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Vaccino Covid. “Via ai test sull’uomo tra ottobre e novembre al Pascale di Napoli e lo testerò anche su me stesso”. Intervista a Paolo Ascierto

“Stiamo disegnando con la Takis lo studio clinico per la sperimentazione del vaccino sull’uomo. Sarà uno studio di fase 1 e dovrebbe prevedere quattro coorti di partenza e successivamente un’espansione nella coorte che avrà dimostrato la migliore capacità di produrre anticorpi neutralizzati. E il test lo farò anche su me stesso, altrimenti non saremmo credibili”, così l'oncologo della Fondazione Pascale già protagonista della sperimentazione sul farmaco anti-artrite Tocilizumab per i malati di Covid 19

12 MAG - Abbiamo incontrato l’oncologo Paolo Ascierto, considerato a livello accademico tra i migliori ricercatori italiani. Il suo campo di azione il melanoma e l’immunoterapia dei tumori: dirige infatti l’Unità dedicata, all’Istituto nazionale tumori Fondazione Giovanni Pascale di Napoli. Salito alle cronache per la querelle con l’infettivologo del Sacco di Milano Massimo Galli, a causa della primogenitura sulla sperimentazione nei malati di Covid 19 del farmaco anti-artrite Tocilizumab, autorizzata da Aifa, torna a far parlare di sé.

La notizia era già circolata nei giorni scorsi e ora arriva la conferma: il Pascale sta disegnando con la Takis - azienda farmaceutica di Castel Romano nelle vicinanze di Roma con la quale l’Irccs Pascale collabora già - lo studio clinico per la sperimentazione del vaccino sull’uomo che dovrebbe partire tra la fine del mese di ottobre e inizio novembre. E Ascierto ci conferma in questa intervista che lo sperimenterà personalmente su sè stesso “altrimenti non saremmo credibili”.
 
Ma nella nostra lunga conversazione sono tanti i temi che abbiamo affrontato: dall’invito a non abbassare la guardia perché il “virus circola ancora tra noi”, alla affidabilità dei test sierologici fino ai risultati della sperimentazione del Tocilizumab che Aifa dovrebbe produrre a breve.
 
Con Ascierto abbiamo anche toccato il tema dei potenziali rischi di chi fuma in mezzo alla folla. Un argomento che ha fatto “drizzare le antenne” anche al Direttore del Pascale. E chissà che la possibilità di un invito a vietare “le bionde”, quando si è nelle vicinanze di altre persone, non vada a finire sul tavolo del Governatore Vincenzo De Luca.

Dottor Ascierto, lei è un oncologo di fama internazionale che si è distinto nel campo della ricerca, in particolare del melanoma. Come è entrato in gioco nella partita contro il Covid 19?
Galeotta è stata una chat notturna tra il 4 e il 5 marzo scorso. Tutto è iniziato da lì, discutevamo con il direttore del Pascale Attilio Bianchi, il collega virologo Buonaguro e delle giovani ricercatrici. Stavamo approfondendo in particolare il tema delle tempeste citochiniche nei pazienti sottoposti alla terapia anticancro con le Cart-T. Dopo una serie di riflessioni ci siamo resi conto delle affinità con gli stati infiammatori causati dal Sars Cov 2 e quindi delle potenzialità di cura del Tocilizumab, farmaco per l’artrite reumatoide che utilizziamo proprio per ridurre gli effetti collaterali della sindrome citochinica nei malati oncologici in trattamento immunoterapico. Il giorno dopo ci siamo confrontati con i colleghi cinesi che hanno avvalorato la nostra intuizione. E così il 7 marzo abbiamo iniziato il trattamento con il Tocilizumab sui Covid positivi. Insomma il salto dal melanoma al Covid è stato breve e, gioco forza, inevitabile.

In questi mesi l’identikit del Sars Cov 2, si è arricchito ogni giorno di un tratto in più. Abbiamo fatto tanta strada pagando un duro prezzo in termini di vite perse, ma il cammino è ancora lungo. Dopo due mesi di sostanziale clausura e di scenari in miglioramento ci siamo affacciati alla fase due. Quali sono le sue prime impressioni?
Gli esordi di questa fase due non sono stati edificanti, c’è troppa gente in giro. Chi ha visto scendere i numeri dei contagi li ha intrepretati come un “rompete le righe”. Sbagliatissimo. Il virus circola ancora e ci sono ancora persone infette. Se i contagi sono diminuiti, le terapie intensive non sono più in affanno e ci sono meno pazienti nei reparti, lo dobbiamo solo al lockdown. Non abbiamo certezze che il virus abbia perso la sua carica virale. Non c’è nessun pericolo scampato: la possibilità che il virus torni alla carica è elevatissima: quello che temiamo è che ci possa essere una seconda ondata.

Possiamo quindi dire che la prova del nove ci sarà nelle prossime due settimane?
Assolutamente. Tra due o tre settimane, riusciremo a capire se quest’estate potremo andare in vacanza. Insomma se potremo riprendere alcune delle nostre abitudini, sempre in sicurezza. Questo significa, continuare ad utilizzare la mascherina, mantenere il distanziamento fisico, lavarsi bene le mani, evitare assembramenti.

A proposito di distanziamento, nei giorni scorsi abbiamo rivolto al presidente dell’Iss una domanda se fumare per strada mentre si fa la fila davanti a un supermercato o una farmacia, cosa non così infrequente, possa comportare un rischioso per chi è nelle vicinanze. Anche perché il fumo di certo non conosce il distanziamento e nonostante ci sia l’obbligo di mascherine di comunità non tutti le utilizzano e in maniera corretta. Che ne pensa?
Valida osservazione alla quale do una risposta chiara: quando si è in fila non bisogna fumare perché il fumo potrebbe essere un veicolo per il virus. Espirando il fumo si possono emettere le droplets, certamente non con la violenza dello starnuto o del colpo di tosse, ma il rischio c’è. In mancanza di dati scientifici ed essendoci una elevata possibilità di esporre a rischio gli altri, nel caso si fosse positivi al Covid 19, sarebbe bene evitare di fumare.

È partita la corsa a test rapidi salivari e test sierologici, sono affidabili?
Al momento non abbiamo “l’esame per eccellenza”. Non ci sono ancora dati incontrovertibili che attestino la superiorità dei test salivari e sierologici rispetto al tampone. Quindi allo stato attuale quest’ultimo è il migliore strumento di indagine in nostro possesso, anche se ha una percentuale di falsi negativi di circa il 20%, per questo il tampone viene sempre ripetuto.
In ogni modo la sierologia, nonostante i limiti attuali, ci permette di poter delineare i confini dei contagi. È infatti uno strumento utile in particolare nelle piccole comunità a maggior rischio di assembramento: piccoli paesi, ospedali, tribunali solo per citare alcune realtà. Ad esempio al Pascale stiamo sottoponendo personale e pazienti al test sierologico e nel caso di positività alle immunoglobuline effettuiamo tamponi mirati. A questo proposito ricordo che le IGG ci dicono se abbiamo avuto un contatto con il virus, ma non sono una patente di immunità: infatti non sappiamo ancora se chi è positivo a questo test sia realmente immune.

Pensa sia opportuno ampliare l’azione di screening aumentando il numero di tamponi da effettuare costantemente?
Uno screening ampio su vaste fette di popolazione è la strategia vincente per isolare eventuali infetti. L’isolamento è infatti la misura più importante per contenere il virus, lo abbiamo visto in Corea, ma anche nei piccoli paesi del Veneto. Il ‘tamponamento di massa’ sarebbe quindi una misura auspicabile. Ma a tutt’oggi non siamo ancora pronti in quando non abbiamo un numero adeguato di tamponi e in alcune realtà ci sono problemi nell’approvvigionamento dei reagenti. Inoltre, servirebbe un’organizzazione particolare che richiede tempo per essere messa a regime.

In Italia abbiamo assistitito a fenomeni di incomprensione tra esperti, la comunità internazionale è unita o anche lì ci sono momenti di contrasto?
Per quanto riguarda la mia esperienza la comunità internazionale è molto unita e fa fronte comune. Soprattutto quella degli immuno-oncologi che conosce molto, e bene, il sistema immunitario e sta studiando i fenomeni immunologici correlati all’infezione da Sars Cov 2. Abbiamo quindi un confronto continuo per affinare le strategie da mettere in atto e capire qual è lo stato dell’arte della ricerca sul vaccino.

Torniamo al Tocilizumab farmaco sul quale lei ha dato il “la” ufficiale alla sperimentazione. Qual è stata la vostra intuizione rispetto alle esperienze realizzate negli altri Paesi, Cina in primis…
Abbiamo utilizzato dosaggi e tempi di dispensazione differenti. In Cina hanno impiegato il Tocilizumab con un dosaggio di 400milligrami. Come ho già detto, sulla scorta dell’esperienza maturata nella gestione degli effetti collaterali dell’immunoterapia, abbiamo dispensato 8 milligrammi/kg, fino a un massimo di 800 milligrammi, quindi un dosaggio maggiore. Lo abbiamo utilizzato inizialmente negli intubati e nelle settimane successive abbiamo scoperto che nei pazienti in pre terapia intensiva ottenevamo risultati anche migliori.

A quando avremo i primi risultati sulla sperimentazione?
Dovrebbero arrivare a stretto giro di posta. Aifa sta raccogliendogli gli ultimi dati. Quello che posso anticipare dall’osservazione dei risultati ottenuti nei pazienti trattati nella prima fase pre-sperimentazione è che abbiamo avuto un miglioramento della malattia nel 70% dei casi, dato consistente con quanto anche descritto nelle altre esperienze di Brescia, Torino e Bari.

L’Italia “gioca” in prima linea anche in vista della fase 3, quella in cui ci sarà un vaccino. In pole position ci sono tre aziende a Sud della Capitale, la Takis, la ReiThera e la Irbm. Nei giorni scorsi l’Ad della Takis ha annunciato che gli anticorpi generati dal vaccino italiano nei topi funzionano e che i test diretti sull’uomo sono previsti dopo l’estate. Vorrebbe perciò avviare la sperimentazione a Napoli con la sua equipe. È vero?
Confermo. Stiamo disegnando con la Takis lo studio clinico per la sperimentazione del vaccino sull’uomo che dovrebbe partire tra il mese di ottobre e inizio novembre. Sarà uno studio di fase 1 e dovrebbe prevedere quattro coorti di partenza e successivamente un’espansione nella coorte che avrà dimostrato la migliore capacità di produrre anticorpi neutralizzati.
 
Lo testerà anche su se stesso?
Certamente. Altrimenti non saremmo credibili.
 
Lei è un oncologo, l’emergenza Covid 19 ha sicuramento provocato ricadute negative non solo sulle malattie croniche ma anche su quelle oncologiche a causa sia dei provvedimenti di sospensione delle visite non urgenti, sia della paura di andare in ospedale in molti hanno rimandato controlli e visite. Come contenere i possibili danni?
La fase due sarà molto lunga, dobbiamo quindi attrezzarci coinvolgendo territorio, anche perché le strutture Covid non potranno almeno per il momento accogliere questi pazienti. Quindi, gli ospedali no Covid, le strutture territoriali della Asl, la medicina generale e gli specialisti dovranno mettersi in rete. In Campania lo si potrà fare con la rete oncologica come immagini anche nelle altre Regioni.
 
Una domanda a un napoletano rimasto in Italia, quanto ci è costata la fuga di cervelli, in particolare in questo momento?
Più che guardare a chi è andato via preferisco parlare delle eccellenze che abbiamo nel nostro Paese. E sono tante.
 
Ester Maragò

12 maggio 2020
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