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Iss-Istat: “In Italia 3.780 decessi, sono spesso uomini e residenti al Nord”

di Monica Vichi, Silvia Ghirini

10 SET - Le informazioni provenienti dalle principali fonti esistenti: accessi al Pronto Soccorso, Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) e Dati mortalità ISTAT saranno per la prima volta rielaborate per fornire dati aggiornati capaci di stimare i tentativi di suicidio nel nostro Paese e fornire un quadro aggiornato e esaustivo del fenomeno.

È con questo obiettivo che nasce l’Osservatorio Epidemiologico sui Suicidi e Tentativi di Suicidio (OESTeS), un Progetto presentato per il Programma Statistico Nazionale (PSN 2020-2022) con ISTAT, Ministero della Salute e Dipartimento di Neuroscienze Salute Mentale e Organi di Senso (NESMOS) dell’Università La Sapienza.

Un’azione in sintonia con lo slogan “Lavorare insieme per prevenire il suicidio” scelto per celebrare la Giornata Mondiale e che sottolinea proprio come la conoscenza e la condivisione dei dati esistenti possa supportare il lavoro di prevenzione di questo drammatico fenomeno.

La prevenzione del suicidio resta una sfida ancora aperta. Ogni anno il suicidio è tra le prime 20 principali cause di morte a livello globale per le persone di tutte le età. È responsabile di oltre 800.000 morti, il che equivale a un suicidio ogni 40 secondi. In Italia il tasso standardizzato di mortalità per suicidio nel 2016 è stato pari a 7,1 per 100.000 abitanti (11,9 tra gli uomini e 2,9 tra le donne) con un trend in diminuzione rispetto agli anni passati.

Nel 2016 in Italia secondo i dati dell’“indagine ISTAT sulle cause di morte”, elaborati dall’ISS, e con riferimento alla sola popolazione di 15 anni e più residente i decessi per suicidio sono stati 3.780. A questi si aggiungono 80 persone non residenti in Italia e 10 casi di suicidio nella fascia di età 10-14 anni.

In Italia, gli uomini rappresentano il 78% delle morti per suicidio e le donne il 22%. Per effetto di una maggior riduzione nel tempo dei suicidi femminili rispetto a quelli maschili, il rapporto uomini/donne è costantemente aumentato dagli anni 80’ ad oggi passando da 2,4 nel 1985 a 4,6 nel 2016.
La mortalità per suicidio è storicamente più elevata nelle regioni del Nord Italia rispetto a quelle del Centro-Sud. In particolare i valori più elevati del tasso standardizzato si registrano nel Nord-Est (14,5 per 100000 per gli uomini e 3,5 per le donne), segue il Nord-Ovest (12,4 per gli uomini e 3,3 per le donne) e il Centro Italia (11,9 per gli uomini e 2,5 per le donne). Il complesso delle regioni del Sud Italia e delle due isole maggiori presenta i valori più bassi (10,0 per gli uomini e 2,4 per le donne).

Gli over 70enni rappresentano più di un quarto di tutte le morti per suicidio (27,4%) mentre i giovani di 15-29 anni sono circa il 8% del totale dei decessi (303 vittime nel 2016).

Sebbene i tassi di mortalità per suicidio siano più elevati tra gli anziani, è tra i giovani che il suicidio rappresenta, analogamente a quanto si registra a livello mondiale, una delle più frequenti cause di morte. Nel 2016 i suicidi rappresentano circa 12,8% dei decessi tra i giovani di 15-29 anni, il 5,7% nella classe di età 30-54 anni, l’1,3% tra i 55-69enni e solo lo 0,2% dei decessi di persone di 70 anni e più. Il peso dei suicidi sul totale dei decessi è maggiore tra i giovani uomini: tra i 15-29enni i suicidi rappresentano il 14,7% del totale dei decessi, il 7.2% nella classe di età 29-54, l’1,6% nella classe di età 55-69 e lo 0,3% tra i deceduti di 70 e più anni. Per donne i suicidi rappresentano l’8,3% del totale dei decessi tra le giovani (15-29 anni), il 3,2% nella classe di età 30-59 anni e meno dell’1% dei decessi nelle classi di età più anziane.

Per entrambi i generi il suicidio rappresenta la terza causa di morte più frequente tra i giovani di 15-29 anni dopo gli incidenti stradali e i tumori.
Tra gli uomini i metodi più frequentemente utilizzati per attuare il suicidio sono l’impiccagione (52,2%), la precipitazione da luoghi elevati (15,8%) e l’uso di armi da fuoco (13,7%). L’impiccagione è il metodo più frequentemente utilizzato per attuare il suicidio a tutte le età, ma tra i giovani di 15-29 anni (per i quali le impiccagioni rappresentano il 42.7% dei suicidi) il secondo metodo più frequente è la precipitazione da un luogo elevato (24,8%), il terzo è farsi travolgere da un mezzo in movimento (13,8%) seguito dai suicidi mediante l’uso di armi da fuoco (8.5%).

Anche per le donne l’impiccagione (34,8%) e la precipitazione da luoghi elevati (31,9%) sono i due metodi più frequentemente utilizzati per attuare il suicidio ma al terzo posto troviamo l’annegamento (8,0%) mentre l’uso di armi da fuoco è raro (2,1%). Tra le donne, come per gli uomini, si osservano differenze per età nella scelta del metodo: tra le giovani di 15-29 anni dopo l’impiccagione (49.1%) e la precipitazione da luoghi elevati (31.6%), come per i ragazzi, il terzo metodo più frequente è farsi travolgere da un mezzo in movimento (5.3%).
 

Nota: tutti i dati presentati in questo contributo sono frutto di elaborazioni ISS dei dati ISTAT della “Indagine sulle cause di morte” e della “Rilevazione sulla popolazione residente comunale per sesso, anno di nascita e stato civile” e si riferiscono alla popolazione residente in Italia di 15 anni e più. La standardizzazione dei tassi, necessaria per i confronti geografici e temporali, è stata effettuata utilizzando come standard la popolazione italiana al Censimento 2011. I dati si riferiscono ai decessi per i quali il suicidio è indicato come “causa iniziale” sul certificato di decesso.

Per quanto riguarda l’associazione con patologie fisiche o mentali non abbiamo elaborazioni aggiornate dei dati e si rimanda pertanto documento dell’ISTAT: “Malattie fisiche e mentali associate al suicidio: un’analisi delle cause multiple di morte”.
 
Dott.ssa Monica Vichi
Servizio tecnico scientifico di statistica (STAT) – Istituto Superiore di Sanità
Dott.ssa Silvia Ghirini
Centro Nazionale Dipendenze e Doping (DIDOP) – Istituto Superiore di Sanità
 
 

10 settembre 2019
© Riproduzione riservata
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