Libero sulle liberalizzazioni in farmacia: "Farmacie rovinate per fare un regalo alle Coop"
Un’ampia inchiesta dell’edizione nazionale del quotidiano Libero sulla liberalizzazione dei medicinali di fascia C. Per il quotidiano diretto da Feltri e Belpietro l'ipotesi, basata su “motivazioni pretestuose”, creerebbe il monopolio dei farmaci nelle mani della grande distribuzione e delle multinazionali e metterebbe in una crisi senza uscita la maggior parte delle farmacie tradizionali. Senza alcun vantaggio per i cittadini.
12 MAG - “Farmacie rovinate per fare un regalo alle Coop”. Si intitola così la grande inchiesta a firma di Attilio Barbieri del quotidiano
Libero e pubblicata in quattro puntate, tra il 5 e l’8 maggio. Perché “qualche non meglio identificata ‘manina’ – scrive
Libero – potrebbe inserire in uno dei decreti di prossima approvazione una norma destinata a disarticolare il sistema delle farmacie” aprendo il mercato delle parafarmacie alla vendita dei medicinali di fascia C, cioè quelli vendibili solo su ricetta medica ma intermanete a carico del paziente. Ma “gli argomenti utilizzati per dimostrare l’inevitabilità della liberalizzazione”, secondo il quotidiano diretto da Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro, sono “pretestuose”. Il possibile calo dei prezzi, infatti, non ci sarebbe, perché – ricorda il quotidiano – il prezzo dei farmaci di fascia C è deciso per decreto e quindi uguale per tutti. Anche l’annunciato aumento dei posti di lavoro per i farmacisti non trova ragione, perché i laureati in farmacia senza lavoro, a tre anni dall’abilitazione, “sono appena il 4,5%”. “Semmai, più che creare nuovi posti di lavoro, quelli esistenti verrebbero sposta: i farmacisti alle dipendenze delle farmacie tradizionali si trasferirebbero in parte alle parafarmacie e nei corner della grande distribuzione, favorendo tra l’altro il concentramento del servizio”. Questo, osserva Libero, con un “effetto sgradito per gli assistiti”. Perché “ove a decidere è solo ed esclusivamente la logica di business, le aperture si concentrano nelle zone più redditizie: i quartieri centrali e semi centrali delle città, i grandi centri commerciali, le stazioni e in genere le zone più trafficate”, dove c’è maggiore concentrazione di commercio. E cosa accadrà nei quartieri disagiati e di periferia, così come nelle zone rurali, “dove si fanno bem pochi affari”? Lì rimarrebbero le farmacie tradizionali, “ammesso che riescano a stare in piedi”, osserva il quotidiano milanese.
La pianta organica, nata per distribuire la farmacia in base al numero di abitanti, verrebbe completamente scardinata. Difficile pensare che questo possa rappresentare un vantaggio per i cittadini delle aree periferiche e rurali, osserva
Libero, ricordando l’allarme lanciato recentemente su questo tema dall’Unione Consumatori, ha prospettato il rischio di una vera e propria “desertificazione” Nei 3 mila Comuni italiani con meno di 1.500 abitanti, le farmacie potrebbero scomparire del tutto, lasciando 2 milioni e 300 mila italiani senza medicinali.
Ma nell'inchiesta non si parla solo di ipotetiche conseguenze future per il le farmacie. Si parte infatti dalle “lenzuolate” dell’ex ministro dello Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani, che oltre 4 anni realizzò la liberalizzazione dei farmaci da banco, quelli cioè acquistabili senza ricetta, che portò alla creazione di due nuove possibilità distributive, al di là delle farmacie, e cioè le parafarmacie e i corner dedicati nei supermercati. I benefici attesi sarebbe dovuti essere consistenti. L’obiettivo dichiarato era infatti quello di far calare notevolmente il prezzo dei farmaci ma, secondo quanto emerso dall’inchiesta, i fatti hanno dimostrato che “non furono i cittadini a beneficiare della liberalizzazione, visti i prezzi pressoché invariati, quanto piuttosto la grande distribuzione ed in particolare le Coop”.
Insomma, quale sarebbe il reale risultato di una nuova liberalizzazione del sistema della farmacie? “Consegnare il mercato ad alcuni potentati, le Coop e soprattutto alcune multinazionali delle medicine, tedesche e inglesi”. E alle osservazioni del
Forum nazionale delle parafarmacie che insiste sui vantaggi di questa ipotesi, contrappone le parole del
segretario della Fofi, Maurizio Pace, che proprio rispondendo al Forum nazionale della parafarmacie, ha evidenziato come la “farmacia selvaggia” “non potrebbe che richiamare in forze soggetti economici ben più potenti del singolo farmacista che, a mio avviso, possono condurre con ben altri mezzi una guerra sul prezzo. Così, alla fine – conclude Pace, e conclude l’inchiesta di
Libero -, depauperato il servizio farmaceutico pubblico, battute le parafarmacie sul piano della concorrenza avremmo una situazione in cui i farmacisti potranno aspirare al ruolo di dipendente di una multinazionale della farmacia non convenzionata”.
12 maggio 2011
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