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E-cig. È crisi? Il produttore: “Mercato tiene. Ma tra tasse e terrorismo mediatico rischi sono alti”

di Luciano Fassari

Dopo gli allarmi dei giorni scorsi lanciati da alcune aziende abbiamo chiesto a Umberto Roccatti, Ad di Puff, una delle principali aziende del settore e anche vicepresidente di Anafe, l’associazione dei produttori, se il giovane settore rischia un brutto risveglio dopo la crescita esponenziale degli ultimi anni.

26 AGO - L’ottovolante delle sigarette elettroniche. Potrebbe essere dipinto così l’ultimo anno per i produttori di e-cig. Si è passati infatti da un vero e proprio boom di vendite (nel 2012 il comparto ha realizzato un fatturato di circa 350 milioni di euro con l'apertura di circa 3.000 punti vendita e l'impiego di un totale di circa 4.000 persone, escluso l'indotto) ad una brusca frenata che rischia di affossare il giovane comparto. E le aziende puntano il dito contro la politica. Prima il divieto di vendita ai minori, poi la nuova tassa (imposta al consumo al 58,5% come per le sigarette normali con cui si pensa di ricavare 35 mln che dovrebbero andare a coprire parte delle risorse per evitare l’aumento dell’Iva), l’autorizzazione alla vendita solo per chi ha la licenza e divieto di promozione.
 
Tutte misure che in sostanza hanno o stanno equiparando le bionde hi-tech alle classiche contenenti tabacchi lavorati.
 
Ma i produttori, che sono già scesi in piazza contro le norme (soprattutto contro la tassazione) non ci stanno e lanciano un vero e proprio allarme. “Più che coprire il rinvio dell'aumento dell’Iiva, vi sarà di fatto in un clamoroso flop”. Così abbiamo chiesto ad Umberto Roccatti, ad di Puff, se veramente il settore rischia di scomparire.
 
 
 
Dottor Roccatti, come valuta l’allarme lanciato da alcune aziende del settore in merito ad un drastico calo dei fatturati dopo il provvedimento che prevede l’aumento delle imposte al consumo equiparando de facto le e-cig alle classiche sigarette?
Le previsioni di Ovale mi sembrano un po’ esagerate, anche perché il comparto è giovane ed è ancora difficile da analizzare. In alcuni casi, forse sulle ali dell’entusiasmo si sono aperti troppo esercizi ed è chiaro che i fatturati sono scesi. Vi erano alcuni paesi con 10.000 abitanti in cui sono stati aperti 10 negozi. Troppi anche per un comparto in ascesa.
 
 
Quindi niente crisi del settore?
Dai nostri fatturati abbiamo visto un calo nei mesi primaverili ma in estate siamo tornati a crescere. Il mercato sembra tenere è chiaro però che il decreto mutila uno sviluppo sostenuto del comparto e interviene con la sola intenzione di far cassa senza peraltro normare il settore. E in questo scenario c’è poi una parte dell’informazione e alcune lobbies che creano terrorismo mediatico e ingenerano confusione nei consumatori. Quindi qualche contraccolpo ce lo attendiamo.
 
 
Quali sono allora i rischi per il comparto?
Il pericolo più concreto è di farci scippare il business da altri nostri competitor internazionali. In Italia abbiamo un Know how sulla sigaretta elettronica all’avanguardia. Tassare il settore indiscriminatamente non porterà soldi all’erario e avvantaggerà altri Paesi.
 
 
In che senso parla di tassazione indiscriminata?
L’imposta al consumo del 58,5% non viene applicata solo per la nicotina, su cui siamo d’accordo, ma per tutte le componenti della sigaretta elettronica. Perché devo pagare un tassa così elevata per una semplice batteria a litio o per un cavetto usb? Questo è semplicemente assurdo. E poi il decreto non mette ordine nel settore, cosa da noi richiesta a gran voce.
 
 
Cioè?
Il provvedimento impone solo una tassa e poi si prevede che debba essere rilasciata una licenza ad hoc per la vendita. Ma nel merito non c’è scritto nulla. I consumatori non vengono tutelati. Ma soprattutto si tratta la sigaretta elettronica come quelle con tabacco ed è assurdo. Sono due cose differenti. Ma oltre all’Italia servirebbe una normativa europea. Pensiamo a chi acquista su internet da un altro Stato.
 
 
Molti consumatori però sono rimasti perplessi. Le e-cig in una prima fase sono state pubblicizzate come la panacea contro il vizio del fumo. Però, in presenza di nicotina anche le e-cig, in modo minore, provocano danni. Non crede sia il caso di fare mea culpa?
Quel tipo di pubblicità è stata il male del settore. Ci ha rovinato la faccia mediatica. Come Anafe abbiamo sempre rifiutato questo tipo di approccio. Per noi svapare è un modo alternativo di fumare (con una frazione di danno rispetto alle sigarette normali) e non abbiamo mai detto che serve a smettere. Ma un conto è questo un conto è trattare le e-cig come le sigarette classiche. Per noi il futuro sarà la sigaretta elettronica ma evidentemente c’è qualche lobby che vuole bloccare il settore.
 
 
Come pensate di agire ora?
Continueremo a batterci, coadiuvati dagli studi, per dimostrare la qualità dei nostri prodotti e far capire al Governo che non si può gettare a mare un nuovo business senza nemmeno sapere di cosa si tratta.
 
 
Luciano Fassari

26 agosto 2013
© Riproduzione riservata

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