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Epatite A. Casi in aumento in provincia di Udine

“Nessun allarme ma fondamentale il rispetto norme igieniche e rapporti sessuali protetti”, è il messaggio della Regione. Consigliato anche il vaccino che “è altamente efficace e ben tollerato”, come spiega Linda Gallo del Dipartimento di Prevenzione dell'Azienda sanitaria universitaria integrata (Asui).

20 MAR - “Tra giugno 2016 e febbraio 2017 si sono registrati in Italia 69 casi di epatite A e nelle ultime settimane, un significativo aumento di questa patologia si è notato nel territorio della provincia di Udine”. Lo rende noto la Direzione centrale Salute della Regione Friuli Venezia Giulia, precisando che secondo un rapporto del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie l'infezione sta colpendo in particolare 13 Paesi europei.

“L'epatite A – ricorda la Regione Friuli Venezia Giulia in una nota - è una malattia del fegato acuta e contagiosa causata dal virus HAV, ad evoluzione solitamente benigna, anche se più grave negli adulti che nei bambini. Rare in ogni caso le forme mortali. In genere è dovuta al mancato rispetto di norme igieniche, con conseguente contaminazione fecale di cibi ed acqua. Tra le cause più comuni, dunque, la scarsa igiene personale, specie in fase di preparazione di cibi e pasti; il mangiare pesce crudo o poco cotto proveniente da acque inquinate; l'utilizzo di materiale già usato per iniettarsi droghe; rapporti sessuali non protetti”.

In particolare, come riferisce nella nota Matteo Bassetti, direttore della Clinica malattie infettive dell'Azienda sanitaria universitaria integrata (Asui) di Udine, in Friuli “l'infezione è stata osservata prevalentemente in soggetti di sesso maschile, che molto probabilmente hanno contratto l'infezione attraverso rapporti sessuali con altri uomini”.

Secondo la dottoressa Linda Gallo, del Dipartimento di Prevenzione della stessa Asui, “anche se non è proprio il caso di allarmarsi, la dimensione del fenomeno potrebbe essere ancora sottovalutata, poiché i casi segnalati si riferiscono solo a persone che, accusando sintomi quali disturbi gastrointestinali, febbre, astenia, artralgie, ittero, si rivolgono alle strutture sanitarie. Fondamentale quindi che le persone a rischio adottino comportamenti per contrastare la diffusione dell'infezione, quali l'uso di mezzi di protezione-barriera e la vaccinazione. Le precauzioni devono essere estese, ovviamente, anche ai partner sessuali”.

L'epatite A è presente in tutto il pianeta, sia in forma sporadica che epidemica, con una maggior frequenza nei Paesi del Sud del mondo. “In Italia – spiega la nota regionale - la malattia è endemica soprattutto nelle regioni meridionali, dove è più diffuso il consumo di frutti di mare crudi. Talvolta possono verificarsi casi sporadici o anche epidemie su tutto il territorio nazionale, legati sia al consumo di alimenti (vegetali e frutta) e all'ingestione di acqua contaminati, che a viaggi in aree endemiche. In genere il contagio avviene per contatto diretto da persona a persona o attraverso il consumo di acqua o di alcuni cibi contaminati dal virus”.

“In assenza di misure di protezione la trasmissione del virus può avvenire anche attraverso il contatto anale e oro-anale”, sottolinea Bassetti, ricordando che “in Europa si sono verificati negli ultimi anni alcuni focolai, principalmente tra uomini che hanno rapporti sessuali con uomini”.

La prevenzione, dunque, ricorda la Regione, “passa in primo luogo da rispetto delle norme igieniche. Occorre soprattutto lavarsi molto bene le mani dopo aver usato il bagno, prima di mangiare e durante la manipolazione di cibi e bevande. Nel caso di rapporti sessuali si raccomanda l'uso del preservativo. Va evitato il consumo di frutti di mare crudi. La cottura è l'unica misura efficace per inattivare il virus dell'epatite A nei molluschi bivalvi o in altri prodotti freschi contaminati. Anche frutta e verdura vanno lavate accuratamente prima di mangiarle”.

Molto consigliato il vaccino che, spiega ancora Gallo, “è altamente efficace e ben tollerato. La protezione si raggiunge già dopo 2-3 settimane dalla prima dose; molto importante, quindi, proteggere rapidamente chi è venuto in contatto con una persona affetta da epatite A o prima di recarsi in paesi a rischio. Una seconda dose a distanza di 6/12 mesi dalla prima ne prolunga l'efficacia protettiva, fornendo una protezione per un periodo di 10-20 anni". “Come indicato sia nel Piano nazionale che in quello regionale della Prevenzione vaccinale, la vaccinazione è raccomandata anche per chi è affetto da malattie epatiche croniche, per coloro che lavorano nei laboratori dove ci può essere contatto con il virus, per gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini, per chi fa uso di droghe e naturalmente per chi è in contatto con persone già affette dalla malattia”.

20 marzo 2017
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