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Welby. A teatro il suo libro autobiografico


“Ocean Terminal”, il libro scritto da Piergiorgio Welby nell’arco di circa dieci anni, rimasto incompiuto a causa del progredire della malattia, distrofia muscolare, e della morte avvenuta nel dicembre del 2006, è ora anche un adattamento teatrale. In scena a Roma in questi giorni.

04 MAG - Piergiorgio Welby, malato dall’età di 16 anni di distrofia muscolare, è morto nel dicembre del 2006 secondo la sua volontà, aiutato da un medico anestesista che, dopo averlo sedato, gli ha staccato il respiratore. Nel nostro Paese Welby è stato testimone di una lunga battaglia contro l’accanimento terapeutico e a favore dell’eutanasia. Welby senza ipocrisia ha usato il suo corpo come strumento di comunicazione, la sua immagine di “condannato a vita” facendoci interrogare e riflettere sul senso e sul significato di cosa è da intendersi per vita.
 
Poco prima di morire Welby in una lettera inviata al Presidente Napolitano scriveva: “Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. (…) Purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita, è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche”. 
 
Welby prima di essere un militante di battaglie civili, nonostante la malattia è stato un artista a tutto tondo: pittore, fotografo e scrittore e come tale ha sviluppato “Ocean Terminal” libro autobiografico che ora è anche un adattamento teatrale in scena in questi giorni a Roma nello spazio Domus Talenti.
 
Il volume, scritto dal 1998 al 2006 e interrotto dal progredire della malattia, è un romanzo autobiografico incompiuto. Non ha una trama, ma ricorda piuttosto le vicende della vita di Welby, ed è costituito da un insieme di “episodi”, come li ha definiti Francesco Lioce che ne ha curato la pubblicazione.
 
Lioce definisce il libro “un insieme di prose spezzate che si riannodano a distanza o si interrompono proprio quando sembrano preannunciare altri sviluppi: dall’infanzia cattolica alla scoperta della malattia, fino all’immaginario hippy e alla tossicodipendenza, passando attraverso gli squarci di una Roma vissuta nelle piazze o nel chiuso di una stanza”.
 
 “La mia esigenza – dice Emanuele Vezzoli attore e regista dello spetacolo – è quella di rendermi il tramite attraverso cui trasferire la ricchezza del tesoro di Piergiorgio Welby agli altri uomini, raccogliendo la promessa fatta alla moglie, Mina Welby, ed in accordo con quanto lo stesso Piergiorgio afferma: ‘non esiste un’arte privata, un artista ha l’obbligo morale di incidere sulla realtà”.

04 maggio 2012
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