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Sla. Per i pazienti rinunciare alle cure è un diritto. “Ma non chiamatela eutanasia”


Le persone con Sla hanno "un'incredibile voglia di vivere" e tentano "con forza di opporsi" alla malattia. Ma quando gli interventi sanitari non funzionano, il paziente deve essere "libero di rinunciarvi, anche se in un primo momento aveva detto sì ai trattamenti”. Questa la posizione espressa dall'Aisla in un documento su cui pazienti ed esperti si confronteranno in diretta web il 29 maggio.

27 MAG - “La nostra missione è quella di supportare le persone con Sla e i loro familiari con l’obiettivo di ottenere la miglior qualità di vita possibile, promuovendone la tutela, l’assistenza e la cura. Per questo sentiamo fermo il dovere di non eludere questioni, certamente complesse e spinose, ma indiscutibilmente legate alla qualità di vita e alla dignità di ogni persona che, suo malgrado, si trova costretta a convivere con la Sla. La questione di fondo, che vogliamo affrontare, riguarda la libertà delle scelte della persona malata rispetto al fatto di accettare o meno ai trattamenti che la scienza oggi - con tutti i suoi oggettivi limiti - riesce a mettere a disposizione”. Con queste parole, Massimo Mauro, presidente di AISLA, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, introduce al nostro giornale il documento elaborato dalla Commissione Medico Scientifica dell’Aisla su “Le scelte terapeutiche della persona affetta da SLA”.

Secondo il Comitato, composto dai maggiori esperti italiani sulla Sla, dalle persone con Sla e dai loro familiari, “c’è un grande equivoco che va subito chiarito. La rinuncia ai trattamenti che la persona considera ad un certo punto sproporzionati non si configura come eutanasia. Va detto con chiarezza che a provocare la morte, nel primo caso, è la malattia mentre, nel secondo, è la somministrazione di una sostanza letale”.

Premesso questo, “solo la persona malata”, secondo l’Aisla, “può, di fatto, valutare se gli interventi sanitari che vengono proposti sono proporzionati alla propria condizione e quindi non lesivi della propria dignità e della propria concezione di qualità della vita”. Diventa quindi rilevante da un lato il dovere del sanitario di informare il malato e di ottenere il suo consenso o dissenso alle procedure, e dall’altro il diritto del malato di decidere a quale trattamento sanitario sottoporsi o non sottoporsi. Ma, sottolinea il Comitato, questa comunicazione “non si realizza in un unico momento”. Si tratta, piuttosto, di “un processo che si svolge e si sviluppa ad ogni incontro tra la persona malata e il personale sanitario che ne ha in carico la cura e l’assistenza, ciò che si definisce presa in carico”. Del resto, osserva ancora il Comitato “ prendere decisioni è un processo dinamico, che può essere soggetto a cambiamenti” che “l’équipe curante deve essere pronta ad accogliere”.

Per l’Aisla, infatti, la persona malata può a un certo momento della sua storia considerare che i mezzi dapprima accettati possano non essere più adeguati alla sua condizione. Se l’adeguatezza di quei mezzi per il malato è cambiata, e ciò che prima era sostenibile ora non lo è più, la persona malata deve poter avere il tempo per ridiscutere, riflettere e ritrovare su un piano diverso una decisione che possa anche includere la decisione di rinunciare a quei mezzi prima ritenuti adeguati per lui. “Dal punto di vista etico – osserva il Comitato - non ha una valenza diversa rifiutare una procedura (ausili, nutrizione enterale, ventilazione meccanica) o rinunciarvi dopo averla  accettata nel momento in cui non è considerata più adeguata, in quanto i mezzi scelti non sono il fine per cui sono stati scelti e non
sono in grado di per sé di funzionare”.

E poiché la SLA può evolvere e impedire al malato di esprimere la propria volontà per la perdita assoluta dei movimenti volontari e/o per il deterioramento cognitivo, la Aisla chiede che la persona malata sia messa nelle condizioni di poter esprimere le proprie volontà in una fase precedente anche attraverso la sottoscrizione di specifiche dichiarazioni anticipate di trattamento. “Tale pianificazione anticipata dei trattamenti dovrebbe essere espressa in un documento condiviso con l’equipe curante o con la nomina di un rappresentante (amministratore di sostegno). L’equipe curante deve quindi discutere i mutamenti del quadro clinico e delle diverse tematiche conseguenti con il malato ed eventualmente con le persone da lui indicate, in un arco di tempo sufficiente per consentire una scelta nel pieno delle risorse psico-emotive e psiche disponibili, e con la consapevolezza che la stessa potrà essere modificata in qualunque momento”.

Per la Aisla “vi è la chiara percezione che non vi siano ostacoli di natura giuridica, deontologica o etica perché questa prospettiva sulle scelte di fine vita possa essere accettata e messa in pratica. La nostra Costituzione contiene tutti gli elementi per definire come il consenso ai trattamenti si configuri come un diritto inviolabile della persona. E’ altrettanto chiaro come per la rinuncia ai trattamenti si rimane pur sempre nell’ambito della disponibilità e del consenso/rinuncia al trattamento terapeutico. Non vi è quindi alcuna necessità di leggi ad hoc”.

Secondo l’Aisla, dunque, “come sempre accade nella storia delle lotte contro le discriminazioni, siano esse di razza, di genere, sociali, o, come nel nostro caso nei confronti di persone rese deboli dalla malattia, il vero grande ostacolo è l’ignoranza e le sue conseguenze, che si possono chiamare pregiudizi o falsi concetti” ed è contro questi che l’Associazione vuole intervenire, anche attraverso il documento e il confronto costante con gli esperti e la società.

Proprio a questo scopo, e alla vigilia della XIV Giornata nazionale del sollievo, dedicata alla cure palliative e in programma il 31 maggio, l’Aisla promuovera un webinar durante il quale Mario Sabatelli, responsabile del Centro SLA del Policlinico universitario A. Gemelli e presidente della commissione scientifica di AISLA, e Daniela Cattaneo, medico palliativista del Centro di ascolto di AISLA, svilupperanno i temi affrontati nel documento. L’appuntamento è venerdì 29 maggio dalle 14.30 alle 15.30.

Sono previsti contributi video di quattro revisori del documento di AISLA: Antonio G. Spagnolo ordinario della cattedra di bioetica e direttore dell’Istituto di bioetica presso la scuola di medicina “A. Gemelli” - Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma; Camillo Barbisan, bioeticista, Azienda ospedaliera di Padova; Carlo Oliveri, anestesista rianimatore presso il Reparto di terapia intensiva dell’Azienda ospedaliero-universitaria “Maggiore della Carità” di Novara e Simone Penasa, costituzionalista dell’Università di Trento.

Il webinar, che sarà in diretta, consentirà di interagire con gli esperti.
 
Due sono le modalità per partecipare: online oppure in sala presso la Fondazione Filarete (Milano, viale Ortles 22).
Per iscriversi online: info@aisla.it

27 maggio 2015
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