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Eutanasia. Adinolfi rilancia il video shock di Pierre Barnérias. Un'ora di testimonianze su cosa accade in Belgio: “Troppo potere ai medici. E gli abusi non mancano”


Il filmato relizzato nel 2013 dal giornalista francese mentre anche la Francia iniziava a discutere sulla legge per la "dolce morte". Raccolte decine di testimonianze di parenti, medici, infermieri, filosofi e politici. Ne emerge un quadro inquietante con molti casi di sospetto abuso della legge belga che autorizza l'eutanasia dal 2002, ampliata nel 2014 anche ai bambini. IL VIDEO

13 GEN - Oggi è in edicola il primo numero del quotidiano “La Croce” diretto dall’ex parlamentare PD Mario Adinolfi, ultimamente avvicinatosi a posizioni prossime a quelle della Chiesa Cattolica su temi scottanti di bioetica come l’aborto, le nozze gay e l’eutanasia. E proprio alla “dolce morte” Adinolfi ha voluto dedicare uno spazio ad hoc nel sito web del suo nuovo giornale, in polemica con il recente video pro eutanasia dell'Associazione Luca Coscioni, definito da Adinolfi "un filmatino propagandistico e superficiale di tre minuti con le starlette", rimettendo in onda, con sottotitoli in italiano, un film documentario realizzato nel 2013 dal giornalista francese Pierre Barnérias, che affronta, attraverso decine di testimonianze di parenti, medici, infermieri, filosofi e politici, la realtà di quanto sta accadendo in Belgio dopo l’approvazione nel 2002 della legge che consente di praticare l’eutonasia a determinate condizioni.
 
Condizioni che, questa la tesi che guida tutto il racconto di Barniéras, sono venute a mancare o addirittura sono state volutamente aggirate, in moltissimi casi. Un filmato di quasi un’ora che racconta in presa diretta attraverso la viva voce dei protagonisti alcuni specifici episodi nei quali i parenti delle persone sottoposte ad eutanasia nutrono seri dubbi sulla legittimità delle procedure seguite da medici e infermieri.
 
E soprattutto i medici sembrano essere i maggiori accusati di troppa leggerezza nell’applicazione della legge che al contrario prevede un percorso molto rigoroso per il consenso.
 
Nel film escono ed entrano storie e persone, inframezzate dal parere di esperti di diverso avviso, che, in ogni caso, alla fine della visione lascia indubbiamente molti dubbi alo spettatore.
 
Si tratta evidentemente di un film “di parte” e Barnérias non nasconde infatti tutti i suoi dubbi sulla legge belga che al momento in cui il suo documentario andò in rete sul web (fu infatti rifiutato da diverse reti TV cui era stato proposto), sembrava dovesse essere il riferimento per una legge simile in Francia, attualmente ancora all'attenzione del Governo e che già compariva nel programma elettorale di Hollande.
 
"Sono rimasto perplesso dal rifiuto delle televisioni di mandare in onda la mia inchiesta - ha affermato in un’intervista Barnérias -. Ci ho messo due anni, dal 2011 al 2013, e ho raccolto testimonianze incredibili, di veri e propri omicidi mascherati. Il mio obiettivo non era quello di bloccare la legge, ma solo di far riflettere sulla libertà di morire e sul potere incontrastato di cui godono i medici".
 
E in effetti, ma ovviamente non abbiamo un film che racconti la storia in modo diverso per poter fare un confronto, il quadro che emerge sull’eutanasia in Belgio è quantomeno inquietante. Si racconta, ad esempio, della morte della madre di Marcel Ceuleneur, un ex sindacalista dichiaratamente ateo e favorevole in linea di principio all’eutanasia: una donna che, secondo il figlio, non era in fase terminale, anzi, non era neanche malata, salvo gli acciacchi dell’età avanzata, e non soffriva di dolori insopportabili. Eppure, racconta Ceulaneur, "le hanno fatto l’eutanasia, anche se la sua situazione non soddisfaceva i criteri stabiliti dalla legge".

Marcel ha provato a chiedere di far chiarezza. "Primo ho scritto a due ministri della Giustizia, che mi hanno ignorato, poi ho chiesto alla commissione di controllo di indagare ma non hanno fatto nulla". Per questo si è rivolto ai tribunali, ma dopo quattro anni di procedure i giudici hanno rigettato la sua richiesta: la madre aveva espresso il suo consenso al “trattamento”. Ma per lui continua ad esser "tutta una farsa".

Secondo la legge belga solo un malato in fase terminale e senza speranze cliniche, attraverso ripetute domande scritte, dopo la valutazione di un secondo medico e di una équipe di infermieri, può ottenere l’eutanasia. Secondo quanto dichiarato nel documentario da Jacqueline Herremans, membro della commissione incaricata di verificare la legalità delle eutanasie, su 6000 segnalazioni ricevute nessuna è risultata difforme dai criteri richiesti dalla legge. "Non posso confermare che tutte le dichialazioni erano compilate con la stessa cura e adeguatezza - ha raccontato Herremans - ma non c'è n'è nessuna che per noi giustificasse la trasmissione del caso alla Procura".  E' la stessa commissione però a riconoscere di non avere "la possibilità di valutare la proporzione del numero di eutanasie realmente praticate". La Commissione, infatti, valuta i rapporti inviati dai medici e non è in grado di fare controlli indipendenti.

Una realtà confermata anche da Etienne Montero, docente alla facoltà di Diritto di Namur, che racconta come non sia possibile "controllare l’eutanasia, l’ha ammesso la stessa Commissione di controllo. È chiaro che un medico che va contro la legge non si denuncia da solo: o non riporta alla Commissione il caso di eutanasia o riempie male i moduli o li falsifica. Secondo uno studio recente, solamente in un caso di eutanasia su due è stato raccolto il consenso scritto dei pazienti. Questo è illegale. L’ideologia alla base di questa legge è il rispetto dell’autonomia e dell’autodeterminazione, ma è evidente che viene contraddetto ogni giorno nei fatti".

Nel video, infine, sono gli stessi addetti ai lavori a raccontare vicende che lasciano interdetti. Uno dei sostenitori della legge, il prof. Dominique Lossignol, specialista in medicina interna e cure palliative, spiega le condizioni richieste per l'eutanasia: "Può essere richiesta da un paziente che si trova di fronte ad una malattia incurabile che è cosciente, maggiorenne, per il quale le sofferenze sono senza fine. La malattia incurabile sottende che non vi sia speranza di migliorare la situazione con dei trattamenti efficaci e che il paziente faccia una domanda ripetuta, serena e senza pressioni esterne. La domanda richiede parecchio tempo per assicurarsi che tutto sia ben chiaro: è chiaro che non praticheremmo mai un'eutanasia se il paziente non la richiede".

La versione del medico viene però smentita da Claire-Marie Le Huu, infermiera belga, che conferma in video la leggerezza con cui viene somministrata la 'buona morte': "Ho assistito a tanti casi di eutanasia somministrata in modo illegale. In uno dei primi, un anestesista una volta mi ha chiesto di aiutarlo con una persona che aveva chiesto di morire. Io mi sono rifiutata perché quell’uomo non soffriva assolutamente in maniera insopportabile e non c’erano i requisiti previsti dalla legge. L’ho detto ai miei capi, ma dalle loro risposte evasive ho capito che era una pratica consolidata. Quell’uomo alla fine è morto e come lui tanti altri. Spesso non c’è nessuna richiesta scritta: si chiede alle persone tre volte se vogliono l’eutanasia invece che le cure palliative, e la loro risposta orale è considerata sufficiente".

Un'altra infermiera, Bernadette Wouters, ha testimoniato: "Ho visto dei pazienti che sono stati uccisi. Come tutte le infermiere della mia età mi chiedo dove mi farò curare quando ne avrò bisogno, perché non mi fido più né del sistema né di chi cura". 
 
 

13 gennaio 2015
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