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Convegno Iss. Quale sanità in tempo di crisi? La difficile ricerca di una "terza" via tra tagli e tutele

di Giovanni Rodriquez

L'Istituto superiore di sanità è stato teatro di un confronto inedito tra istituzioni, politica, aziende e professioni sanitarie. E' possibile mettere in sicurezza il sistema sanità senza ulteriori tagli, garantendo nel contempo più qualità alle prestazioni? Sì, basta imparare a "programmare".

10 MAG - Il diritto alla salute è in conflitto con la spesa sanitaria da decenni. Oggi la crisi ha acuito ulteriormente questo conflitto. Negli anni si sono susseguite più riforme nel tentativo di raddrizzare la rotta, senza tuttavia ottenere grandi successi. Prendendo spunto dall'ultimo libro di Ivan Cavicchi, “I mondi possibili della programmazione sanitaria. Le logiche del cambiamento” (vedi intervista all'autore), l'Istituto superiore di sanità ha voluto promuovere un“concorso di idee” all’interno di un convegno dal titolo “Programmazione sanitaria e innovazione”, che ha visto la partecipazione dei diversi soggetti che costituiscono la “complessità” del pianeta sanità. 

Il punto nodale della discussione si è incentrato su come affrontare quei problemi di prospettiva immediata che stanno minacciando di far venir meno l’universalismo e la gratuità del nostro Sistema sanitario nazionale. In altri termini: come si può riuscire a non far piegare il diritto costituzionale alla salute alle ragioni di bilancio?

La ricerca di una logica “altra”, di un modello nuovo che riesca a farci uscire dall’impasse che da decenni tenta di risolvere la situazione solo mettendo toppe ad una falla di tipo strutturale, ha avuto una conclusione condivisa da tutti i partecipanti: quello che serve non è una riforma quater della sanità, bensì una sua manutenzione straordinaria.

Ma come strutturarla? La logica di lavoro proposta nel testo di Cavicchi vede affidare alla programmazione il compito di mettere in atto politiche di cambiamento finalizzate a far coesistere diritti e risorse limitate. Programmare, dunque, come metodologia per governare la complessità e costruire un insieme di logiche alternative allo status quo. Attraverso dei “condizionali”, seguendo la logica del “if…then”, si costruisce il cambiamento che serve. Ancor più ora, in regime di spendine review, come spiegato dal presidente dell’Iss Enrico Garaci, “la ricerca di modelli innovativi diventa fondamentale, non solo per tutelare l’impianto pubblico del nostro Sistema sanitario nazionale, ma anche per promuovere la salute riuscendo contestualmente a ridurre i costi”.

Un primo dubbio, avanzato dall’assessore alla Sanità della Regione Sicilia, Massimo Russo, potrebbe sorgere su un fatto di non poco conto: “Chi sono i destinatari principali di queste proposte?”. Dalla riforma del titolo V della Costituzione si è di fatto assistito alla nascita di 21 diverse sanità, con problemi e modelli diversi l’uno dall’altro, dunque questo metodo di cambiamento dovrà in primo luogo rivolgersi al Governo centrale, come strumento di salvaguardia e rilancio del Ssn, o piuttosto dovrà trovare applicazione a livello territoriale? 

Il rischio di “perdere di vista” il sistema sanitario nel suo insieme è stato sollevato dall’assessore alla Sanità della Regione Basilicata, Attilio Martorano, che ha trovato “riduttivo parlare di programmazione tentando di riassumere in questo modo l’intera questione Sanità”. Il dubbio avanzato è che, una logica di funzionamento che nella sua teorizzazione risulti efficace e condivisibile, possa rischiare di rimanere tale solo sulla carta. La catena di comando che parte dal programmatore e arriva al paziente è molto lunga, ed è in questo tragitto che si rischia di perdere l’acqua. “Servirebbe un cambiamento culturale - ha detto Martorano - che innanzitutto riesca a creare i presupposti per veder venire meno questa refrattarietà al cambiamento che si riscontra nella realtà quotidiana e con la quale bisogna fare i conti”.

In realtà, nel corso del dibattito, sono emerse ulteriori difficoltà che, a rigor di realismo, si dovrebbe prendere in considerazione. Come spiegato dal direttore dell’Agenas, Fulvio Moirano, nella proposizione di questi modelli si deve mettere in conto un problema politico di non poca rilevanza: “Oggi le proposte di programmazione forte avanzate a livello locale non riescono a passare all’interno dei Consigli regionali”.

La situazione anche a livello parlamentare, in tal senso, non sembra essere più rosea. Prendendo come esempio la discussione della legge sul governo clinico, il presidente della Commissione Affari Sociali, Giuseppe Palumbo, ha evidenziato come “a livello territoriale il conflitto tra Stato e Regioni rende difficoltosa anche la più piccola innovazione”.

Se a tutto ciò sommiamo anche le parole di Amedeo Bianco, presidente Fnomceo, sul fatto che “probabilmente queste difficoltà sono presenti anche nel nostro mondo delle professioni”, e che nonostante le discussioni intavolate da anni “non si è riusciti ancora a riformare la figura del medico né la medicina”, il quadro si fa ancora più buio.

Tirando le somme, sembra che, al di là dei possibili mondi e modelli nuovi di sviluppo, ciò con cui urge fare i conti è quella conflittualità e refrattarietà al cambiamento che, nonostante la crisi ed i gravi rischi incombenti, sembra non venir meno, tanto nelle catene di comando che, partendo dal governo arrivano alle amministrazioni locali, quanto nelle singole professioni.
 
Giovanni Rodriquez

10 maggio 2012
© Riproduzione riservata

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