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Alimentazione. Gli italiani "non amano" lo zucchero. Ma bevono poca acqua


Il 40% non aggiunge zucchero nemmeno al caffè. D'altra parte, nonostante ci sia grande consapevolezza sull’importanza di assumere 2 litri di liquidi al giorno, la maggioranza ne consuma meno di un litro. I dati emergono dallo studio "Calorie Management", condotto da Simg.

19 APR - Preparati ma poco diligenti sul lato dell’idratazione, promossi per quanto riguarda il consumo di zuccheri: ecco il quadro che emerge da un’indagine sulla popolazione italiana adulta relativa a due aspetti chiave dell’alimentazione. Il quadro emerge dai risultati preliminari dello studio "Calorie Management", condotto da Simg (Società italiana di medicina generale), in collaborazione con Nfi (Nutrition foundation of Italy), con il contributo non condizionato di The Coca-Cola Foundation. La ricerca viene presentata oggi nell’ambito nel Nu.Me, 5th International Mediterranean Meeting - Nutrition and Metabolism, a Terni, da Franca Marangoni, Responsabile della Ricerca di Nutrition Foundation of Italy, che ha finora analizzato i comportamenti di oltre 1.000 pazienti dei medici di medicina generale di Simg.


Secondo quanto emerge dall’indagine, la maggior parte degli italiani è consapevole che dovrebbe assumere complessivamente 2 litri di liquidi al giorno, ma si limita a berne complessivamente meno di un litro: solo 970 ml al giorno, senza differenze sostanziali tra uomini e donne. Per quanto riguarda le fonti di idratazione, per tutti, l’acqua (circa 650 ml al giorno) è al primo posto. Tra le altre bevande, emergono poi alcune differenze tra gli uomini e le donne: i primi assumono liquidi per lo più dal caffè (75 ml), dal latte (57 ml), dai succhi (48 ml), dalle bevande zuccherate (45 ml al giorno), dal cappuccino (44 ml) e da tè e tisane (43ml). Per le donne, tè e tisane occupano invece il secondo posto dopo l’acqua (78 ml), seguite da caffè (62 ml), latte (61 ml), succhi di frutta e bevande zuccherate (40 e 42 ml rispettivamente).
Infine, il consumo di bevande con edulcoranti ipocalorici è molto basso sia tra gli uomini che tra le donne (10 e 12 ml/die rispettivamente).


Lo studio sembra ridimensionare gli allarmismi rispetto al consumo di zuccheri: l’intake complessivo di zuccheri semplici Sommando saccarosio, fruttosio e lattosio è infatti di circa 62 e 59 grammi al giorno per gli uomini e le donne rispettivamente. Il dato è ben al di sotto dei 75 grammi giornalieri indicati dai Larn (Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana) della Sinu, come limite da non superare per una dieta da 2000 kcal. Considerato che per un adulto di sesso maschile, con più di 30 anni, alto 1,70m e con un livello di attività fisica moderato, il fabbisogno energetico esemplificativo (Larn 2012) è stimato intorno alle 2500 kcal.


Tra chi ha invece questa abitudine (la quota rimanente, pari al 62% degli uomini ed al 58% delle donne), lo zucchero aggiunto in media ad alimenti e bevande durante la giornata (caffè, tè, spremute, yogurt etc.) è pari a 3,3 cucchiaini, sia per gli uomini, sia per le donne. In media sia l’una che l’altra categoria aggiunge quotidianamente circa 15 e 12 g di saccarosio, pari al 3,3-2,4 % delle calorie giornaliere indicate per un adulto sano.

La ricerca ha analizzato anche gli alimenti che più contribuiscono alla quota giornaliera di zuccheri: i dolci (biscotti, brioche vuote e farcite, gelato, miele, marmellata, spalmabili) ne apportano in media 16 grammi/die (16,4 g per gli uomini e 15,7 g per le donne), le bevande dolci e i succhi di frutta complessivi 9 e 8 g/die per uomini e donne rispettivamente (per il 50% circa da succhi di frutta). La frutta fornisce, poi, circa 9 g/die di fruttosio, mentre il latte apporta in media poco più di 5 grammi al giorno di lattosio (4,6 g per gli uomini e 5,7 g per le donne).

“I risultati preliminari dello studio LIZ forniscono indicazioni molto significative” - ha affermato Ovidio Brignoli, vice-presidente Simg - siamo grati a The Coca-Cola Foundation per aver contribuito alla raccolta di dati statistici aggiornati e di grande utilità per proporre iniziative concrete. Siamo sempre più convinti del ruolo chiave che noi medici di medicina generale possiamo e dobbiamo giocare per favorire la diffusione di una vera cultura della prevenzione. Grazie alla nostra autorevolezza e al legame che abbiamo con i pazienti, possiamo davvero fare la differenza, agendo sul loro stile di vita e insegnando il valore della prevenzione”.
 

19 aprile 2013
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