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Campania. Tra Piano ospedaliero e sblocco del turnover. Caldoro scommette forte sulla Sanità

Prima il riordino delle cure primarie, poi gli accordi con i Medici di famiglia, a fare da apripista alle prossime intese con specialisti ambulatoriali e pediatri. Quindi lo sblocco del turnover, passando per l’apertura (sebbene parziale) dell’Ospedale del Mare. E ancora, i tavoli di trattativa con gli ex convenzionati avviati per una transazione, attesa da anni,  su tetti e tariffe. Infine il Piano ospedaliero, presentato stamani.

17 MAR - La girandola d’incontri, tavoli tecnici, vertici, conferenze stampa, inaugurazioni, piani e programmi, che vede impegnato sul fronte del governo della salute in questi giorni di fine legislatura,il presidente della Regione Campania Stefano Caldoro, fa venire il capogiro.
 
I piatti forti sono, soprattutto,lo sblocco del turn-over e il riordino delle cure primarie e delle degenze. Anche se su quest’ultimo, tra regolamento Balduzzi sugli standard ospedalieri e atti aziendali delle Asl, i giochi sono fatti e le novità, rispetto al vecchio decreto 49 del 2010 (il precedente Piano ospedaliero), si contano sulla punta delle dita. I nodi da sciogliere restano da un lato il reale spostamento di attività sanitarie dall’ospedale ai distretti, affidato alla costituzione di 250 aggregazioni funzionali territoriali (Aft) e Uccp, dall’altro l’attuazione del Piano di chiusure, riattivazioni e riconversioni di presìdi capaci di conciliare tagli ai costi e razionalizzazione delle cure  da coniugare con il vuoto di cassa, a livello nazionale, per l’edilizia ospedaliera oltre che con i tagli alla spesa delle Regioni. Non dimenticando inoltre, che quando fu concepito, nel 2010, il Piano ospedaliero valeva da solo circa 260 milioni di euro di risparmi strutturali sul deficit (che fu) della Sanità campana. Cifra evidentemente da rivedere al ribasso con la sfilza di mancate chiusure e riattivazioni registrate nell’ultimo riassetto ospedaliero.
 
Sblocco del turn-over
Ma procediamo con ordine. Proviamo, dunque, a mettere per prime sotto la lente le immissioni in servizio degli oltre mille camici bianchi (1.118) che da qui ai prossimi mesi dovrebbero dare ossigeno ai livelli di assistenza e riportare l’asticella delle cure ai cittadini sopra la riga dell’essenziale. I decreti sono due, e non ancora pubblicati sul Bollettino regionale. Il primo è una sorta di acceleratore messo tra le mani dei manager per dare attuazione a quanto già disposto nel corso del 2014 dai ministeri vigilanti per assumere il 15 per cento del personale cessato nel 2011 e nel 2012. Il secondo riguarda invece il 2013 e il 2014.E qui Caldoro fa un atto di coraggio spingendosi oltre ciò che gli sarebbe consentito dalle norme forte del fatto che i conti sono in ordine e che l’assistenza soffre di un digiuno di assunzioni che dura da troppi anni.
Le premesse sono note: la Campania, commissariata nel 2009 con un deficit di 853 mln, nel 2011 sconta ancora un disavanzo nei conti di Asl e ospedali. Ciò comporta, oltre alla conferma di aliquote di Irpef e Irap ai valori massimi, lo stop assoluto ai nuovi contratti di personale a tempo parziale o indeterminato per almeno un biennio. Il freno resterà tirato fino al 31 dicembre del 2014. La scure dei tagli, intanto, dà i primi effetti e nel 2012 l’esercizio finanziario di Asl e ospedali, dopo le coperture fiscali, si chiude con il segno + (121 mln) e un sostanziale equilibrio economico. Nel 2013 il bilancio è in attivo di 6,1 mln e nel preconsuntivo del 2014 l’avanzo economico giunge a quota 230 mln da utilizzare per investimenti in tecnologie e potenziamento dei servizi. 
 
La stretta sul personale, dunque, può essere allentata. A mettere in fila i numeri dell’ultimo quadriennio si evince che il calo dei camici bianchi presenti in corsia è di oltre 6 mila unità di personale divise tra 1.088 dirigenti medici, 190 tecnici sanitari e ben 4.781 infermieri. Conseguentemente, il trend di diminuzione complessivo dei costi del personale, dal 2010 al 2014, è di 461 milioni e rotti (si passa da circa 3,1 mld a 2,6 mld). Agli inizi del 2014 arriva dai ministeri vigilanti la prima deroga allo stop alle assunzioni, con il via libera alla possibilità di assumere le prime 208 unità di personale da inquadrare nell’area dell’emergenza-urgenza in base al numero dei pensionamenti del 2011. Ad aprile dello scorso anno le maglie si allargano per altre 43 unità sempre in rapporto ai cessati del 2011 (in ttoale 251). Per il personale reclutabile relativo al cessato del 2012, pari a 306 unità, insieme all’ultima quota residua a valere sul 2011 equivalente a ulteriori 50 camici bianchi (in totale 301) il semaforo verde dei tavoli romani giunge a novembre del 2014.  Nel dettaglio per il 2011, su 2005 cessati, vi è la possibilità di assumere 9 dirigenti medici di struttura complessa, 213 dirigenti di struttura semplice, 62 unità del comparto e  17 Oss per un totale appunto di 301 unità. Per il 2012, invece, su 2040 cessati il 15 per cento di nuovi ingressi riguarda 53 dirigenti di struttura semplice, 10 tecnici sanitari, e 243 unità del comparto per un totale di 206 unità. L’impatto economico, a regime delle assunzioni di unità di personale, per il 15 per cento dei profili persi nel 2011 e nel 2012 ammonta a poco più di 48 mln comprensivo di Irap. Pertanto il primo decreto della Regione (il n. 29) da un lato spinge le Asl a completare le procedure di reclutamento avviate nel corso del 2014 sulla scorta delle figure individuate azienda per azienda. Dall’altro chiede l’avvio dei concorsi per i residui 50 profili ancora da istruire e per le 356 unità del cessato 2012.
 
Passiamo al secondo decreto, il n. 30. Qui viene ancora richiamato il vincolo del 15 per cento, a valere sui pensionamenti e cessazioni dal servizio, registrati nel 2013.Per cui le unità reclutabili ammontano a 162 come previsto dai programmi operativi. Ma a decorrere dal 1° gennaio di quest’anno, nella ricognizione del cessato nel 2014, Caldoro applica per la prima volta un’aliquota raddoppiata al 30 per cento ancorandosi al solo obiettivo di risparmio sul costo del personale totale registrato nel 2004, diminuito dell’1,4 per cento, al netto dei rinnovi, pari a poco più di 3 mld di euro. Ciò anche in ragione di un iter lungo e complesso per le immissioni in servizio esperito nel corso del 2014 tanto da mettere a rischio i livelli essenziali di assistenza. Ed entrare ancora nel dettaglio il numero dei cessati nel corso del 2013 ammonta a 1081 unità per cui arriva il via libera a 162 nuove assunzioni da distribuire tra 28 dirigenti di struttura semplice, 5 tecnici sanitari e 130 infermieri. Più cospicua la quota relativa al 2014 dove su 1.162 unità non più in servizio se ne potranno rimpiazzare 349 di cui 57 dirigenti di struttura semplice, 17 tecnici e 274 del comparto. Anche in questo caso il vincolo per i direttori generali, è di assegnare la nuova forza lavoro al raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza. 
 
Il Piano ospedaliero
E veniamo al Piano ospedaliero: l’obiettivo del riordino delle degenze è aumentare i livelli di qualità e sicurezza, ridurre i ricoveri impropri e abbattere la mobilità passiva per cure fuori regione, vera spina nel fianco storica del Servizio sanitario campano. Il trend sembra dare ragione a Caldoro. “Nel 2013 – avverte il governatore – i ricoveri fuori regione erano 80.754 contro i 92.200 del 2009, A fronte dell’aumento dei posti letto la migrazione si è ridotta e  considerando anche l’aumento della mobilità attiva abbiamo recuperato dai 20 ai 30 milioni annui. E abbiamo conseguito non solo il pareggio di bilancio ma anche effettuato l’accreditamento istituzionale delle strutture,  raccolto maggiori risorse dal fondo sanitario nazionale, ridotto i tempi di pagamento dei fornitori (da 427 giorni nel 2009 a 165 nel 2014) centralizzando e potenziando la vigilanza sugli acquisti e riducendo il rapporto tra unità complesse e unità semplici del 15 per cento (atti aziendali)”.
Con il nuovo piano ospedaliero la dotazione di posti letto ammonterà a 19.726 aumentando di 802 unità (dal 3,22 per mille esistente a 3,36 del dato programmato) in un processo di riallineamento agli standard nazionali e di riequilibrio tra le province. Le strutture in via di realizzazione sono l’ospedale del Mare (che riassorbe i presidi della Asl Na 1 Ascalesi, Incurabili, San Gennaro e, in parte Loreto Mare riconvertiti ad attività distrettuali,), l’ospedale unico della penisola sorrentina, il Policlinico di Caserta e l’ospedale della Valle del Sele. Previsto anche il potenziamento dei presìdi di Nola, Castellammare, Pozzuoli e l’area interna della Napoli 2 Nord. Resta invariato, rispetto alla concezione originaria, l’organizzazione su diversi livelli di complessità articolata su nodi Hub (centrali) e unità spoke (periferiche). Così sono istituzionalizzate le reti integrate ospedale territorio dell’Oncologia, pediatria, trapianti, emorragie acute del digerente, terapia del dolore, malattie rare, polo oncologico pediatrico e psichiatria.
 
La rete dell’emergenza
Il punto di forza del piano è la rete dell’emergenza articolata su 32 pronto soccorso attivi, 9 Dea di primo livelloe poi  6 Dea di secondo livello (uno per provincia e due a Napoli al Cardarelli e all’ospedale del Mare quando sarà a regime) e infine 2 pronto soccorso a Capri e Roccadaspide, in ragione del disagio geomorfologico. Anche i oprivati accreditati entrano nelle rete dell’emergenza con la conferma per Villa dei Fiori di Acerra, Santa Maria della Pietà di Casoria,  Fatebenefratelli di Napoli e Benevento e Villa Betania quali strutture di base e la clinica Pineta Grande di Castelvolturno come  Pronto soccorso di primo livello.
 
Gli ospedali che riaprono
Ci sono poi i presìdi ospedalieri chiusi dal decreto 49 del 2010 e ora salvati con una riattivazione: si tratta degli ospedali di Scafati, Torre del Greco, Cava dei Tirreni, Maddaloni, Loreto Mare e Oliveto Citra con la programmazione dei due pronto soccorso già elencati nelle zone disagiate e un punto di primo intervento a Castiglione di Ravello annesso all’azienda ospedaliera Ruggi di Salerno. Allo studio, per ora, un recuopero del presidio di Agropoli attualmente declassato a centro di riabilitazione.
 
Le reti
Ci sono poi le reti cosiddette tempo dipendenti. Ovvero quelle la cui efficacia dipende dalla tempestività ed efficacia delle diagnosi e terapia. La prima è quella per il trattamento dell’Ictus, ovvero la rete Strocke. Con 8 Hub (una per provincia, due a Salerno (Ruggi e Nocera) e tre a Napoli (Cardarelli, Ateneo Federico II e Loreto Mare e a regime l’ospedale del Mare). Dodici infine le unità spoke  ad Ariano Irpino per Avellino e Benevento, all’ospedale di Aversa e Pineta Grande per Caserta. Al Cto, Pozzuoli, Giugliano, San Giovanni Bosco, San Paolo, Castellammare e Nola per Napoli. Infine presso gli ospedali di Vallo della Lucania e Polla per Salerno. Quindi i numeri della Cardiologia con 37 Utic di cui 19 con emodinamica interventistica che cooptano tra i privati classificati, la clinica Mediterranea a Napoli, La Montevergine ad Avellino, la San Michele a Maddaloni, Pineta Grande a Caserta e Villa Betania a Napoli.
 
A completare l’offerta delle reti ci sono i Trauma center. Qui sono 3 gli Hub di II livello: Campania centro (ospedale del Mare), Campania Nord (ospedale San Sebastiano di Caserta) e Campania Sud ( Ruggi di Salerno). Completano l’offerta 6 Hub di I livello con Cardarelli, e Cto dell0’azienda dei Colli per Campania centro, Rummo di Benevento e Moscati di A>vellino per Campania Nord e Umberto I di Nocera inferiore e ospedale di Vallo della Lucania per Campania Sud. I presidi di pronto soccorso per traumi restano  aperti nelle 24 ore nei restanti ospedali dotati di pronto soccorso. A completare il riordino ci sono la rete neonatale e i Servizi psichiatrici di diagnosi e cura. I 54 mila parti l’anno che si registrano in Campania, per essere sicuri, dovranno essere concentrati nei punti nascita più attrezzati aumentando la dotazione di posti di terapia intensiva neonatale dagli attuali 110 a 156 a regime laddove, anche la riduzione dei punti nascita, da 68 nel 2013 agli attuali 60, a detta della giunta regionale “sono superiori allo standard nazionale per alta natalità regionale. La soglia di efficienza dagli attuali 500 parti l’anno sale allo standard ministeriale di 100 parti nell’arco dei 365 giorni. Deroghe sono previste nelle zone disagiate ossia ad Ariano Irpino, Piedimonte Matese, Sessa Aurunca, Ischia, Sapri e Vallo della Lucania. Per concludere, nel piano ospedaliero c’è il potenziamento dei servizi psichiatricidi diagnosi e cura. La scala del miglioramento passa dall’aumento dei posti letto che passano dai 196 attivi nel 2013 a 234 nel nuovo piano. Qui l’approdo è anche la riduzione della mobilità regionale.
 
Riabilitazione e lungo degenza
E veniamo infine al potenziamento dei posti letto di riabilitazione e lungo degenza che assorbe gran parte dell’incremento delle percentuale di offerta delle degenze. Dei 2.290 posti letto in totale programmati 2.187 sono per la riabilitazione (di cui 200 per l’alta specialità) e 803 per la lungodegenza post-acuzie. L’obiettivo è ridurre la mobilità per qualcosa come 35,9 milioni di euro.
 
Un Piano ambizioso che sulla carta dovrebbe riassorbire gran parte delle sacche di inefficienze sistemiche della sanità campana ma che solo alla prova dei fatti potrà essere testato da qui ai prossimi anni per i risultati attesi in termini di risparmi e di miglioramento delle cure. Una presentazione che segue linee ideali ma che cela ancora sotto il pelo dell’acqua gli scogli del difficile rapporto con i privati (con i quattro tavoli sulla riabilitazione che procedono a rilento e l’Aiop che non recede dal piano dei licenziamenti a fronte dei tagli di 150 mln in tre anni). Senza contare le insufficienze dell’attività di assistenza domiciliare sul territorio, la farraginosità dei piani di mobilità del personale tuttora al palo, l’incognita della tenuta dei conti alla ripresa delle assunzioni e all’allargamento delle maglie su ticket e spesa ospedaliera.
 
Ettore Mautone

17 marzo 2015
© Riproduzione riservata

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