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Gli fu chiesta la revisione della patente perché gay. Ora la Cassazione dispone maxi risarcimento


Durante la visita di leva, un giovane dichiarò la propria omosessualità. E la Motorizzazione chiese un nuovo controllo per "disturbo dell'identità sessuale". In secondo grado gli erano stati riconosciuti 20mila euro. Ma per la Cassazione è troppo poco. "Nonostante il malaccorto tentativo della Corte territoriale di edulcorare la gravità del fatto, parte lesa vittima di reiterata omofobia". 

22 GEN - "Un vero e proprio comportamento omofobico" oltre che "intollerabilmente reiterato" da parte della pubblica amministrazione nella vicenda della patente sospesa a un giovane che si era dichiarato gay alla visita di leva. Queste le motivazioni, riportate dall’Ansa, alla base della sentenza numero 1226 della Cassazione che ha disposto un congruo risarcimento per un ragazzo cui era stata revocata la patente in quanto si era dichiarato gay alla visita di leva.

I giudici della Terza sezione civile hanno giudicato troppo bassa la cifra di 20mila euro, stabilita dalla Corte d’Appello di Catania, con cui Ministero dei Trasporti e della Difesa avrebbero dovuto risarcire il ragazzo. Durante la visita per il militare, avvenuta presso l’Ospedale di Augusta nel 2001, l’allora ventenne aveva rivelato la propria omosessualità. Dopo essere stato esonerato dal servizio di leva, la Motorizzazione civile di Catania gli aveva notificato il provvedimento di revisione della patente di guida, disponendo una nuova visita medica di idoneità.

Il ragazzo fece allora ricorso al Tribunale per ottenere un risarcimento di mezzo milione di euro, mostrando il certificato con la diagnosi, "disturbo dell'identità sessuale", con la quale era stata avviata la pratica. In primo grado la richiesta fu accolta, abbassando però la somma a 100mila euro. Dopo l'appello dei due ministeri, la cifra era stata abbassata a 20mila euro poiché i giudici ritennero "esorbitante" la somma riconosciutagli in primo grado, dato che la discriminazione sessuale e la concorrente violazione della "si erano risolte unicamente nell'apertura delle procedura di revisione della patente" e "non vi era stato pubblico ludibrio".

Ora la Cassazione ha ribaltato la decisione di Appello. “Nonostante il malaccorto tentativo della Corte territoriale di edulcorare la gravità del fatto, riconducendola ad aspetti amministrativi - scrive la Suprema Corte - la parte lesa è stata vittima di un vero e proprio (oltre che reiterato) comportamento di omofobia".
 

22 gennaio 2015
© Riproduzione riservata

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