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Trapianti pediatrici. Nanni Costa (Cnt): “Genitori che donano organi dei figli compiono gesto di alto valore etico”


“È importante poter fare ciò che è possibile perché un momento tragico come la morte di un bambino diventi una concreta possibilità di vita per un altro”. Ad affermarlo è il direttore del Centro nazionale trapianti, commentando per Quotidiano Sanità i dati sui trapianti pediatrici nel 2011.

24 AGO - In questa lettera inviata a Quotidiano Sanità, il direttore del Centro nazionale trapianti (Cnt), Alessandro Nanni Costa, commenta i dati 2011 del programma nazionale trapianti, rispondendo così anche ad alcuni elementi drammatici sui trapianti pediatrici evidenziati da due nostre lettrici in una lettera.

I dati 2011 sull’attività di donazione e trapianto del programma pediatrico pubblicati sul sito del Ministero della Salute sono molto positivi. Infatti, grazie ai programmi pediatrici nazionali è stato possibile eseguire 161 trapianti su pazienti di età inferiore ai 18 anni. I pazienti pediatrici che sono in lista di attesa sono bambini e ragazzi affetti da patologie gravi curabili solo con un trapianto di organo e la natura stessa del programma, su base nazionale, offre a tutti i piccoli pazienti in lista le stesse garanzie al di là della collocazione territoriale.

È bene precisare che le donazioni pediatriche sono multiorgano, ovvero, da un singolo donatore vengono prelevati più organi. Nel 2011 i donatori pediatrici utilizzati sono 25 in Italia e 6 provenienti dall’estero. Inoltre, la maggior parte degli interventi di trapianto di fegato su bambini avviene tramite l’utilizzo di un segmento epatico, mentre la parte principale viene trapiantata in un paziente adulto.

Da un punto di vista umano ed etico, però, resta il fatto che per eseguire un intervento di questo tipo è necessario che ci sia un donatore e quando si parla di donatori pediatrici che questi siano tre, trenta o centonovantacinque non cambia la drammaticità della perdita di una vita. Non esiste una relazione di causa-effetto; i piccoli pazienti che diventano donatori sono pazienti cerebralmente morti in seguito a traumi o altre cause che rendono comunque inevitabile la fine della loro vita.

Una madre e un padre che decidono di utilizzare gli organi dei propri figli a favore di altri bambini e ragazzi che sono in lista di attesa compiono un gesto di alto valore etico nei confronti della vita e della società. È un atto di vita contro la morte che restituisce a piccoli pazienti malati una possibilità di sopravvivenza e di vita normale che la malattia ha tolto loro. Questo gesto rappresenta, per questi genitori, un modo per dare un significato di vita ad una morte inevitabile.

Non c’è dubbio che il Sistema sanitario nazionale assicuri al paziente tutte le attenzioni e le tutele del caso fino alla fine, ma quando, in situazioni critiche e senza possibilità di sopravvivenza, una piccola vita si è già spenta, è importante poter fare ciò che è possibile perché un momento tragico come la morte di un bambino diventi una concreta possibilità di vita per un altro.

Ma le liste di attesa, purtroppo, sono sempre troppo lunghe, per questo la rete nazionale trapianti, attraverso i programmi nazionali pediatrici, si sta impegnando al massimo raggiungendo dei risultati molto positivi sia in termini di trapianti effettuati sia di sopravvivenza degli organi.

Alessandro Nanni Costa
Direttore del Centro nazionale trapianti (Cn)


 

24 agosto 2012
© Riproduzione riservata

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