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Diabete: è polemica tra le associazioni su una pubblicità shock


Una campagna lanciata dalla Fondazione Italiana Diabete Onlus per promuovere la ricerca attraverso la donazione del 5 per mille non piace alle altre associazioni. Che accusano: usa un linguaggio brutale e nega la normalità dei bambini diabetici.

13 MAG - “Un bambino, che si immagina affetto da diabete mellito di tipo 1 (la forma più grave), che vive sì una vita vicina alla normalità, ma con una maschera da adulto. Tale maschera rappresenta tutte le difficoltà, i problemi e i rischi che il bambino quotidianamente affronta nella sua “giornata-viaggio. Al termine della “giornata”, la mamma – che qui impersona la Ricerca – toglie finalmente la maschera al bambino. Purtroppo, l’immagine forzatamente sfumata perché ad oggi non esiste una Cura definitiva per il diabete, pertanto l’azione della Madre-Ricerca è interrotta. Scopo della campagna è sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti di una patologia molto grave e spesso sottovalutata, affinché sia possibile porre in atto energiche azioni a sostegno della Ricerca”.Così Fondazione Italiana Diabete Onlus sul proprio sito illustra la campagna, realizzata dal’agenzia Armando Testa, che ha lanciato poco più di una settimana fa per promuovere la ricerca attraverso la donazione del 5 per mille. E che ha immediatamente scatenato polemiche tra le altre associazioni attive nel sostegno dei pazienti affetti dalla patologia.
“La campagna di sensibilizzazione promossa dalla Fondazione Italiana per il Diabete Onlus ha avuto molta eco nel “mondo del diabete”, provocando reazioni contrapposte. Questo perché diversi possono essere i punti di vista: da un lato, la tragedia della malattia e la voglia di gridare a tutti il dolore che provoca quando colpisce un bambino; dall’altro, il desiderio di superare il dolore e ricostruire un livello di normalità, seppur con un enorme fardello: il desiderio di portare il bambino a crescere con gli altri, studiare, praticare sport, inserirsi nel contesto sociale e lavorativo. Sono punti di vista del tutto legittimi, in quanto rappresentano la soggettività con la quale ciascuno si pone davanti a un simile problema”, ha commentato in una nota l’associazione Diabete Italia. “Ciò che non si può condividere è l’utilizzo di un linguaggio brutale, come in questo caso, per veicolarli. Così brutalmente, così crudamente certamente si scuote chi è sano, chi non ha il diabete e non sa che cosa voglia dire. Ma si pensa a quale impatto si possa provocare in un bambino diabetico o nei suoi genitori? Certo - aggiunge l’associazione - la ricerca è fondamentale e il bisogno di finanziarla reale? Ma il fine giustifica sempre i mezzi?”.Inoltre, ha affermato Diabete Italia, “la convivenza con la malattia o meglio l’accettazione consapevole della malattia permette di superare barriere impensabili: molti giovani, seppur “legati” alla terapia insulinica, riescono dove moltissimi coetanei non sono riusciti: campioni olimpici, sportivi professionisti, persone affermate e stimate nella vita e nel lavoro. Ma soprattutto molti di questi adolescenti diventano papà e mamme, equlibrati e sereni: cioè persone assolutamente uguali a ogni altra”.
Tuttavia, è innegabile - conclude l’associazione che “vi sono anche ragazzi diabetici con la maschera, come nello spot, circondati da famiglie con la maschera, che vivono nel dolore e nel sentirsi diversi. Sono pochi, per fortuna, questi ragazzi e queste famiglie: ma a queste persone che effetto può fare un simile spot? Non hanno certamente bisogno di vedere quella rappresentazione, che fa male a noi, ma ancor di più a loro, perché li rende ancora più naufraghi. Hanno bisogno di altre risposte, di messaggi di attesa verso il futuro certamente, ma sicuramente di speranza e di normalità”.
 


13 maggio 2011
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