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Sangue. Censis: “Precarietà e fragilità sociale minano la cultura della donazione”


Lo rileva un’indagine presentata stamani al Confresso nazionale della Fidas, la Federazione delle associazioni di donatori di sangue. Il 74,1% dei donatori di sangue sono infatti lavoratori, mentre, secondo il Censis, chi è disoccupato e i più fragile, socialmente ed economicamente, “non si sente nella posizione di poter dare”.

13 MAG - “Il crescere e il dilagare dell'incertezza nella società possono minare i fondamenti stessi della cultura della donazione di sangue”. Ad affermalo è stata Carla Collicelli, vice direttore del Censis, presentando stamani un’indagine commissionata dalla Fidas, la Federazione delle associazioni di donatori di sangue, in occasione del Congresso nazionale Fidas in corso a Parma.
Da quanto emerge dall’indagine, infatti, che a donare sono soprattutto le persone attive nel tessuto produttivo del Paese. Mentre l'attitudine alla donazione è, più tenue in quelle fasce di popolazione che si percepiscono più deboli, sotto il profilo non solo sanitario, ma soprattutto sotto quello sociale ed economico: chi in generale rimane fuori dal mondo del lavoro, non riesce a sentirsi nella posizione di poter dare.
Passando ai numeri, i donatori di sangue lavoratori rappresentano il 74,7% di tutti i donatori, mentre gli inattivi (casalinghe, pensionati, studenti) rappresentano il 21%. Il Censis osserva poi tra i donatori una minore incidenza di adulti tra i 45 ed i 65 anni, che rappresentano il 32,7% del campione ma sono il 40,7% della popolazione italiana di riferimento. I giovani sotto i 29 anni, invece, sono il 20,3% dei donatori, a fronte del 18,4% di tutta la popolazione. E benché di norma le donne possano donare sangue intero non più di 2 volte l’anno (contro le 4 degli uomini), si sottolinea l'aumento delle donatrici resta un obiettivo su cui insistere: oggi solo il 31,2% dei donatori periodici è costituito da donne, contro il 68,8% di uomini
Quanto alle ragioni che inducono alla prima donazione, al di là dell'altruismo, prevale la possibilità di tenere sotto controllo il proprio stato di salute (60,3% del campione); seguita dall’avere amici che donano regolarmente (42,8%) e dalla consuetudine familiare per il 32,8%.
“Una fotografia dello stato della donazione in Italia, – ha commentato Aldo Ozino Caligaris, presidente nazionale della Fidas -, che ci offre indicazioni importanti riguardo ai settori dove andare ad operare e sulle modalità con cui attrarre nuovi soggetti alla donazione del sangue”.
 

13 maggio 2011
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