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Campania. Si dimette Botti, il sub commissario del “Pascale”: “No alla palude burocratica, torno a fare il ricercatore”

“Ho perso cinque mesi inutilmente – dice Botti a Quotidiano Sanità – a dicembre scorso avevo accettato l’incarico offertomi dal presidente De Luca con entusiasmo e spirito di servizio. Ero convinto di poter fare qualcosa di più per i miei pazienti.  Ma mi sono dovuto arrendere ai tempi lunghi della burocrazia e al muro di gomma della macchina amministrativa della Regione”

25 MAG - Gerardo Botti, sub Commissario sanitario dell’Istituto Pascale di Napoli, si è dimesso dall’incarico. Dopo un fitto carteggio con i vertici regionali, che andava avanti da un paio di settimane, e in assenza di una risposta dal presidente De Luca, Botti torna dunque a svolgere le mansioni di Direttore del Dipartimento di Patologia diagnostica e di laboratorio e direttore della struttura complessa di Anatomia patologica e citopatologia dell’Istituto tumori.
 
“Ho perso cinque mesi inutilmente – dice Botti a Quotidiano Sanità – a dicembre scorso avevo accettato l’incarico offertomi dal presidente De Luca con entusiasmo e spirito di servizio. Ero convinto di poter fare qualcosa di più per i miei pazienti, per le migliaia di persone che ogni anno varcano la soglia di quest’Istituto e di cui per trenta anni ho incrociato lo sguardo. Ho accettato anche pensando all’onda lunga di Terra dei Fuochi che impone di affilare le armi contro le malattie tumorali in questa regione”.
 
“Mi sono dovuto arrendere ai tempi lunghi della burocrazia e al muro di gomma della macchina amministrativa della Regione”, aggiunge però amareggiato Botti.
 
“Se un medico come me – ci dice - abituato a lavorare per il bene dei pazienti e per obiettivi, chiede al direttore generale dell’assessorato alla Salute dieci cose e tutte e dieci gli vengono negate, vuol dire che non ci sono margini di manovra per incidere e dunque, di fronte al rischio di disattendere il mandato ho ritenuto di tornare a fare il medico”.
 
“Sono un ricercatore e questo ospedale è anche un centro di ricerca oltre che un luogo di assistenza di eccellenza per la cura dei malati di tumore. Sono più utile in corsia e in laboratorio. Una missione alla quale ho dedicato tutta la vita”, aggiunge.
 
“Il mio rapporto con De Luca? Resta intatto – sottolinea però Botti - lui è preso da mille emergenze alla guida della Regione e sono certo che mi chiamerà. Al governatore sono legato da profonda e immutata stima, sia politica sia umana e da una lunga amicizia. Un legame affettivo per nulla intaccato da questa vicenda che semmai rimanda a uno staff che non interpreta al meglio le sue richieste”.
 
Botti punta il dito soprattutto sulle irrisolte carenze di personale che impediscono al Pascale di funzionare a pieno regime: “Basterebbero 30 o 40 infermieri in più, 20 tecnici di radiologia e 10 operatori sociosanitari per far volare l’attività clinica di questo istituto – avverte   assurdo non procedere subito in tale direzione”.
 
“E’ vero, c’è il blocco del turn-over, ma i limiti (la dotazione del 2004 meno l’1,4% ndr) – spiega - valgono su scala regionale e non dovrebbero valere per un centro di eccellenza come il Pascale”.
 
“Forse – aggiunge - bisognerebbe riequilibrare le dotazioni con altri ospedali. E’ vero abbiamo assunto i primari, ma qui i generali ci sono mentre mancano invece i soldati, ossia infermieri, tecnici e Oss oltre che gli anestesisti. Per questo la Terapia intensiva - che oggi ha solo 4 posti letto attivi e che grazie alla ristrutturazione in atto presto ne avrà 10 - con l’attuale dotazione di personale non potrà mai funzionare a pieno regime. E tantomeno potranno farlo le chirurgie, validissime ma prive di uomini e mezzi”.
 
Eppure la Regione uno sforzo per il Pascale lo ha fatto: nel nuovo Piano ospedaliero regionale, appena licenziato dalla struttura commissariale e al vaglio dei ministeri vigilanti, sono infatti previsti per l’Istituto Tumori di Napoli 60 posti letto in più che portano la dotazione complessiva dell’istituto a 280 unità che rispettano in pieno lo standard di un camice bianco apicale ogni 14 posti letto, fissato dalla linee guida regionali agli atti aziendali. Altre 14 posizioni, infatti, sul totale delle 34 (attive fino ad alcuni mesi orsono), sono state eliminate grazie ai pensionamenti nel frattempo intervenuti.
 
Botti, non risponde subito a questi dati, è un fiume in piena: “E’ un fatto molto grave che non possiamo assumere, nemmeno a tempo determinato, solo perché il parametro di riferimento è la spesa del 2004. Quello era un tempo di minimo storico dell’attività del Pascale, poi con l’arrivo dell’ex direttore Santangelo siamo cresciuti. Il delta dell’1,4% nel 2010 non poteva più andare bene. Il protocollo d’intesa  ci dice di rispettare solo il budget assegnato”.
 
“Non si può assumere? Va bene per i piccoli ospedali non per il Pascale”, afferma deciso. “Fino a due anni e mezzo fa siamo cresciuti poi è iniziato di nuovo il declino. De Luca ci tiene tanto al Pascale, evidentemente i quadri intermedi della sua burocrazia non altrettanto”, rileva l’ormai ex sub commissario che aggiunge, “l’attenzione generale della nostra controparte operativa è largamente insufficiente e mi chiedo se siano persone amiche o nemiche del Pascale”.
 
“Scontiamo liste di attesa per le chirurgie (di elezione) altissime. Qui ci sono primari che spingono i letti per recuperare 15-20 minuti tra un intervento e l’altro”, racconta.
 
Ma Botti tiene a chiarire che è “orgoglioso del Pascale, abbiamo eccellenze su melanoma, colon retto, polmone, oncologie mediche, tutte di altissimo profilo riconosciute a livello internazionale. Lo ha detto anche il Ministro Lorenzin quando è venuto qui che a Bruxelles ci riconoscono tra i migliori d’Europa per diagnostica e terapia del melanoma grazie a professionisti come il prof. Mozzillo e Ascierto. Altrettanto accade per le altre discipline”.
 
Ma, aggiunge, “sono un tecnico non posso perdere tempo. Mi hanno nominato perché sono un conoscitore, per individuare le priorità. Ma come se poi quando comincio a essere operativo tutto crolla? Siamo nominati per fare o non fare? Io sono per risolvere i problemi concretamente non per fare la filosofia della sanità. Le sale operatorie funzionano al 50%, così i servizi. Tutti demotivati, sotto stress, la serenità lavorativa non può essere disattesa”.
 
“Oltretutto si rischia, la gente che viene qui ha una particolare patologia che in Campania colpisce almeno un individuo per famiglia. I tempi di attesa sono fino a 100 giorni in senologia anche di più in altre chirurgie elettive. Il ping pong delle responsabilità non fa per me”, aggiunge ancora.
 
“Il Pascale non è come l’ospedale di Monteforte o Piedimonte Matese. Mi sono stati concessi come atto di apertura 60 posti letto in più per tutelare il rapporto con le strutture complesse e sfuggire alla spada di Damocle della Corte dei conti. Io mi sono fato un’assicurazione per danno erariale di 10 milioni di euro appena insediato per assumere le responsabilità necessarie. Come patologo firmo le diagnosi, sono abituato alla responsabilità. Vorrei che altri facessero la stessa cosa. I 60 posti letto promessi passano i letti da 220 a 280 ma a che serve se poi non si danno gli strumenti per farli funzionare? Già oggi arranchiamo con 218”.
 
“E gli Oss?”, si chiede. “Una figura scomparsa qui. Ho girato l’ospedale, ascoltato tutti per non sentirmi un frustrato. Ho cercato di mettere in campo ogni risorsa personale. Quando faccio una domanda ho bisogno di una risposta concreta e la risoluzione del problema. Sennò faccio molto meglio da ricercatore per il bene del paziente. Così un contributo molto più significativo. Al massimo della carriera ho accettato di mettermi in aspettativa per spirito di servizio. Non sono stato messo qua per fare la politica delle marionette. Non è questo che voleva da me il Governatore. Ho il dovere del fare. De Luca parla di “personaggetti” e palude burocratica. Io sono sulla sua stessa lunghezza d’onda. Seguo la dottrina del governatore”.
 
“Per il Pascale – secondo Botti - bastano 30-40 infermieri, 20 tecnici e 10 Oss e l’Istituto torna a volare. E poi ci sono le questioni della terapia intensiva: 4 posti, potrebbero essere subito 6 e a regime almeno 10 ma manca il personale. La pizza fritta non si può fare con l’acqua, serve l’olio. Qui facciamo tutta chirurgia di elezione, il passaggio in Terapia intensiva per grandi interventi demolitivi è d’obbligo, colon, sarcomi, polmone, resezioni, amputazioni. Gli interventi sono rinviati. Aggiungiamo ai problemi storici delle liste di attesa anche questo tipo di problemi”.
 
“Abbiamo resistito alla mannaia della Corte dei conti assumendoci la responsabilità e con sangue freddo evitato un provvedimento che stava per mandare a casa 17 primari vincitori di concorso. Facile tagliare, ma difficile fare investimenti produttivi. Dieci interventi in più al mese producono Drg e intercettano la migrazione sanitaria. Il guadagno è triplicato e i pazienti restano qui”, ci racconta ancora Botti.
 
Ettore Mautone

25 maggio 2016
© Riproduzione riservata

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