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Incontinenza. Arriva in Lombardia campagna di sensibilizzazione al femminile


Si chiama ‘Donne Vip’ l’iniziativa nata per informare su questa urgenza sommersa che colpisce 3 milioni di persone. In Italia le cure per l’incontinenza urinaria femminile non sono rimborsate dal Ssn, a differenza di quanto avviene per l'incontinenza da iperplasia prostatica benigna, patologia maschile.

08 APR - Imbarazzo, senso di vergogna, limitazioni nella libertà di muoversi e di frequentare luoghi pubblici sono le conseguenze della sindrome da vescica iperattiva e del suo sintomo più invalidante, l’incontinenza urinaria da urgenza, che comporta la necessità di recarsi frequentemente e urgentemente in bagno, anche più di otto volte al giorno. La vescica iperattiva colpisce in Italia circa 3 milioni di persone e rappresenta una vera e propria patologia, che però rimane poco conosciuta e non adeguatamente trattata. La patologia determina una riduzione della qualità di vita superiore a quella di altre comuni condizioni croniche come diabete e ipertensione, risultando inferiore, in termini d’impatto, alla sola depressione maggiore.

In Lombardia le donne affrontano diversamente la questione. È quanto rileva un’indagine condotta da Elma Research i cui dati appena sdoganati disegnano uno scenario diverso rispetto al resto del Paese: le donne lombarde sono molto informate sul tema dell’incontinenza urinaria, anzi sono le meglio informate d’Italia (9 su 10 tra quelle non affette da incontinenza urinaria ne hanno sentito parlare, anche se solo 1 donna su 3 ha sentito parlare di Vescica Iperattiva), mentre il 97% delle pazienti conosce bene il problema ma sa meno (2 su 5) di Vescica Iperattiva. Una paziente su 4 non parla con nessuno del suo problema, di queste il 33% è convinto che non si possa far nulla mentre il 28% prova vergogna. Le donne, sia quelle affette da incontinenza urinaria sia quelle non colpite, ritengono che si tratti in ogni caso di un problema di cui vergognarsi, che compromette la vita sociale e di relazione, che le rende meno piacevoli fino a comprometterne la femminilità.
Per fare emergere le pesanti ricadute sociali della patologia, informare e rompere i tabu, che spesso costringono le donne al silenzio e alla rassegnazione, ‘Donne Vip’, una campagna nazionale di sensibilizzazione, promossa dal Gruppo Italiano Salute e Genere, fa tappa in Lombardia.

Come ha sottolineato Flavia Franconi, ordinario di Farmacologia Cellulare all'Università di Sassari e Presidente Giseg, “questa è una patologia che allontana le donne dalla vita sociale e costringe coloro che ne sono affette alla rinuncia a viaggi e spostamenti, a sviluppare un’insana dipendenza dal bagno e quindi una progressiva perdita di libertà. Anche per via della totale assenza d’interventi sociosanitari, troppe donne ancora ritengono che l’incontinenza urinaria sia una condizione da nascondere, un evento “naturale” e ineluttabile, per il quale non si può cercare aiuto, o da sopportare in silenzio, come era la menopausa fino a qualche anno fa”.

Ma cosa provoca esattamente la vescica iperattiva? È una condizione clinica caratterizzata da una serie di sintomi associati: più di otto minzioni al giorno, nicturia, più o meno due minzioni nella notte, urgenza minzionale e incontinenza urinaria da urgenza. L’urgenza non è solo un forte stimolo in presenza di una vescica piena, ma uno stimolo che insorge improvvisamente e con una tale impellenza da essere impossibile alla persona che lo avverte rimandarlo.

“L’aumentata frequenza minzionale obbliga la paziente a regolare la propria esistenza in funzione della vicinanza di un bagno e ad evitare di trovarsi in circostanze in cui non si sappia dove andare a fare pipì – ha dichiarato Marco Soligo, Dirigente Medico U.O. di Ginecologia e Ostetricia dell’Ospedale San Carlo Borromeo di Milano – le donne che soffrono di questa patologia sono munite di una vera e propria mappa del territorio in funzione della disponibilità dei bagni e limitano il raggio della propria vita sociale al territorio così mappato, questo impedisce loro di svolgere una vita normale o di avere una normale vita di relazione”.

Le donne si sentono costrette ad attuare dei meccanismi di difesa come la minzione difensiva, l’uso di assorbenti, assunzione limitata di liquidi, che può causare irritazione vescicale e squilibri idroelettrolitici, ma anche il mapping dei bagni: sapendo che non possono avere un’autonomia superiore a mezz’ora o quaranta minuti, la prima cosa che cercano di fare è individuare l’ubicazione dei bagni, per sapere dove correre in caso di bisogno per evitare di bagnarsi. Spesso sono costrette a scegliere gli eventi sociali cui partecipare in base alla disponibilità dei servizi igienici precludendosi le uscite per spettacoli, cinema, teatro.

La sfera della sessualità è inevitabilmente investita dal problema. Quando l’incontinenza urinaria è vissuta come una condizione ineluttabile, e non come una patologia che può essere curata, le donne tendono a occultare il problema al partner, spesso con gravi ripercussioni a livello emotivo e affettivo. L'indagine di Elma Research conferma che 1 donna italiana su 3 ritiene che l'incontinenza comprometta la sua vita relazionale, anche dal punto di vista sessuale; rispetto alle altre donne che soffrono di incontinenza urinaria, le pazienti lombarde sono tra coloro che riferiscono un maggior impatto sulla qualità della loro vita non solo sul benessere, ma anche sulla sfera sessuale e il 43% riferisce di essere stata costretta alla rinuncia di vivere appieno la sua intimità di coppia.

L’incontinenza da urgenza, però, si può trattare e gestire attraverso appropriate terapie farmacologiche e un corretto stile di vita, con un incremento effettivo della qualità della vita.
“Nel corso degli anni si è passati da una terapia farmacologica a base di triciclici e antispastici che agivano sul muscolo detrusore della vescica in maniera aspecifica, a una terapia a base di antimuscarinici, farmaci selettivi per i recettori M (i recettori muscarinici) – ha affermato Francesco Cappellano, Responsabile Servizio di Neurourologia, Policlinico Multimedica Irccs, Milano – col tempo sono stati messi a punto antimuscarinici sempre più selettivi fino alle molecole specifiche per i recettori M2 ed M3, che presentano minori effetti collaterali”.

La soluzione al problema quindi non è rappresentata dai presidi sanitari, tipo pannolini e assorbenti: prospettiva che spaventa circa il 42% delle donne lombarde. Tuttavia, farmaci efficaci come gli antimuscarinici, a differenza di quanto accade in gran parte dei Paesi europei, in Italia sono totalmente a carico della paziente e solo chi ha disponibilità economiche e chi appartiene a un certo ceto sociale si trova nelle condizioni di poter affrontare la spesa e continuare la terapia. “Il ‘costo’ della vescica iperattiva in Italia, oggi ricade prevalentemente sul paziente, anzi, sulla paziente, visti i dati di prevalenza che abbiamo ricordato – ha spiegato Soligo – l’ipotesi che il Ssn si faccia carico di questa problematica appare non eccessivamente onerosa tenuto conto soprattutto dell’impatto sulla qualità di vita e sulla riduzione di una serie di costi indiretti che non è possibile stimare. Non vi è dubbio però che una popolazione in buona salute sia certamente più performante anche in termini genericamente economici”.

La difficoltà nell’accesso alle terapie è, infatti, uno degli aspetti che contribuisce a peggiorare la qualità della vita dei cittadini, i quali dovrebbero poter contare su medicinali efficaci, sicuri e innovativi. “In uno Stato moderno, al fine di creare le condizioni per una relazione virtuosa tra industria farmaceutica e Servizio Sanitario Nazionale, è auspicabile che si crei una condizione di equilibrio stabile – ha sottolineato Ermanno Buratti, Direttore Generale di Astellas Pharma, che sostiene l’iniziativa – non si deve quindi più pensare che produrre un farmaco sia solo consentire una cura: l'azienda può e deve fare molto di più. Il Servizio sanitario nazionale può chiedere all'azienda, a fronte di un rimborso adeguato, di farsi carico della patologia e del paziente anche negli aspetti diversi dalla terapia farmacologica. Può chiedere che l'azienda reinvesta parte dei proventi per l'assistenza, la prevenzione, l'informazione sulle patologie che mostrano ancora bisogni terapeutici insoddisfatti”.
 
La Campagna 'Donne Vip' si avvale di Forum regionali, un cortometraggio e un sito web con contenuti informativi (www.donnevip.it).
 

08 aprile 2013
© Riproduzione riservata

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