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Scacco in tre mosse alla morte cardiaca improvvisa


L'arresto cardiaco è responsabile di 170 morti al giorno in Italia, pari al 10% dei decessi annui e del 50% di tutti quelli per malattie cardiovascolari.
Tomassini: “per contrastare l’emergenza serve massima diffusione della cultura dell’emergenza, percorsi di formazione diffusi e di facile accesso, distribuzione capillare dei defibrillatori esterni”.

27 OTT - Si ferma un cuore ogni 19 minuti in Italia a causa di arresto cardiaco improvviso, per un totale di 60 mila vittime ogni anno.
Meno del 2 per cento delle vittime di un arresto cardiaco infatti sopravvive all’evento. I sistemi tradizionali di soccorso, per quanto efficienti, poco possono di fronte a una condizione in cui l’intervento immediato è l’unica possibilità di ripristinare la normale attività cardiaca. Per ogni minuto di ritardo nell’intervento si riduce del 5-10% le possibilità di riavviare il cuore.
Per questa ragione la promozione di un’ampia diffusione dei defibrillatori automatici e semiautomatici esterni e della cultura dell’emergenza sono stati i temi al centro del dibattito dal titolo: “Defibrillazione precoce: tra qualità e integrazione”, tenutosi ieri a Roma presso la Sala Capitolare del Palazzo della Minerva del Senato e promosso dall’Associazione Parlamentare per la Tutela e la Promozione del Diritto alla Prevenzione, dall’associazione Conacuore Onlus e da Medtronic.
Un intervento deciso è infatti indispensabile per contrastare un evento che è responsabile del 10% dei decessi annui e del 50% di tutti quelli per malattie cardiovascolari.
“L’arresto cardiaco improvviso rappresenta un problema che incide in maniera rilevante non solo nella vita personale della vittima e dei familiari, ma anche a livello economico e sociale”, ha dichiarato il senatore Antonio Tomassini, aprendo i lavori del seminario. “La legge del maggio 2008, attualmente in fase di approvazione, si inserisce pertanto in un percorso di grande rilevanza sociosanitaria, partito nel 2001 e con fasi successive nel 2004 e 2005, mirato a ridurre il numero di vittime per arresto cardiocircolatorio, attraverso la regolamentazione dell’utilizzo extraospedaliero della defibrillazione precoce. Con l’ultimo Disegno di Legge si riconosce l’importanza di diffondere ulteriormente la cultura dell’emergenza - ha aggiunto Tomassini - ampliando il più possibile il numero soccorritori non medici, attraverso percorsi di formazione diffusi e di facile accesso con l’obiettivo di assicurare l’impiego in piena sicurezza dei defibrillatori esterni”.
Saper usare correttamente un defibrillatore semiautomatico esterno e apprendere le manovre di BLSD (Basic Life Support Defibrillation), cioé le operazioni da attivare in caso di perdita di coscienza dovuta ad arresto cardiaco, richiede un semplice corso di formazione di poche ore, a seguito del quale si ottiene l’autorizzazione all’utilizzo del dispositivo, senza la necessità di ulteriore esperienza medica. Tuttavia, il problema dell’addestramento della popolazione “laica” è uno dei nodi cruciali della situazione italiana: a oggi la legge prevede che i soggetti autorizzati a organizzare i corsi siano le ASL, le forze dell’ordine, il personale della rete del 118 e le associazioni di volontari che istituiscono rapporti privilegiati con questi enti. Un campo ristretto, che risente della disparità delle risorse economiche regionali e della sensibilità al problema delle singole realtà locali.
“Nel nostro Paese non esiste ancora una Legge nazionale di coordinamento della formazione degli operatori non medici - ha commentato Vincenzo Castelli, vicepresidente di Conacuore Onlus –  la nostra prima istanza, è che si estenda la base di coloro – onlus e associazioni di volontariato in primis -  che possano impartire corsi gratuiti di BLSD, previa autorizzazione da parte degli organi competenti. Poche ore in cui trasmettere istruzioni semplici, corrette e chiare per salvare vite umane. Inoltre, un secondo punto cruciale è il riconoscimento nazionale del diploma di operatore autorizzato: paradossalmente oggi, un diploma conseguito in una Regione potrebbe non essere considerato valido in un'altra, esponendo chi generosamente si prodiga in un soccorso così impegnativo, a potenziali rischi medico-legali, nonostante l’addestramento delle procedure segua Linee Guida valide a livello internazionale. Ci aspettiamo che il Disegno di Legge del maggio 2008 elimini questi paradossi e definisca i protocolli per individuare come allargare la base dei formatori.”
Infine, un argomento decisivo è la diffusione di defibrillatori nei grandi luoghi pubblici come gli aeroporti, le navi da crociera, i club sportivi, i supermercati e, soprattutto, le scuole.
“L’Italia è uno dei Paesi europei più arretrati nella cultura dell’emergenza: purtroppo chi nel nostro Paese resta vittima di un attacco cardiaco improvviso (circa 160 – 170 persone al giorno), difficilmente potrà, in futuro, raccontare la propria esperienza, poiché il tasso di sopravvivenza è del 2% e la maggior parte dei luoghi extraospedalieri non sono dotati di defibrillatori”, ha precisato Castelli. “Una situazione ancora più vergognosa, se confrontata con ciò che succede fuori dall’Europa”. 

27 ottobre 2010
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