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Lo sport per vincere le malattie rare


Lo sport può fare molto per sostenere le malattie rare. L’appoggio dei vertici del Coni e dei rappresentanti del mondo sportivo è arrivato nel corso della presentazione del libro “Noi, quelli delle malattie rare” della giornalista del Corriere della Sera, Margherita De Bac.

10 NOV - La conquista del podio è nel Dna dello sport. Ma le conquiste più grandi sono quelle che si ottengono facendo capire agli altri l’importanza dello sport per ottenere nuovi importanti risultati, in primis sul fronte della salute. È questo il messaggio lanciato da Gianni Petrucci presidente del Coni, nel corso della presentazione a Roma del libro “Noi, quelli delle malattie rare” di Margherita De Bac. Il secondo volume scritto dalla giornalista del Corriere della Sera “dedicato alle patologie di cui nessuno parla mai, perché non hanno cure, farmaci, attenzioni, leggi”, e il cui ricavato sarà interamente devoluto proprio alla lotta contro queste malattie. Per Petrucci lo sport può offrire un contributo essenziale per sostenere chi soffre, in particolare le persone affette da malattie rare che ogni giorno combattono con ostinazione. Un convincimento sposato da Mario Pescante, deputato del Pdl e vice presidente del Cio: “Nel mondo dello sport un grande insegnamento ci arriva dai disabili, che hanno dimostrato di avere tenacia e voglia di lottare. Una forza che i malati rari posseggono, come emerge con chiarezza dalle pagine del libro di Margherita De Bac. Per questo accostare lo sport alla lotta per la vita è di estrema importanza”.
E lo sport può fare molto anche sul fronte della ricerca. Ne è convinto Mario Sabatelli, neurologo e membro della Commissione medico scientifica per la ricerca sulla Sla della Federazione italiana gioco calcio. “Dobbiamo pensare allo sport come volano per la ricerca scientifica – ha detto Sabatelli –, come uno strumento idoneo per offrire un importante aiuto anche alle persone affette da patologie ancora poco conosciute”. Un esempio su tutti, l’impegno della Figc verso la ricerca sulla Sla. Una malattia che sembra colpire soprattutto gli sportivi, ma non solo. “La Sla non è solo la malattia del calcio – continua Sabatelli – è una patologia complessa nella quale è verosimile che più fattori ambientali, fra i quali probabilmente anche lo sport e i traumatismi insieme a tanti altri, possono funzionare da innesco; anche se la predisposizione genetica è un fatto acclarato. Partendo proprio dagli studi sulla Sla possiamo ampliare il campo delle nostre ricerche e guardare anche ad altre malattie”. Soprattutto a quelle rare. “La malattia dà solitudine – ha concluso il neurologo – ma la malattia rara crea smarrimento. Per questo dobbiamo incentivare ancora di più la nostra opera di ricerca e di sostegno”.

10 novembre 2010
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