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“Devi morire”: potrebbe essere una fake il video razzista. I testimoni: “Solo un diverbio tra colleghi”

Quanto accaduto a Souleymane Rachidi, ragazzo di 20 anni originario della Costa d'Avorio, all'ospedale di Mercato San Severino (SA), potrebbe non essere stato un episodio di razzismo. Il ragazzo aveva denunciato di essere stato insultato da una donna (che si è accertato essere un'infermiera dell’ospedale) con il conforto di un video in cui si ascolta una voce fuori campo che dice “te ne devi andare” e ripetutamente “devi morire, devi morire”. Secondo quanto trapela, però, la donna non sembrerebbe si stesse rivolgendo al paziente ma a un membro del 118 giunto in ospedale per accompagnare il ragazzo 

26 FEB - Potrebbe non essere un caso di razzismo quello registrato all’ospedale “Fucito” di Mercato San Severino dove un ragazzo di 20 anni, Souleymane Rachidi, originario della Costa d'Avorio, ha denunciato di essere stato insultato da una donna (che si è accertato essere un'infermiera dell’ospedale) con il conforto di un video in cui si ascolta una voce fuori campo che dice “te ne devi andare” e ripetutamente “devi morire, devi morire”. Frasi che ad una prima lettura dei fatti rimandavano a un episodio di grave intolleranza razziale.   
 
A ricostruire l’accaduto, con un’inchiesta interna e numerose testimonianze raccolte tra quattro sanitari di turno e un parente di un degente che ha ascoltato da una stanza attigua, è Giuseppe Longo, direttore generale dell’azienda ospedaliera universitaria unica Ruggi d’Aragona di Salerno (di cui il Fucito fa parte). Longo già domenica scorsa, a poche ore dalla diffusione del video diventato virale sui social, ha inviato sul posto un reperibile della direzione sanitaria centrale aziendale.
 
“Ho qui davanti a me il verbale - avverte il manager - e le testimonianze raccolte sono tutte concordi nel riferire che non vi sia stato alcun diverbio tra l’infermiera e il ragazzo e tantomeno scarsa accoglienza o frasi di razzismo”. E ancora: “E’ stato ascoltato tutto il personale del Pronto soccorso presente nel turno di servizio durante il quale si è registrato l’episodio, ma anche i soggetti esterni presenti al momento del fatto. Gli atti contenenti le dichiarazioni, debitamente sottoscritte dalle persone presenti, sono stati in ogni caso trasmesse all’Ufficio procedimenti disciplinari, in quanto le frasi profferite, pur non indirizzate al paziente bensì ad altro operatore sanitario, costituiscono atteggiamenti non ammissibili e passibili di censura”.
 
Secondo quanto trapela dalla lettura del verbale ispettivo la donna, infermiera in servizio al Fucito, stava infatti discutendo con un membro della squadra del 118 giunto in ospedale per accompagnare il ragazzo. Le frasi pronunciate dall’infermiera sarebbero una sorta di risposta piccata di lamentela, polemica, tra il serio e il faceto, all’osservazione del collega che avrebbe notato come in quel momento il pronto soccorso del “Fucito”, a differenza di altre sere e della maggior parte degli presidi della rete invece affollatissimi e caotici, fosse sguarnito e tranquillo. Trattandosi di un pronto soccorso, tuttavia, avere poco da lavorare significa che non ci sono persone in pericolo di vita e dunque l’infermiera risponde in quel modo perché considera fuori luogo e di cattivo augurio la sottolineatura del collega. Insomma una risposta all’accusa o al privilegio, di lavorare poco per lo scarso afflusso.
 
Da qui le frasi ripetute “te ne devi andare, non ti voglio più vedere, devi morire” rivolti al collega. Sempre fuori campo si sente inoltre una voce maschile, forse un medico, che sembra abbia da ridire anche sul modo in cui l’infermiera era vestita. Le frasi della donna, comunque, anche se rivolte a un collega, sono state considerate dalla direzione strategica poco opportune e dunque passibili di valutazione da parte del Consiglio di disciplina cui il manager Longo ha deferito la dipendente.
 
Nella ricostruzione dei fatti emergono anche altri particolari. Il ragazzo è arrivato all’emergency dell’ospedale di Mercato san Severino nella notte tra sabato e domenica alle 2,55 accusando un dolore toracico e altri sintomi influenzali. Nell’arco dei 20 o 30 minuti in cui è rimasto in ospedale non si è fatto visitare e si è rifiutato di indossare la mascherina. Quindi è andato via per raggiungere il Ruggi con il suo datore di lavoro nel frattempo avvertito. Al Ruggi è rimasto fino alle 7 del mattino per poi andar via anche da quest’altro ospedale, senza firmare il foglio di dimissioni. All’alba di lunedì mattina, alle 5, si è poi ripresentato in ospedale, sempre al Ruggi, per la comparsa della febbre ed è ancora lì ricoverato per accertamenti relativi ad un possibile episodio influenzale.
 
C’è infine un ultimo giallo in questa vicenda dai contorni ancora non del tutto chiari: su messagger, whatsapp e altri social è circolata lunedì in maniera virale una nota (diffusa da qualcuno che parla del “mio dipartimento ospedaliero”) e che stigmatizza l’accaduto interpretandolo come episodio di razzismo ma rivelando anche la notizia, non verificata e molto probabilmente falsa, che l’infermiera dopo l’uscita del video avrebbe sporto denuncia contro Souleymane Rachidi accusandolo di violenza nei suoi confronti (si sarebbe fatta refertare al pronto soccorso 2 giorni dopo).
 
Una nota con allegato invito alla condivisione per contrastare un’ingiustizia. La notizia tuttavia è in stridente contraddizione con quanto messo a verbale dopo l’ispezione interna attivata dal manager e con le testimonianze fornite dai testimoni e anche dalla diretta interessata. Più coerente, invece, con quanto emerso dalle testimonianze, sarebbe a questo punto una denuncia per calunnia o diffamazione nei confronti del ragazzo ivoriano. Ma anche di questo non si hanno conferme.
 

 
 
Ettore Mautone

26 febbraio 2019
© Riproduzione riservata

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