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Quota di iscrizione all’Ordine. “Deve pagarla l’Azienda”. Tribunale di Pordenone dà ragione a 214 infermieri dell’Ars 5

Il giudice riprende una sentenza di Cassazione riferita agli avvocati per spiegare che “quando sussista il vincolo di esclusività del rapporto di lavoro, l’iscrizione all’albo è funzionale allo svolgimento di un’attività professionale svolta nell’ambito di una prestazione di lavoro dipendente” e “la tassa rientra tra i costi per la realizzazione di tale attività che dovrebbero gravare, in via normale, sull’ente che beneficia in via esclusiva di tale lavoro”. Soddisfatto il Nursing: “Causa pilota: la funzione pubblica ora deve decidere: o paga la tassa o lascia esercitare la libera professione”. LA SENTENZA

12 SET - A quasi un anno dal ricorso per il riconoscimento del pagamento della quota di iscrizione all’Ordine degli infermieri di Pordenone da parte dell’azienda, per 214 infermieri arriva la vittoria, grazie alla sentenza emessa dal giudice del Tribunale di Pordenone, Angelo Riccio Cobucci lo scorso 11 luglio ma le cui motivazioni sono state rese pubbliche solo oggi: La tassa di iscrizione all’albo professionale degli infermieri grava in capo al datore di lavoro Aas 5.

Nella sentenza il giudice riprende quanto disposto dalla Suprema Corte con sentenza del 2015, riferita agli avvocati, che spiega come“quando sussiste il vincolo di esclusività del rapporto di lavoro, l’iscrizione all’albo è funzionale allo svolgimento di un’attività professionale svolta nell’ambito di una prestazione di lavoro dipendente, la tassa rientra tra i costi per la realizzazione di tale attività che dovrebbero gravare, in via normale, sull’ente che beneficia in via esclusiva di tale lavoro”.

In sintesi, se un infermiere lavora esclusivamente per l’Azienda sanitaria, quest’ultima deve pagare la tassa dell’ordine, la cui quota varia in base alla provincia. Per Pordenone si parla di 75 euro annui.

Il giudice paragona la professione dell’infermiere che opera nel pubblico a quella di un avvocato che a sua volta lavora per un ente pubblico. “L’infermiere dipendente di azienda pubblica riveste una posizione analoga a quella dell’avvocato al servizio di ente pubblico – si legge nelle motivazioni -, in quanto tenuto a prestare l’attività lavorativa con obbligo di esclusività, non potendo esercitare in altri contesti libero-professionali. I ricorrenti svolgono tutti attività professionale infermieristica a tempo pieno per l’Aas 5, che è obbligata a tenere indenni questi ultimi da ogni spesa necessaria all’espletamento dell’incarico professionale assunto come dipendente”.

“Ogni volta che venga esercitata attività professionale in regime di esclusività – ha concluso il giudice -, va riconosciuto in via generale il dovere giuridico del soggetto datoriale di rimborsare ai lavoratori i costi per l’esercizio dell’attività, tra cui quello di iscrizione all’albo”.

Soddisfazione da parte del Nursind di Pordenone. “Prima sentenza in Italia che dà ragione agli infermieri: quella di Pordenone diventa causa pilota – ha rimarcato il segretario del Nursind Gianluca Altavilla -. E’ stata riconosciuta l’esclusività del rapporto di lavoro: con questa sentenza abbiamo aperto la porta anche alla libera professione degli infermieri. La funzione pubblica ora deve decidere: o paga la tassa o lascia esercitare la libera professione. Ringraziamo l'avvocato Annalisa Del Col per l'ottimo lavoro svolto”.

12 settembre 2019
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