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Generico vs branded. Le vostre lettere


26 GEN - Gentilissimo Cesare Fassari,
mi chiamo Vito Rinaldi, laureato in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche presso la facoltà di Farmacia dell'università di Bari, informatore medico dal 1988.
Ho letto il suo articolo, sembra che ci siano due fazioni contrapposte, i genericisti da una parte e Farmindustria dall'altra, a contendersi un profitto (perchè di profitto stiamo parlando) che per legge si vuole spostare verso aziende produttrici di generici. Paradossalmente le ragioni riportate verso l'una o l'altra parte sono le stesse, e si possono racchiudere in una sola parola "profitto".
Volutamente voglio trascurare le ragioni squisitamente tecniche delle differenze tra farmaco originale e l'equivalente generico, credo che si sia discusso ampiamente.
Insisto sull'argomento profitto, invece, perchè la mia domanda di sempre, alla quale nessuno mi ha saputo dare una risposta convincente, perchè tra il farmaco genericato e il farmaco equivalente c'e una quota che il cittadino deve versare? Chi ha interesse a vendere il farmaco generico? A me sembra che non siamo in presenza di un mercato libero e con regole come dire, di libera concorrenza, ma c'è una sorta di forzatura che vuole fare apparire l'uso del farmaco equivalente più conveniente, ma sarà realmente così?
Ma c'e un aspetto che mi preme sottolineare, e per questo cito una parte del suo articolo:
"D’altra parte, e penso alle proteste di Farmindustria, le pur comprensibili preoccupazioni sull’andamento del mercato dei branded a brevetto scaduto appaiono molto deboli. Leggo che sul tema vi sarà un’Assemblea straordinaria dell’associazione. Va bene, mi sembra un’ottima idea, ma al suo interno penso che ci si dovrebbe interrogare più sul come rilanciare l’innovazione e quindi l’immissione in commercio di nuovi farmaci sui quali trarre il giusto profitto, piuttosto che arroccarsi a difesa di un mercato “vecchio” che, in quanto tale, è destinato per forza a perdere redditività".
Le ottime idee, come Lei dice, che possono tradursi in farmaci nuovi ed innovativi, purtroppo necessitano di ricercatori che con il loro lavoro quotidiano, danno una speranza di poter curare sempre meglio i cittadini ed in definitiva quindi lo Stato. Se questo è vero, dove è il vero risparmio? Se togliamo alle Aziende che fanno ricerca i fondi necessari, o per lo meno li riduciamo, chi continuerà a fare ricerca? Lo Stato? Le Aziende di Generici? Io mi aspetto un futuro migliore, ma senza una speranza, il futuro lo vedo sempre più nero!
Distinti saluti.
 
Vito Rinaldi
25/01/2012
 
Egregio direttore,
ho letto il suo commento sui comportamenti dei medici di famiglia rispetto ai generici. Sono un Medico di Famiglia (MdF) che svolge la sua attività da oltre 30 anni; sono anche specialiizazto in Igiene e  Medicina Preventiva-Sanità Pubblica. Quindi, per cultura e formazione, da sempre avverto una forte responsabilità sia nei confronti del paziente che del SSN per un appropriato ed informato utilizzo delle risorse.
Non ho maì avuto conflitti d'interesse con le aziende farmaceutiche. Ho una prescrizione farmaceutica del 10% inferiore alla media, non perchè  cerchi di spendere meno, ma semplicemente perchè cerco di prescrivere  basandoni solo su dati scientifici nei limiti del possibile.
Dagli anni ottanta, inoltre, ho auspicato l'introduzione dei generici, che ritenenuti identici, ho prescritto con grande entusiasmo nei primi anni.
Quindi, credo di parlare senza pregiudizi, anzi ho lottato per anni per contrastare  quelli dei pazienti. Ma, alla fine, ho scoperto che ero io che avevo pregiudizi a favore  comunque dei generici; l'esperienza mi ha dato torto.
Leì ha ragione su una cosa: il principio attivo è lo stesso, ma non lo sono gli eccipienti e neanche la biodisponibillità è sempre la stessa visto che rispetto al prodotto  di marca può variare fino al 20% in più o in meno. Ma un farmaco con una biodisponibilità ridotta del 5-10-15% (credo difficile che i produttori utilizzino eccipienti di qualità superiore  e più costosi con assorbimenti superiori al branded), se per legge è uguale, non lo è dal  punto di vista clinico; sia soggettivo, ed il paziente deve essere rispettato quando lamenta una minore efficacia, soprattutto, se pensionato, dovrà sacrificare qualche euro, sia dei parametri clinico-laboratoristici.
Sono sicuro che molti prodotti hanno biodisponibilità ed effetti terapeutici uguali al branded ma quali sono ?. Nell'incertezza, consiglio quelli di marca; poì, se il paziente che informo sempre dei miei comportamenti, non vuole spendere è una scelta che rispetto. Sarebbe di grande aiuto conoscere per ogni generico la percentuale di di biodisponibilità rispetto al branded perchè sapreì sempre cosa prescrivo e cosa attendermi da ogni singolo generico di ogni singola marca.
Dott. Emilio Magliani (MdF)-Osimo
26/01/2012

 

26 gennaio 2012
© Riproduzione riservata
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