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La sanità che vorremmo e quella che avremo

12 MAG -

Gentile Direttore,
un paio di anni fa, in piena pandemia, quando tutti eravamo annichiliti da quanto ci stava capitando, ho collaborato con un gruppo di colleghe alla stesura di un testo intitolato “La sanità che vogliamo”. Grandi ambizioni che non abbiamo abbandonato e che anzi abbiamo recentemente confermato ed arricchito nel corso della IV conferenza dell’Area Formazione Femminile di ANAAO.

Purtroppo in questi giorni, è sotto gli occhi di tutti la sanità che avremo. Malgrado noi.

Le note scelte errate o volute dello scorso decennio, hanno portato il SSN ad un tale livello di depauperazione di professionisti che non passa giorno senza la comparsa di titoli altisonanti e drammatici inerenti l’argomento: PS presi d’assalto senza più medici disposti a lavorarci e quindi introvabili o pronti ad abbandonare; MMG altrettanto introvabili, anche se uno dei  motivi di abbandono di chi lavora nei PS è proprio la scelta di dedicarsi alla medicina generale; specialisti di altre branche, a volte nemmeno affini ed equipollenti, costretti a prestare la loro opera in contesti non appropriati alle competenze maturate con ovvio aumentato rischio professionale; psichiatri chiamati ad occuparsi di bambini e ragazzini, ricoverati nei reparti per adulti; posti letto non disponibili perché sottodimensionati rispetto ai bisogni. Sono solo alcuni esempi di un sistema disgregato, che pare retto solo dal sacrificio di chi non può o non vuole abbandonare.

Questa è la sanità che abbiamo, ma quella che avremo se non vi sarà un cambiamento di rotta sarà ovviamente peggiore.

In questi giorni leggiamo di come tutti con le migliori intenzioni siano alla ricerca di soluzioni possibili, ma altrettanto tutti fermi sulle proprie posizioni, senza nessuna disponibilità a derogare, a mediare, a fare il fatidico passo di lato che consentirebbe una migliore gestione della crisi. Tutti tranne chi vincolato da un rapporto di lavoro oltre che da un rigido codice deontologico, non può che pagare in termini di sacrificio personale e familiare, supplendo alle infinite carenze.

Va da sé che occorre ridare dignità alla figura dei professionisti della sanità o continuerà questo trend negativo, ma a quanto pare, a fronte di aumentati finanziamenti della spesa corrente per SSN, vi è un concomitante incremento delle uscite per altre e non previste voci che porterà ancora una volta ad iniziative isorisorse quando non ad iporisosrse. E siamo tra i peggio pagati al mondo. Aspettiamo un nuovo contratto, ma pretendiamo un contratto dignitose ed applicabile.

Occorre, e questo è a mio avviso l’unico provvedimento spendibile nel breve tempo, che si ponga rapidamente mano ad una ridefinizione dell’offerta sanitaria e questo è l’aspetto più complesso: si deve capire, cittadini e politica devono capire, che le forze in campo non permettono l’attuale duplicazione dei servizi, si chiamino questi PS, piuttosto che case di comunità, ambulatori di singoli MMG. Lavorare in rete od in équipe, non significa togliere alle persone il rapporto privilegiato con il proprio curante, ma garantire la presenza di più curanti in cui tutti conoscono tutti e sono in grado di integrare le competenze oltre ad ampliare la fascia oraria di presenza. Occorre chiaramente che quanto offerto all’interno di un PS possa essere in parte garantito anche dalla “medicina del territorio”, soprattutto per quanto concerne le problematiche più semplici, attinenti la cronicità, con canali privilegiati che spesso esistono, ma non si conoscono e non si attivano, per ottenere la giusto risposta, in tempi ragionevoli, al di fuori dell’ospedale. Occorre capire che non sempre un servizio “a portata di mano” è il più utile ed il più sicuro.

Occorre che si dia un senso alle liste di attesa il cui smaltimento non è solo una questione numerico, ma di qualità della prestazione fornita o sarà inevitabilmente foriera di nuove richieste di prestazione ed incremento ulteriore delle liste di attesa. A questo proposito occorre tenere presente che l’uso improprio degli specialisti di cui si parlava in un paragrafo precedente ha ricadute inevitabili sulle liste di attesa:  se destino un internista a coprire un turno in PS, questo non potrà contemporaneamente garantire ad es. un ambulatorio specialistico ed un problema si aggiungerà a problema.

Potremmo continuare così all’infinito, chiunque lavori in sanità conosce bene le questioni in campo e si prodiga da tempo, spesso inascoltato, cercando di smuovere l’opinione dei cittadini, dei decisori politici e di quanti possano efficacemente favorire delle iniziative che non possono continuare ad essere puntiformi, ma di sistema. Se tutto non si muove sincronicamente, tutto diventa inutile se non dannoso, in quanto sposta i problemi degli uni sugli altri.

In Emilia Romagna abbiamo sollecitato ed ottenuto un impegno scritto e condiviso con l’assessorato e tutte le sigle sindacali, per iniziare a mettere qualche punto fermo a sostegno di chi accetta di rimanere o verrà a lavorare in PS. Un punto di partenza, semplice, che attinge agli strumenti disponibili e non a quanto attiene al mondo dei desideri. Nessuna rivoluzione.  Una goccia nel mare dei bisogni, ma non possiamo rimanere inermi. Perché si torni a credere che avremo la sanità che vogliamo.

Ester Pasetti

Segretaria Anaao Assomed Emilia Romagna



12 maggio 2022
© Riproduzione riservata

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