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Roma. L'ospedale Fatebenefratelli diventa “casa di vita”. Qui nacque il “morbo di K”, la malattia inventata che salvò gli ebrei


Questo il titolo conferito dalla Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg in memoria del salvataggio di ebrei durante le persecuzioni naziste che fu compiuto al suo interno. Nel nosocomio romano Giovanni Borromeo, il 16 ottobre 1943, nascose decine di ebrei scampati alla retata nazista. Per loro inventò il morbo K, una malattia infettiva estremamente pericolosa. Le SS, temendo il contagio, non fecero mai irruzione nel reparto di isolamento. 

25 GIU - Ospedale Fatebenefratelli di Roma "Casa di Vita". Questo il titolo attribuito al nosocomio dell'Isola Tiberina dalla Fondazione internazionale Raoul Wallenberg, per ricordare il contributo della struttura che salvò decine di ebrei durante le persecuzioni naziste. A patrocinare l’evento, svoltosi lo scorso 21 giugno alla Sala Assunta dell’ospedale, la Comunità ebraica di Roma e la Fondazione Museo della Shoah.
 
“Chi salva una vita, è come se avesse salvato il mondo intero”, recita un proverbio talmudico. Perché esso sussiste soltanto per merito delle azioni dei "Giusti" che vivono in mezzo a noi, tra le nazioni del mondo. E tra questi figura Giovanni Borromeo, il medico che, il 16 ottobre 1943, nascose decine di ebrei scampati alla retata nazista, in un reparto del nosocomio. Mettendo a rischio la propria vita, Borromeo riuscì a salvare quella di oltre un centinaio di ebrei romani, inventando una malattia per la quale ricoverarli, che chiamerà Morbo di K (K sta indifferentemente per Kesserling o per Kappler), con i suoi sintomi, il suo decorso e, soprattutto, il suo temuto contagio. 
 
Aveva i connotati tipici della malattia neurodegenerativa, con una fase iniziale di convulsioni e in alcuni casi di demenza, per poi degenerare, nelle fasi successive, nella paralisi completa degli arti, fino alla morte per asfissia. Il morbo sarebbe stato estremamente contagioso, veicolato da un virus. Le SS, temendo il contagio, non fecero irruzione nel reparto di isolamento. Al morbo di K fu dedicato un intero padiglione clinico dell’ospedale, in cui furono ricoverati sotto falso nome ebrei e polacchi, in gruppi non troppo numerosi. Restavano qualche giorno, in attesa che una tipografia nel vicino quartiere di Trastevere producesse di nascosto documenti falsi con cognomi cattolici. Con i nuovi documenti i fuggitivi, che venivano dichiarati morti dall’ospedale, venivano in realtà nascosti nei conventi. Con la liberazione di Roma e con l’arrivo degli Americani, l’Ospedale Fatebenefratelli, ormai dimessi i pazienti affetti dal Morbo di K (tutti guariti), torna alla sua normale attività. Nel 2004 Yad Vashem ha riconosciuto Giovanni Borromeo Giusto tra le Nazioni.
 
Presenti alla cerimonia anche due delle persone sopravvissute grazie al rifugio offerto presso l’ospedale, Gabriele Sonnino e Luciana Tedesco, che hanno svelato la targa in un cortile dell’ospedale insieme al vicepresidente Operativo dell’ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina Fra Giampietro Luzzato. “Oggi ricordiamo una storia di quotidiana devozione e straordinario coraggio che rispecchia nostra filosofia ispirata al valore dell’ospitalità, quella di rendere l’ospedale un luogo di accoglienza per tutti”, le parole di Luzzatto.
 
Giovanni Rodriquez

25 giugno 2016
© Riproduzione riservata

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