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Autismo. Numero di casi raddoppia ogni 6 anni 


Accendere i riflettori sulla salute dei minori e sul bisogno di risorse per prendersi carico dei loro problemi a partire dall’autismo. Questo il senso del Convegno organizzato da Paola Binetti, Udc, su un disturbo complesso di cui si ignorano le cause e che per curarlo non esistono medicine. 

05 OTT - Ci sono più bambini con autismo di quelli colpiti da diabete, aids, cancro, paralisi cerebrale, fibrosi cistica, distrofia muscolare e sindrome di down messi insieme. Si stima che il numero di soggetti coinvolti da questa sindrome raddoppi ogni 6 anni e che tra 5 anni potrebbe colpire 1 bambino su 50, ovvero un maschietto ogni 31. Paola Binetti, Udc, ha promosso il convegno “Autismo oggi. Lo stato dell’arte”, per riaccendere l’attenzione su un disturbo in continua espansione e che compromette la capacità di una persona di interagire e di comunicare con gli altri, interferendo con gli aspetti più significativi dell’essere umano. Il Convegno si è svolto ieri presso la Sala delle Colonne di Palazzo Marini a Roma.
 
“Si tratta di un disturbo pervasivo dello sviluppo che richiede approcci diversificati – ha spiegato Paola Binetti – riguardando appunto situazioni e soggetti molto differenti l’uno dall’altra: si passa da autistici ad alto funzionamento a quelli a basso funzionamento con difficoltà di autonomia”. 
Le comunità scientifica e politica “devono essere sensibili a queste problematiche – ha sottolineato la deputata – è importante legittimare gli approcci proposti con rigore e serietà, garantendo ad operatori responsabili la possibilità di accedere alle differenti terapie”.
 
Per la Binetti le recenti Linee Guida presentate dall’Iss lo scorso gennaio “ci sembrano sbilanciate, non essendo capaci di garantire i diversi modelli di trattamento. Sono convinta della necessità di integrare i modelli terapeutici seri nelle varie fasi del percorso evolutivo del soggetto autistico”.
 
La comunità scientifica “valorizzi ciò che c’è di buono negli approcci proposti perché occorre una risposta multipla e integrata – ha concluso Binetti – la politica deve fare la sua parte, garantendo la pluralità dei modelli terapeutici definiti in un contesto responsabile e trovando risorse economiche per aiutare le famiglie nel rispetto della loro volontà”.
 
 “Di fronte a un dramma come quello dell’autismo – ha affermato Enrico Garaci, presidente dell’Iss – e alle ancora poche conoscenze in merito alla patogenesi ma anche a trattamenti risolutivi la cosa più difficile è districarsi nella giungla di tutto ciò che viene offerto o che può costituire un  supporto”.
“In questo difficile compito - ha proseguito - ci siamo incamminati come Istituto nel realizzare il coordinamento delle ‘Linea guida per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico in età evolutiva’. Le Linee Guida appaiono al momento come qualcosa di potenzialmente perfettibile, e sicuramente soggette a costanti adattamenti alla rapidissima evoluzione della letteratura specialistica, ma forniscono una base di discussione e confronto. La pubblicazione delle LG sui trattamenti ha rappresentato un punto di arrivo importante, ma le stesse LG auspicano l’implementazione di altri studi clinici controllati, così che entro la data prevista per la loro revisione nel 2015,  sia possibile validare con  metodi scientifici e basati sull’evidenza eventuali nuovi approcci terapeutici in grado di  migliorare la qualità della vita dei tanti autistici e delle loro famiglie”.
Per Garaci le LG sono un “punto di partenza che dovranno includere sempre più esperienze terapeutiche soprattutto nei casi come l’autismo in cui le conoscenze navigano in mari molto tempestosi. Ciò che però è necessario – ha concluso il presidente dell’Iss – è comunque avere una bussola e, fatta salva la complessità nella valutazione dei risultati della terapia, l’esplorazione di un’ipotesi di cura deve mostrare di avere un indirizzo e di giungere a una qualche destinazione e per fare questo deve compiere un percorso di sperimentazione e di produzione di risultati, anche a tutela delle persone ammalate che rischierebbero di vedere le illusioni elencate tra le terapie”.   
 
Sullasituazione di grande confusione sull’autismo che stiamo vivendo è intervenuto Gabriel Levi, ordinario di Neuropsichiatria Infantile dell’Università degli Studi di Roma. “Nel 2005 – ha spiegato – con la Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza (Sinpia) pubblicammo delle linee guida buone ma non ottime, successivamente sono state realizzate quelle dell'Iss che hanno seguito meglio l'aspetto scientifico lasciando aperto lo spazio alla ricerca per i servizi. Da allora si è aperta una grande bagarre sulla natura unicistica di questo documento, perché è difficile valutare l’efficacia di un intervento terapeutico se non si hanno prima in testa, con chiarezza, due punti chiave: a chi esattamente si sta proponendo questo intervento e quali sono i risultati precisi che ci si attende. Domani al convegno cercherò di focalizzarmi su cosa possiamo e dobbiamo fare adesso per essere veramente concreti e operativi”.
Quali dunque per Levi le questioni aperte sull’autismo? “Il divario tra epidemiologia teorica e casi concreti, i ritardi nella presa in carico, il tipo di approccio terapeutico da proporre e il passaggio all’età  adulta”. Levi ha dunque concluso: “È evidente che una diagnosi di sviluppo bilanciata rispetto a tutte queste variabili e verificata stadio di sviluppo dopo stadio di sviluppo consentirà di ricostruire traiettorie evolutive per tipo, per sottotipo e per caratteristiche personali. Infine, credo sia molto importanza seguire l’autismo all’interno di un discorso generale della neuropsichiatria infantile”.
 
“Questo convegno è l’occasione per un confronto tra orientamenti diversi e finalizzati alla conoscenza del bambino. In una patologia complessa come l’autismo un’ottica unilaterale rischierebbe di lasciare fuori elementi importanti”. Così Magda Di Renzo, psicoterapeuta dell’età evolutiva e responsabile del servizio Terapie dell’istituto di Ortofonologia di Roma. “Credo alla complessità che necessita dello sforzo di tutti- ha aggiunto-  lo dobbiamo alle famiglie. Si tratta di un disturbo che parte già con una frammentazione, e una contrapposizione sul piano culturale indebolisce ancora di più la patologia. C’è bisogno di confronto – ha concluso Di Renzo la psicoterapeuta – altrimenti non si riuscirà a sviluppare un intervento globale”.
 
 “La libertà della cura passa attraverso la prova scientifica”. La pensa così Stefano Vicari, neuropsichiatra infantile dell’ospedale pediatrico del Bambin Gesù di Roma, in merito al dibattito sui ‘Modelli diversi di trattamento terapeutico per rispondere a bisogni complessi dei soggetti autistici’ affrontato al convegno sull’autismo. Le Linee Guida (LG) “vengono riaggiornate periodicamente quindi bisogna puntare l’attenzione sulla necessità di raccogliere le evidenze scientifiche da sottoporre alla comunità internazionale per gli approcci non inclusi nel documento, come quello psicoanalitico”. Al Bambin Gesù ha proseguito Vicari “effettuiamo un percorso diagnostico basato su strumenti internazionali come l’Ados. Eseguiamo diagnosi caso per caso basate sull’evidenza, ma facciamo anche indagini di tipo genetico e biologico”.
Il problema per Vicari è che “non sono state ancora applicate le LG  e quindi i trattamenti rimborsati non sono quelli riconosciuti come scientificamente validi”.
 
“Come far raggiungere al soggetto autistico il livello più alto possibile di autonomia, questo è il problema di base che deve porsi la bioetica della cura”. Così Marianna Gensabella, componente del Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB).
Secondo la bioeticista, per migliorare la condizione di vita dei soggetti autistici o coinvolti nello spettro dell’autismo esistono “diversi interventi, ma bisogna fare chiarezza su quali siano quelli efficaci. La sindrome autistica è varia ed è difficile trovare l’intervento giusto diventa quindi cruciale informare i genitori”.
La diagnosi “è l’elemento che sta a cavallo tra i due tipi di bioetica. L’importanza di fare, avere e ottenere una diagnosi esatta e precoce è cruciale. Purtroppo- ha aggiunto Gensabella- questa precocità è difficile da raggiungere a causa di una carente formazione dei pediatri e informazione nei genitori e negli educatori”.
Le aree da migliorare sembrano tante. “In Italia – ha chiarito la Gensabella – per quando riguarda l’assistenza medica, ci troviamo in una situazione a macchia di leopardo con regioni completamente scoperte e questo non consente a tutti di avere gli stessi diritti in termini di accesso alle cure. Occorre una medicina che operi su tutto il territorio nazionale anche attraverso una rete di associazioni che funzioni”.
Ultimo punto affrontato è “il buco nero dell’età adulta, della cura della persona con autismo dopo l’adolescenza. Le possibilità di inserimento nel lavoro sono marginali, non hanno più rapporto con la scuola, né con il centro di neuropsichiatria infantile e non hanno nemmeno più una diagnosi. In genere- ha concluso- questi soggetti sono soli con i loro genitori e vengono emarginati”.
illusioni elencate tra le terapie”.

05 ottobre 2012
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