua stessa ammissione non è stato riscritto ma semplicemente “rimodulato” sulle esigenze di autonomia delle regioni che precedentemente avevano fatto sapere di non “gradire” troppo l’eccessiva ingerenza dello Stato in una materia, la sanità, in cui la competenza legislativa è concorrente.
 
Onorevole Di Virgilio, dopo circa un anno un po’ a sorpresa si torna a parlare di governo clinico. Come mai quest’improvviso interesse da parte vostra per un provvedimento che sembrava destinato a restare nei cassetti della commissione Affari sociali?
Non è successo niente di particolare. Il testo che dall’Aula è tornato in commissione nelle sue linee fondamentali è rimasto uguale, quello che abbiamo fatto è stato valutare ulteriormente il ruolo delle Regioni. La tutela della salute rientra infatti tra le materie riconducibili alla competenza legislativa concorrente Stato-Regioni, di cui parla l’articolo 117 della Costituzione dove si sancisce il compito dello Stato che deve dettare i principi fondamentali mentre alle Regioni spetta l’adozione della normativa di dettaglio.
Nel primo passaggio di circa un anno fa le Regioni avevano espresso dubbi e io, insieme ai responsabili del Pdl, abbiamo considerato le loro obiezioni e rimodulato il testo sulla base di queste esigenze di autonomia. È evidente che sono rimasti i principi per cui lo Stato deve garantire uguale assistenza sul territorio ma abbiamo valutato, articolo per articolo, il grado di autonomia regionale bilanciandolo con la garanzia, da parte dello Stato, dei principi fondamentali.
Quindi, nessun colpo di scena, nessuna sorpresa. Non si è più parlato di governo clinico perchè abbiamo preferito lavorare con calma, con correttezza, senza clamori e senza fretta.
 
Le opposizioni ritengono che il governo clinico possa essere in realtà usato come strumento per rimetter in discussione tutto il sistema dell’intramoenia e per tornare di fatto a una completa liberalizzazione della professione. Lei cosa risponde?
Che non è assolutamente vero. L’intramoenia è soltanto uno degli aspetti, tra l’altro uno dei più marginali. Altri sono i punti importanti primo fra tutti quello che vuole ripristinare la meritocrazia nel Servizio sanitario nazionale, poi si vuole ridare un ruolo centrale ai medici, vogliamo riformare le norme concorsuali nel rispetto delle competenze e garantire omogeneità all’età pensionabile. Questi sono i punti essenziali.
 
In questa rilettura avete coinvolto le Regioni?
No, le Regioni ci hanno fatto arrivare le loro osservazioni che abbiamo valutato insieme a quanto ci aveva detto la commissione per le questioni regionali. Sulla base di ciò ho riformulato questo nuovo testo base.
 
Quindi non c’è stato neanche un coinvolgimento delle professioni?
No. Le audizioni ai sindacati medici e ai professionisti della sanità le abbiamo fatte precedentemente, quando si è trattato di scrivere il primo testo.
 
Il testo prevede anche nuovi criteri per la nomina dei direttori generali in modo da introdurre più trasparenza e meritocrazia.
Da medico e da politico le dico che, come Pdl, crediamo che per la politica sia arrivato il momento di fare non uno ma diversi passi indietro. Vogliamo fare in modo che i più capaci, i più bravi, quelli che hanno esperienze in ambito sanitario, siano i dirigenti di domani. E con questo testo credo che la meritocrazia venga valorizzata.
 
Per quanto riguarda l’età pensionabile, come mai si è deciso di passare a settant’anni ?
Oggi assistiamo ad una ineguaglianza tra ospedalieri e universitari. Li abbiamo voluti omogeneizzare affinché tutti vadano in pensione a 70 anni indipendentemente da quanti sono gli anni di servizio maturati.
La durata media della vita si è notevolmente allungata. L’Europa e l’attuale quadro economico ci chiedono di procrastinare l’età del pensionamento. È vero che c’è chi obietta che il prolungamento dell’età lavorativa potrebbe svantaggiare i giovani, che certo attualmente sono già molto penalizzati nel mondo del lavoro. Ma come segnalava anche il Governatore Draghi, l’esperienza dei paesi nordici ci dimostra come siano pienamente compatibili una elevata età pensionabile e un’elevata occupazione dei giovani. La soluzione di una più elevata occupazione tanto per i giovani quanto per gli anziani va, quindi, ricercata con strumenti diversi da quello dell’anticipato pensionamento.
 
Stefano Simoni

04 aprile 2011
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