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IAS 2011 verso la chiusura. Sulla sconfitta dell’Hiv cauto ottimismo


Per la prima volta si può pensare realisticamente a una cura o a un vaccino per l’Hiv, ma serve rafforzare lo sforzo in ricerca e ampliare ulteriormente l’accesso ai trattamenti, soprattutto nelle categorie più vulnerabili.

20 LUG - “Quindici anni fa, nemmeno gli scienziati più ottimisti si pronunciavano in merito alle prospettive di una cura o un vaccino per Hiv/Aids. Oggi, si può tornare a sperare che la remissione del virus possa essere un obiettivo realistico”. Così, Elly Katabira,  presidente di IAS 2011 e dell’International AIDS Society ha introdotto l’ultima giornata del congresso IAS, all’insegna dell’ottimismo, certo, ma fortemente condizionato. Una cura per l’Hiv/Aids non è dietro l’angolo, ma è un obiettivo possibile. Purché rimanga forte l’impegno nella ricerca e sia affiancato da strategie di contenimento dell’infezione, soprattutto nei Paesi a basso reddito.“Anche se stiamo vivendo un momento entusiasmante dal punto di vista scientifico - ci ha tenuto però a precisare Stefano Vella, co-presidente locale di IAS 2011 e Direttore del dipartimento del farmaco all’Istituto Superiore di Sanità - non possiamo permetterci di distogliere l’attenzione dall’immenso divario che ancora separa Paesi nella messa in atto di programmi di prevenzione e trattamento dell’infezione da Hiv. C’è bisogno di una leadership che affronti in maniera più coraggiosa la sfida per ridurre il contagio tra persone che fanno uso di droghe per via endovenosa. Per troppo tempo la vulnerabilità di questo gruppo di persone è stata lasciata ai margini dei programmi di prevenzione, e questo atteggiamento oggi , semplicemente, non è più tollerabile”.
“Analogamente – ha proseguito Vella -, non raggiungeremo mai gli Obiettivi del Millennio per quanto riguarda la salute  materno-infantile fino a quando i diversi Paesi, i finanziatori internazionali e le agenzie intergovernative non deciderrano di intensificare gli sforzi. È indubbio che nell’ultimo decennio siano stati fatti passi avanti, ma ci sono ancora troppe donne e troppi bambini che muoiono inutilmente per ragioni prevenibili ed evitabili. La cura, il trattamento, e la prevenzione devono essere ampliati in molti Paesi in via di sviluppo, e questo deve succedere da subito, adesso”, ha concluso.Due le linee di azione prioritarie indicate nel corso dell’ultima sessione plenaria dello IAS: innanzitutto mettere un freno alla trasmissione dell’Hiv nei tossicodipendenti entro il 2015. La ricerca mostra infatti come l’offerta proattiva del test Hiv e la disponibilità di trattamenti di disintossicazione e di HAART sono azioni che possono migliorare gli outcome terapeutici  nei pazienti e prevenire la trasmissione dell’Hiv.
Altro intervento di estrema importanza è la messa a punto di approcci globali alla salute materno-infantile, aspetto su cui, soprattutto nell’Africa sub-sahariana, l’Hiv/Aids ha una forte incidenza. In assenza di terapia antiretrovirale, circa la metà dei bambini sieropositivi muore entro i primi due anni di vita. Ma, poco può la Haart in assenza di programmi nazionali destinati alla salute complessiva della madre, dei neonati e dei bambini.

20 luglio 2011
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