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Infemieri. Paoletti (Opi Trieste): “Poco personale, prestazioni sanitarie a rischio”

Per il presidente dell’Ordine triestino la questione è legata anche all'attrattività del settore pubblico, che ha sottratto personale e forza al privato delle Rsa. Nel corso dell’emergenza covid questo disequilibrio si è ulteriormente aggravato, tanto che l’Opi Trieste stima che oggi, nella provincia, manchino almeno 100 infermieri, soprattutto nel privato. Le proposte: “Aumentare gli iscritti nelle università e aumentare su base volontaria le ore che il personale infermieristico pubblico può mettere a disposizione per il terzo settore”.

07 SET - In molte realtà del paese il covid ha acuito le difficoltà già esistenti nel sistema sanitario regionale. In Friuli Venezia Giulia è in particolare il terzo settore ad essere in crisi, a causa dei pochi infermieri a disposizione. A lanciare l’allarme è l’Opi Trieste.

“In questi mesi il Covid ha accentuato quella che è sempre stata la carenza degli infermieri, questione fino ad ora ottovalutata dalle istituzioni regionali. In questo momento gli infermieri in FVG sono 9772, di cui 2166 iscritti all’Opi di Trieste, 1280 all’Opi di Gorizia, 2160 all’Opi di Pordenone e 4166 iscritti all’Opi di Udine. Circa oltre l’80% svolge il proprio lavoro nelle aziende sanitarie pubbliche, il rimanente lavora in ambito privato come libero professionista, oppure come infermiere nelle case di riposo, centri riabilitativi per anziani ecc. con contratti con cooperative, fondazioni ecc”, spiega Flavio Paoletti, presidente Opi Trieste.

La carenza degli infermieri non riguarda solo il terzo settore, ma sta investendo in modo trasversale anche le aziende sanitarie che, in attesa di istituire dei nuovi concorsi, cercano di reclutare personale infermieristico tramite avvisi a chiamata diretta degli infermieri non ancora occupati. In tutta la regione FVG sarebbero circa dieci mila. Si tratta di infermieri non impegnati in aziende pubbliche, ma spesso occupati nel terzo settore. Professionisti che però, quando trovano l’opportunità, migrano per lavorare in una azienda pubblica.

“Con la carenza di personale infermieristico – spiega Paoletti - sta venendo a mancare l’equilibrio che fino a qualche anno fa esisteva fra pubblico e privato. L’appetibilità del pubblico, che ha una forza contrattuale maggiore oltre che ad una platea di diritti più ampi, rimane forte per queste figure professionali. Dunque le case di riposo e le RSA stanno offrendo un servizio sanitario pubblico per nome e conto delle stesse aziende sanitarie, che intanto hanno lanciato i bandi. Alla fine tutto questo rincorrersi di personale che passa da un settore privato ad un settore pubblico sta creando difficoltà. Nella provincia di Trieste è forte la carenza nel privato e si stima che manchino cento infermieri per ritornare ad avere equilibrio fra pubblico e privato, oltre trecento in tutto il FVG”.

Dal 2018 le OPI del FVG stanno chiedendo al governo regionale che le università possano aumentare gli iscritti al corso di scienze infermieristiche. Dagli ultimi dati, quest’anno i posti per le immatricolazioni al corso universitario alla facoltà di scienze infermieristiche risultano essere: centoventi per Trieste, quarantacinque per Pordenone e novantacinque a Udine.

“Il totale per l’anno 2020, è un deficit di novanta infermieri in meno di quello che stiamo chiedendo ancora dal lontano dal 2018 – illustra il presidente dell'Opi Trieste –. Sommando le carenze e le uscite che avremo nei prossimi anni, mi sento di dire che non sarà più un’utopia non poter garantire le cure alle persone. Le nostre proposte sono: Aumentare gli iscritti presso le due università in regione; aumentare nell’immediato su base volontaria le ore che il personale infermieristico pubblico può mettere a disposizione per il terzo settore (massimo venti ore per il settore privato) pur rispettando il vincolo di esclusività previsto per i dipendenti pubblici. Qualora ci fosse l’incremento delle nuove matricole, bisognerà anche rendere più attrattivo il nuovo contratto di lavoro, creando un’area contrattuale assestante e un forte riconoscimento economico, affinché all’aumentare dei posti nei corsi di laurea ci sia un numero adeguato di candidati che si presentino alle selezioni”.

Endrius Salvalaggio

07 settembre 2020
© Riproduzione riservata

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