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Sanità calabrese decimata e agonizzante 

16 GEN - Gentile direttore,
l’apprezzabile e per certi versi dirompente difesa dei medici di Nola da parte del ministro Lorenzin, alle mie latitudini può suscitare qualche interrogativo e parafrasando Galileo verrebbe da dire: “Sventurata la sanità che ha bisogno di eroi”. Le regioni, specie quelle in piano di rientro, più che di medici eroi, hanno necessità di risorse umane e strutturali tali da garantire una sanità giusta e adeguata ai bisogni di salute dei cittadini. Ma questo non potrà avvenire in regioni come la Calabria, nonostante tutti i ragionierismi, perché continua a mancare tutto ciò che va costruito attorno al malato e al medico che lo deve curare. In altre parole, manca ancora un progetto e un’organizzazione dei servizi tale da garantire una sanità normale e in grado di contenere, se non proprio prevenire, le emergenze.

Per ovviare a ciò, purtroppo, anche se eroi, i medici possono fare ben poco. In una regione come la Calabria, da oltre un lustro dilaniata da un piano di rientro che ha fatto scempio della medicina del territorio e non solo, è chiaro che i cittadini malati, in assenza di servizi assistenziali  intermedi, finiscono inevitabilmente con il riversarsi in massa nell’unica struttura aperta che è rappresentata dal Pronto Soccorso, saturandolo. Se a ciò aggiungiamo, che in molti casi, i locali deputati all’emergenza-urgenza sono inadeguati, che manca la programmazione dei posti letto ospedalieri e che persiste tuttora il ridimensionamento selvaggio delle dotazioni organiche, si capisce come non ci sia scampo né per gli operatori e né per gli utenti costretti a tempi d’attesa biblici ed estenuanti  prima di ricevere le cure necessarie.

Al ministro Lorenzin che recentemente ha dimostrato sensibilità nei confronti dei medici vorrei sommessamente far presente che la gente non smette di ammalarsi per decreto e che la salute non è conciliabile con le alchimie contabili, i blocchi delle assunzioni e la mancanza di posti letto. Le malattie purtroppo arrivano indipendentemente dalle leggi e dall’economia e ciò è ancora più evidente nelle regioni come la Calabria in cui le reti assistenziali sono carenti o addirittura inesistenti.

Non si può, allora, continuare con questi fallimentari piani di rientro che hanno tolto ai calabresi il giusto diritto alla salute e agli operatori la dignità e la serenità di un lavoro che a tutti gli effetti è anche una missione sociale.  
 
La rete ospedaliera va riorganizzata adottando una logica di sistema, realizzando reti di specialità e sviluppando modelli assistenziali di hub e spoke. Un ospedale hub deve essere ricondotto alla sua vocazione di assistenza e cura dei malati acuti in un ambiente ad alta specializzazione, complessità tecnologica e organizzativa e configurarsi come lo snodo di una rete integrata di servizi.

Credo che al ministro gioverebbero informazioni non mediate sulle reali difficoltà in cui versa la sanità calabrese e del contesto in cui operano i medici, per evitare così di  limitarsi  solo a inviare ispettori quando succedono eventi sentinella che si guadagnano i titoli dei giornali, i casi di presunta malasanità per intenderci. Il ministro dovrebbe vigilare su questi ospedali, che nonostante i tagli imposti dal piano di rientro e i sacrifici dei cittadini continuano a rimanere fanalino di coda nelle classifiche sulla qualità dell’assistenza. Mi chiedo se non debba essere proprio il Ministero della salute a pretendere dalla politica regionale la costruzione di un sistema di welfare per la salute.  
 
Lo stesso ministero ha mai esaminato in maniera critica il lavoro dei Commissari ad acta per il piano di rientro, al netto dei meri aspetti economici? Può essere il Ministero il garante della tutela della salute dei cittadini calabresi, in assenza di qualcuno che fino a oggi ha dribblato il problema? Un ministero che registra che circa 60 mila calabresi ogni anno bussano ai presidi sanitari delle altre regioni per ricevere assistenza medica e che il tasso di ospedalizzazione fuori regione è pari a 31 per mille abitanti forse si deve porre qualche interrogativo su quello che la politica e la struttura commissariale hanno omesso di fare.

Il ministro Lorenzin, se vuole che la Calabria, come la Campania, cambi passo, se ha a cuore il lavoro del personale sanitario nei cui confronti sente qualche responsabilità, controlli di persona, venga senza codazzi e in umiltà a visitare i nostri disastrati ospedali e quel che rimane di una sanità decimata e agonizzante.
 
Teresa Papalia
Cgil Medici- A.O. Cosenza

16 gennaio 2017
© Riproduzione riservata

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