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Iss. Morti in mare. E' ancora strage: 400 decessi all'anno per annegamento


I dati forniti dall’Istituto superiore di sanità registrano comunque una forte diminuzione dagli anni ’70 che sembra essersi stabilizzata negli ultimi 10 anni. Gli incidenti si concentrano soprattutto nel periodo estivo e, un ruolo fondamentale, è svolto dai bagnini che solo nel 2011 hanno salvato 180 persone.

19 LUG - Gli incidenti di annegamento colpiscono in Italia circa 400 persone l’anno. I dati dell’Istituto Superiore di Sanità tuttavia evidenziano una forte diminuzione della mortalità a partire dagli anni ’70 che sembra aver raggiunto una soglia negli ultimi 10 anni. Dati significativi che hanno permesso di ottenere importanti risultati nella prevenzione degli annegamenti: maggiore consapevolezza dei rischi, capacità di nuotare, cambiamenti di abitudini, educazione nelle scuole, ruolo degli organi di stampa, sorveglianza nelle spiagge.

"Di sicuro un ruolo fondamentale nella prevenzione degli annegamenti - ha detto Enzo Funari, direttore del Reparto Qualità degli ambienti acquatici e delle acque di balneazione dell’Iss e curatore del Rapporto sugli annegamenti - è svolto dai servizi di sorveglianza. Nell’estate del 2011 su tre tratti del litorale italiano sono state soccorse da bagnini, e quindi salvate, 180 persone, molte delle quali sarebbero andate incontro ad una morte certa". Questi tratti hanno un’estensione di alcune decine di km, mentre soltanto il litorale marino nazionale ha una lunghezza di oltre 7.000 km.

Poiché questi eventi si concentrano principalmente nei tre mesi estivi, l’effettivo impatto del fenomeno rapportato al periodo "efficace" è molto più alto di quanto non ne riveli il numero complessivo degli annegati. "È dunque necessario trovare strumenti nuovi – ha proseguito Funari - e fare in modo di rendere ancora più efficaci quelli già noti. Molti incidenti accadono in acque con determinate caratteristiche ed in condizioni tali da rappresentare un rischio elevato per i bagnanti”.
Risulta dunque necessario che questi siano messi a conoscenza dei pericoli presenti e che siano predisposte adeguate misure di prevenzione. “È anche importante rafforzare l’educazione di base e indurre a comportamenti responsabili – ha spiegato l’esperto dell’Iss - l’obiettivo è quello di promuovere un nuovo approccio preventivo di primo livello, da diffondere e migliorare progressivamente lasciando il dato statistico in un certo senso in secondo piano".

Il problema della necessità di prevenire e contenere gli effetti degli incidenti in acque di balneazione viene affrontato in modo molto eterogeneo nelle diverse aree del territorio nazionale. In alcune spiagge, spesso a seguito del ripetersi di questi incidenti, sono state promosse misure di prevenzione e di assistenza ai bagnanti che hanno consentito di ottenere risultati importantissimi nel giro di pochi anni. Praticamente sono stati azzerati gli annegamenti. Ma queste spiagge sono pochissime. In gran parte delle aree del territorio nazionale e soprattutto nelle spiagge libere ai bagnanti non viene nei fatti riconosciuto il diritto ad essere informati dei pericoli che possono essere presenti e non viene fornito alcun servizio di sorveglianza. Si tratta in queste ultime situazioni di un ritardo soprattutto culturale dovuto al persistere di una mentalità secondo la quale gli annegamenti sono inevitabili fatalità, un prezzo da pagare a fronte del grande numero di persone che in estate si godono il refrigerio delle fresche acque.

Che invece sia possibile prevenire questi incidenti è dimostrato dai dati resi disponibili dall’Istituto. Il ruolo dei bagnini è indubbiamente enorme. Dove sono presenti i bagnini, come emerge dal rapporto, è difficile che si verifichino incidenti tali da comportare annegamenti. Per lo più le persone vengono soccorse e salvate. Ancora di più la presenza di un bagnino induce ad un comportamento corretto e rappresenta un ulteriore valore aggiunto per i fruitori della spiaggia.

Nelle spiagge dove non è garantita la presenza dei bagnini e soprattutto nelle spiagge libere, sprovviste in generale di qualsiasi forma di sorveglianza e assistenza, i bagnanti dovrebbero essere informati dei pericoli presenti.

All’interno del Rapporto è stata anche realizzata una cartina che evidenzia la distribuzione geografica dei tratti italiani con i più alti numeri di decessi per annegamento . "Si tratta della costa adriatica centro settentrionale da San Benedetto del Tronto a Trieste – ha detto Marco Giustini, uno dei curatori del documento - alcune aree della costa sud della Puglia, la Liguria tra San Remo e Savona, la Toscana tra Carrara e Piombino, il Lazio tra Fiumicino e Terracina, la Campania tra Castel Volturno e Acropoli, la Sicilia nella costa sud-orientale e a Palermo, e la Sardegna lungo la costa meridionale".

I Ricercatori del Dipartimento Ambiente e Prevenzione Primaria hanno calcolato per ciascun comune l’indice di Rischio Annegamenti (IRA) proprio per evidenziare le zone geografiche maggiormente colpite dal fenomeno. "Il territorio italiano – ha continuato Giustini - può essere caratterizzato in base a 4 profili di rischio in base alla frequenza e gravità degli eventi (vedi mappa)”.

Un ultimo dato che emerge dallo è che, sebbene siano i litorali quelli maggiormente interessati dal rischio di annegamento severo, fiumi e laghi rappresentano degli ambienti potenzialmente ad elevato rischio, anche perché in questi luoghi da una parte si concentrano alcuni fattori di rischio, come acque dolci, mediamente più fredde e forti correnti, dall’altro si tratta di luoghi quasi mai sorvegliati, ove l’eventuale soccorso è reso spesso problematico.
 

19 luglio 2012
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