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Salute mentale: il potenziamento dell'assistenza parte dalla salvaguardia del centro antimobbing del distretto 24 della Asl Napoli 1

Intanto in Consiglio regionale un progetto di legge a firma di Marciano (Pd) per estendere tale servizio anche ad altre Asl. Sullo sfondo restano le carenze della Salute mentale in Campania

16 MAR - La Asl Napoli 1 garantirà la completa funzionalità del Centro di riferimento regionale contro il mobbing e il distress lavorativo: la direzione aziendale non modificherà l’organizzazione delle attività cliniche dedicate alle vittime delle pressioni psicologiche sul lavoro e con problemi di disadattamento lavorativo. E’ quanto emerso dalla riunione tenuta ieri tra i responsabili dell’Azienda sanitaria convocata dalla presidenza della Giunta regionale su sollecitazione del consigliere regionale Antonio Marciano (Pd) autore della proposta di legge (attualmente in discussione in Commissione Sanità), per il potenziamento del servizio anti-mobbing e l'apertura di altri centri in Campania.
 
“La direzione dell’Asl Napoli 1 – avvertono da Palazzo Santa Lucia, sede della Regione - si è impegnata a mantenere l’organizzazione preesistente all’ordine di servizio del 16 febbraio scorso ribadendo che la tutela della salute psicologica nei luoghi di lavoro e la prevenzione dei fenomeni legati al mobbing ed al disadattamento lavorativo hanno sempre rappresentato una priorità nelle politiche e nelle attività di tutela e promozione della salute mentale”.
 
“Non c’è nessuna intenzione di dismettere il centro di psicopatologia da mobbing e disadattamento lavorativo” – conferma Fedele Maurano, direttore del Dipartimento di salute mentale della Asl Napoli 1 anche in risposta al Forum per i diritti della salute che aveva segnalato problemi nel distretto 24 che serve i territori di San Ferdinando, Chiaia, Posillipo e Capri soprattutto per la garanzia dei servizi di emergenza psichiatrica. Tutto sembra essere frutto di un equivoco in quanto è in corso il trasferimento del Dipartimento di salute mentale dall’attuale sede in via Croce Rossa in una nuova struttura di proprietà della Asl che dovrebbe essere al Corso Vittorio Emanuele a Napoli dove anche il centro antimobbing dovrebbe avere spazi adeguati. Una struttura attrattiva da tutte le Asl della Campania e con un 10 per cento dell’utenza proveniente da fuori regione.

De Luca ha accolto il mio appello, il centro antimobbing della Asl è salvo – aggiunge il consigliere regionale Antonio Marciano - ora andiamo avanti con la proposta di legge”. “A causa di una riorganizzazione e di spostamento di unità lavorative nel dipartimento di Salute mentale dell’Asl Napoli 1, questo importantissimo centro, che ha garantito oltre mille prestazioni solo nel 2016, rischiava di veder compromessa la sua importante attività. Il 2 marzo scorso, ho inviato al presidente De Luca e ai vertici dell’Azienda una lettera in cui chiedevo il pieno ripristino del servizio”.

La proposta di legge
Sulla Pdl di marciano oggi c’è stata una nuova audizione della Commissione Sanità a cui ha preso parte anche l’assessore regionale al Lavoro Sonia Palmeri. Definiti anche i termini per presentare gli emendamenti. “Avere una legge antimobbing in Campania, che premia le aziende che promuovono ambienti di lavoro sani e sereni, rappresenterà – conclude Marciano - un grande atto di civiltà e una vera rivoluzione culturale”.
Sullo sfondo restano le carenze di organico dei servizi di salute mentale del distretto 24: qui su 12 psichiatri in servizio quattro sono impegnati nei servizi ambulatoriali per la psicopatologia del lavoro, lo stalking, la riabilitazione e i disturbi del comportamento alimentare, cinque sono esentati dall’emergenza per motivi di salute per cui il Tso è assicurato da solo tre specialisti.

Il quadro generale
Del resto che l’assistenza psichiatrica in Campania sia in sofferenza per pochi mezzi, scarso personale, offerta di servizi territoriali e residenziali sbilenchi e soprattutto un sostanziale sottofinanziamento lo conferma l’analisi condotta dalla Siep (Società italiana di epidemiologia psichiatrica) sui dati del Rapporto salute del ministero della Salute. “Il dato più allarmante – afferma Fabrizio Starace, psichiatra napoletano, presidente della Siep e attualmente direttore del dipartimento di Salute mentale dell’Asl di Modena – emerge dall’analisi dei costi per livello di assistenza ricavati dal flusso dati delle Regioni. In coda, a meno della metà della quota minima di finanziamento previsto, ci sono proprio la Campania (penultima) e la Basilicata, laddove la percentuale media di spesa per la Psichiatria, in Italia, è del 3,49%. A sua volta un valore ben lontano dalla soglia minima del 5% cui si erano impegnate tutte le Regioni con un documento sottoscritto all’unanimità da tutti i Presidenti nel 2001”.

I dati della Siep
In Campania nel 2015 la spesa complessiva per l’assistenza psichiatrica è stata di circa 242 milioni, con un pro-capite pari a 51 euro di oltre 20 inferiore al dato medio italiano che è già basso. Non si tratta però della ben nota differenza di finanziamento che penalizza la Campania rispetto alle regioni del Nord, ma della quota del fondo sanitario che la Regione Campania, in quell’anno come nei precedenti, ha autonomamente scelto di attribuire all’assistenza psichiatrica raggiungendo il tetto del 2,4% della torta delle risorse disponibili. Meno della metà di quel 5% che costituisce l’impegno assunto in sede nazionale.

La rete assistenziale
Non va meglio sul fronte assistenziale: la rete conta 91 servizi territoriali (1,9 per 100 mila abitanti, sotto la media nazionale), ma risulta carente soprattutto per i servizi residenziali che sono 51, ossia 1,1 per 100 mila abitanti, meno di un terzo del dato nazionale. In Campania l’assistenza sanitaria ospedaliera psichiatrica è erogata da alcuni presidi pubblici dotati di pochi posti letto per il ricovero “coatto” (Pronto soccorso psichiatrico e Trattamento sanitario obbligatorio) e dalle Case di cura ad indirizzo neuropsichiatrico (7 Case di cura che svolgono assistenza per la stabilizzazione dello stato sub acuto e polispecialistica, di diagnosi, cura e riabilitazione) che dovranno quasi dimezzare i posti letto e riconvertire l’altra metà ad attività residenziali uscendo così dall’ambito dei posti letto ospedalieri.
 
Vi è inoltre un’altra tipologia di strutture di tipo socio-assistenziale “residenziale” e “semi residenziale” (centri diurni) che devolvono alle funzioni territoriali le fasi di diagnosi e cura dei pazienti (vale a dire svolgono funzioni di vigilanza e socio assistenziale).
I 511 posti letto di degenza ordinaria censiti (10,8 per 100 mila) sono in linea con il parametro nazionale ma una quota consistente di questi posti sono nelle strutture accreditate come detto in fase di riconversione. Un processo, quest’ultimo, che muove i primi passi non senza difficoltà alla luce del percorso definito negli ultimi anni e culminato in un decreto approvato a fine anno dai commissari di governo.
 
Ettore Mautone

16 marzo 2017
© Riproduzione riservata

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