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Legge 40. Gallo (Coscioni) “No a vuoto normativo se Consulta dichiara incostituzionale l’eterologa”


A giorni la Corte Costituzionale si pronuncerà sul divieto di applicazioni di tecniche eterologhe stabilito dalla L. 40 /2004. Per l’Associazione Coscioni la tecnica eterologa fu riconosciuta lecita dalla giurisprudenza, prima della legge 40, in quanto “realizzazione di un progetto di filiazione”

18 MAG - Il 22 maggio prossimo si terrà un’udienza pubblica presso la Corte Costituzionale che riguarda quel che resta della L. 40/2004 dopo l’intervento nel 2009 della Corte Costituzionale e le interpretazioni che nel corso degli anni ne hanno dato i tribunali civili di tutt’Italia.
 
La legge 40, lo ricordiamo, nelle sue intenzioni avrebbe dovuto disciplinare una materia molto controversa come quella della Procreazione medicalmente assistita. In realtà dalla sua entrata in vigore, febbraio 2004, la legge ha sempre suscitato controversie, aumentando il livello dello scontro. Il 22 maggio la Corte Costituzionale dovrà decidere sull’ultimo divieto quello relativo ad applicazioni di tecniche eterologhe. La Corte è chiamata a pronunciarsi a seguito di un’ordinanza del tribunale di Firenze che ha sollevato il dubbio di legittimità costituzionale del divieto di eterologa.
 
Secondo Filomena Gallo, Segretario dell’Associazione Luca Coscioni, nonché avvocato e legale della coppia di Firenze che si è rivolta al giudice innescando una sorta di effetto domino “non si crea alcun vuoto normativo a seguito della dichiarazione d’incostituzionalità del divieto di applicazione di tecniche con gameti esterni alla coppia. Già la legge 40 prevede che non nascano legami con il donatore biologico - art. 9- e circoscrive l'accesso alla fecondazione assistita alle coppie di maggiorenni, di sesso diverso e in età fertile Articolo 4 commi 1 e 2. Inoltre è bene precisarlo la normativa sulla donazioni di organi applicata anche ai centri di Pma prevede la tracciabilità e quindi l'assoluta possibilità di rintracciare i donatori e avere tutte le informazioni necessarie per una eventuale cura.
Il rischio di mercificazione delle donne donatrici non sussiste, perché v’è divieto assoluto di commercializzazione di parti del corpo umano desumibile da principi generali e direttamente dallo stesso art. 5 del Codice civile”.
 
L’avvocato Gallo che “fino al 2004 era prevista una procedura di donazione da parte delle altre pazienti nei centri di Pma che possono dare i propri gameti non utilizzati, con il vantaggio che in tal modo non sussiste il problema del pagamento o del rimborso alle donatrici né di donne costrette per motivi economici alla donazione. In tutti i casi vi è una normativa secondaria che disciplinava la questione prima dell’approvazione della legge che semmai tornerebbe in vigore. Quanto, ai rischi psicologici, non sono affatto dimostrati e ciò è comprovato da decine di ricerche condotte in tutti i Paesi europei e negli Stati Uniti, dove la donazione dei gameti viene effettuata ormai da molti anni.
Al di là dei tecnicismi il fenomeno di Pma è socialmente percepito e accettato nel nostro paese ove era disciplinato e diffusamente praticato”.
 
Anche per Bruno de Filippis, esperto di diritto di famiglia, autore di numerosi volumi in materia non c’è rischio di vuoto normativo poiché “prima che intervenisse la legge 40, l’inseminazione eterologa era già stata oggetto di esame da parte della giurisprudenza italiana. In una celebre fattispecie, che vide l’intervento del Tribunale di Cremona (febbraio del ‘94), della Corte d’Appello di Brescia, della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, ne fu riconosciuta la liceità e si affermò che essa consiste nella realizzazione di un progetto di filiazione”.
Dunque secondo De Filippis qualora il divieto inserito nella legge 40 dovesse essere abrogato, “la giurisprudenza, sulla base dei principi generali dell’ordinamento e dei principi costituzionali, tornerebbe, senza difficoltà, alla precedente interpretazione. La stessa legge 40, consapevole del fatto che l’eterologa non è vietata all’estero e che, quindi, è necessario regolamentarla, per il caso che si realizzi ed abbia effetti in Italia, ha dettato, con il suo art. 9 comma tre, disposizioni in ordine al rapporto giuridico tra donatore e nato. Si tratta pertanto di un istituto cui non può essere negato diritto di cittadinanza nel panorama giuridico”.

18 maggio 2012
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