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Ospedale Bambino Gesù: “La vera eredità di Charlie: l’impegno internazionale per una medicina personalizzata”


25 LUG - “Abbiamo fatto tutto quello che potevamo per rispondere all’appello della famiglia e cercare di dare un’opportunità ulteriore di cura al piccolo Charlie”. Lo scrivono i medici dell’ospedale Bambino Gesù di Roma. 
 
Gli stessi esperti confermano, alla luce delle evidenze scientifiche richiamate nel documento firmato dai ricercatori internazionali, che “la terapia sperimentale con deossinucleotidi poteva essere un’opportunità per Charlie e potrà esserlo in futuro per tutti i malati rari con la stessa patologia o patologie simili. Purtroppo – hanno spiegato dal Bambino Gesù - alla luce della valutazione clinica congiunta effettuata sul posto dal nostro ricercatore e medico, il professore Enrico Silvio Bertini, primario di Malattie Muscolari e Neurodegenerative, insieme con il professore di Neurologia della Columbia University, Michio Hirano, è emersa l’impossibilità di avviare il piano terapeutico sperimentale, a causa delle condizioni gravemente compromesse del tessuto muscolare del piccolo Charlie”.


Per gli esperti dell’ospedale pediatrico “mentre i risultati della nuova risonanza magnetica presentavano un quadro di encefalopatia in peggioramento, ma non del tutto irreversibile, grazie alla capacità potenziale dimostrata dai deossinucleotidi di superare la barriera emato-encefalica, i risultati dell’indagine muscolare supplementare che abbiamo richiesta hanno evidenziato una condizione di grave e diffusa perdita non più reversibile del tessuto muscolare, che ha suggerito di desistere dal proposito di avviare la terapia sperimentale”.
 
“Infatti – hanno aggiunto i medici - il gravissimo contesto clinico che abbiamo trovato avrebbe configurato il tentativo di terapia sperimentale come un accanimento terapeutico. In questo caso, abbiamo purtroppo constatato di essere arrivati forse tardi. Ma questo succede spesso quando si valutano trattamenti innovativi non previsti dai protocolli terapeutici in costante evoluzione su pazienti affetti da malattie ultra rare, per le quali non esistono punti di riferimento certi”.


I camici bianchi del Bambino Gesù dicono che “non si può sapere cosa sarebbe potuto succedere 6 mesi fa. Non possiamo sapere – hanno spiegato - se Charlie avrebbe risposto alla terapia sperimentale, perché siamo di fronte ad una condizione rara di cui non conosciamo la storia naturale e della quale non disponiamo di protocolli terapeutici riconosciuti. Nel campo delle malattie rare e ultra-rare, ogni storia è un caso a sé”. Ma di una cosa sono certi: sanno di aver fatto ciò che la mamma di Charlie gli aveva chiesto di fare.


“Senza mai ingenerare illusioni – hanno sottolineato - avevamo offerto inizialmente accoglienza e accompagnamento, ma lei ci ha chiesto di più. Ci ha chiesto di verificare, attraverso un confronto internazionale tra clinici e ricercatori, la possibilità di offrire a suo figlio un’opportunità credibile di cura, un’opportunità che fosse supportata da evidenze scientifiche e da valutazioni cliniche aggiornate e condivise. Abbiamo ottemperato alla questa richiesta. Il trattamento sperimentale è risultato effettivamente fondato da un punto di vista scientifico. La malattia rara di Charlie, come tutte le malattie rare, presupponeva tuttavia una valutazione clinica diretta da parte dei nostri medici con gli altri clinici e ricercatori. Una valutazione che purtroppo, nel momento in cui l’abbiamo potuta effettuare, ha dato un esito non positivo. Tutto ciò riempie il nostro cuore di amarezza”.


Però, per i medici del Bambino Gesù un risultato è stato raggiunto: “la spina non è stata staccata, senza avere prima risposto ad una legittima richiesta di cura da parte dei genitori e senza avere prima verificato fino in fondo le condizioni del bambino e le opportunità concrete offerte dalla ricerca a livello internazionale”.
 
È stato raggiunto anche anche un secondo risultato: “un confronto congiunto internazionale approfondito sia sul piano scientifico che su quello clinico. Un fatto straordinario – hanno commentato i medici dell’ospedale pediatrico - un caso emblematico per il futuro delle malattie rare”.

La situazione di Charlie, per la prima volta, ha mosso la comunità scientifica internazionale su un singolo paziente, per valutare concretamente e fino in fondo le possibilità di cura. Secondo i dottori del Bambino Gesù “la comunità clinica e scientifica internazionale, che si mette in rete e fa sinergia per un malato e si mobilita per una vita, lavorando a stretto contatto, rappresenta un precedente che darà più forza a tutti i Charlie che verranno”.
 
Questa è la vera eredità del caso Charlie: “l’impegno - hanno sottolineato - a sviluppare concretamente un modello di medicina personalizzata. Per questo valeva la pena fare tutto ciò che abbiamo fatto, trainati dalla forza di Charlie e dei suoi splendidi genitori, dalla forza della condivisione indispensabile nel percorso di cura con la famiglia, dalla forza dell’alleanza tra i clinici, la famiglia e il paziente, senza dimenticare – hanno concluso - il contributo importante delle associazioni dei malati che in questi casi rappresentano un punto di riferimento prezioso per tutti i soggetti coinvolti”.

25 luglio 2017
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