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Micobatterio Chimera. Completata la sostituzione o l’adeguamento di tutte le apparecchiature potenzialmente a rischio

Tra le 144 cartelle esaminate in Emilia-Romagna individuati 2 nuovi casi operati al Salus Hospital di Reggio Emilia, ma si attende il riscontro microbiologico. Se confermata la positività, il numero di decessi attribuibili salirebbe a 5, più 2 pazienti che sono in trattamento. Venturi: “Non ci fermiamo qui: le informazioni raccolte serviranno a realizzare ulteriori approfondimenti e iniziative a tutela della salute dei cittadini”

29 GEN - Due su 144, negli anni dal 2010 al 2017. Sono gli ulteriori casi di infezione da Mycobacterium chimaera emersi dall’analisi, ora arrivata a conclusione, condotta da una équipe di rilevatori dell’Azienda Usl di Reggio Emilia, sulle cartelle di persone sottoposte a interventi di cardiochirurgia - soprattutto a carico delle valvole cardiache - nelle strutture ospedaliere pubbliche e private dell’Emilia-Romagna. Completata anche la sostituzione o l’adeguamento di tutte le apparecchiature potenzialmente a rischio di trasmissione dell’infezione stessa.
 
I due nuovi casi emersi dall’esame delle cartelle, 144 appunto, sono riferibili a pazienti deceduti, operati al Salus Hospital di Reggio Emilia, che presentavano le caratteristiche cliniche tipiche delle infezioni da Micobatterio Chimera, per i quali manca ora solo il riscontro microbiologico positivo. E proprio per verificarne la positività, il gruppo regionale che segue l’approfondimento ha disposto il recupero di eventuali materiali biologici ancora disponibili.
 
In caso di conferma definitiva, il numero di decessi in Emilia-Romagna riconducibili al Mycobacterium chimaera salirebbe dunque a cinque, cui si aggiungono due pazienti che hanno contratto l’infezione e che sono in trattamento. Vi sarebbe poi un caso, sempre operato a Salus Hospital, residente in altra regione e segnalato dal Veneto, sul quale al momento le informazioni sono incomplete. Si tratta sempre di persone operate prima che l’azienda produttrice del riscaldatore utilizzato negli interventi a cuore aperto - che sarebbe collegato a questo tipo di infezione - emanasse il primo alert riguardante l’apparecchio e la modifica delle modalità di utilizzo.
 
Nel frattempo, le strutture regionali di cardiochirurgia hanno completato la sostituzione o l’adeguamento - attraverso il ricondizionamento a carico della ditta produttrice - di tutte le apparecchiature potenzialmente a rischio, per prevenire l’eventuale diffusione in sala operatoria di agenti patogeni.
 
Le stesse strutture hanno inviato, su indicazione della regione, a tutti i pazienti a potenziale rischio una informativa sui sintomi ai quali prestare particolare attenzione. Le aziende hanno inviato a medici di medicina generale e specialisti interessati una informativa su caratteristiche dell’infezione che, si ricorda, è emersa solo dal 2011 e per un numero di casi molto limitato.
 
“A conclusione di questo delicato lavoro di analisi – ha commentato l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Sergio Venturi – considero positivo il fatto che, dalla ricerca effettuata sulle cartelle, non siano emersi casi di infezione riferiti ad altre strutture, se non a quella già interessata dai primi quattro. Ma non ci fermiamo qui: le informazioni raccolte devono servire a realizzare ulteriori approfondimenti e iniziative a tutela della salute dei cittadini”.
 
Ma le verifiche proseguono: si stanno realizzando, infatti, anche analisi genetiche sui micobatteri isolati dai primi 4 casi, per verificare se siano identici fra loro e rispetto a quelli ritrovati in altri casi in Italia e nel mondo. Ciò permetterebbe anche di fare maggiore chiarezza del quadro delle responsabilità.

29 gennaio 2019
© Riproduzione riservata

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