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Covid. Tar Lazio boccia circolare Ministero della Salute su cure a casa: “Si pone in contrasto con l’attività dei medici”. Un anno fa un’ordinanza simile fu poi annullata dal Consiglio di Stato


Accolto un ricorso del Comitato Cura Domiciliare Covid-19. “Il contenuto della nota ministeriale, imponendo ai medici puntuali e vincolanti scelte terapeutiche, si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicata dalla scienza e dalla deontologia professionale”. Una decisione che sembra richiamare una precedente ordinanza del Tar Lazio che sospese nel 2021 la nota Aifa sulle cure Covd domiciliari. Ordinanza che fu però annullatta successivamente dal Consiglio di Stato. LA SENTENZA

17 GEN - Il contenuto della nota del Ministero della Salute che, in merito alla gestione domiciliare dei pazienti con infezione da Sars-CoV-2, prevede una "vigile attesa" e la somministrazione di Fans e Paracetamolo, "si pone in contrasto con l'attività professionale così come demandata al medico nei termini indicati dalla scienza e dalla deontologia professionale".
 
Così il Tar del Lazio in una sentenza con la quale, accogliendo un ricorso presentato dal comitato Cura Domiciliare Covid-19 a firma del presidente Erich Grimaldi e dell'avvocato Valentina Piraino, annulla una parte della Circolare ministeriale aggiornata al 26 aprile 2021 per il trattamento a domicilio dei pazienti affetti da Covid.
 
Queste linee guida, per il Ministero della Salute costituiscono "mere esimenti", ossia causa di esclusione di responsabilità penale in caso di eventi sfavorevoli. Per il Tar, invece, "è onere imprescindibile di ogni sanitario di agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l'esito della terapia prescritta quale conseguenza della professionalità e del titolo specialistico acquisito. La prescrizione dell'Aifa, come mutuata dal Ministero della Salute, contrasta, pertanto, con la richiesta professionalità del medico e con la sua deontologia professionale, imponendo, anzi impedendo l'utilizzo di terapie da questi ultimi eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto con la malattia Covid-19 come avviene per ogni attività terapeutica".
 
La sentenza che si incentra sulla libertà prescrittiva del medico richiama quanto già avvenuto a marzo 2021 con una ordinanza, sempre del Tar Lazio, con gli stessi Erich Grimaldi e Valentina Piraino nelle vesti di avvocati difensori, con la quale era stata sospesa la nota Aifa con le indicazioni per la cura domiciliare dei pazienti Covid. Ordinanza che fu poi bocciato dal Consiglio di Stato, che accolse il ricorso di Aifa e Ministero della Salute.
 
Secondo il parere del Consiglio di Stato di allora, "la nota Aifa non pregiudica l’autonomia dei medici nella prescrizione, in scienza e coscienza, della terapia ritenuta più opportuna, laddove la sua sospensione fino alla definizione del giudizio di merito determina al contrario il venir meno di linee guida, fondate su evidenze scientifiche documentate in giudizio, tali da fornire un ausilio (ancorché non vincolante) a tale spazio di autonomia prescrittiva, comunque garantito”.
 
Da sottolineare che questo parere è ora espressamente richiamato nella nuova sentenza del Tar Lazio. Secondo il parere dei giudici amministrativi però, il contenuto della circolare ministeriale odierna "imponendo ai medici puntuali e vincolanti scelte terapeutiche, si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicata dalla scienza e dalla deontologia professionale".
 
Eppure, come già stabilito dal Consiglio di Stato per la nota Aifa, anche nella circolare del Ministero della Salute sulle cure domiciliari che recepiscono quei contenuti si parla espressamente di "raccomandazioni" e "indicazioni" e queste non vengono mai espressamente definite come vincolanti. Va poi aggiunto che la libertà prescrittiva del medico non è mai assoluta ma esistono precisi paletti che sono stati fissati non dai giudici ma dagli stessi ordini professioni professionali all'interno del Codice deongologico. Lì, infatti, all'articolo 12 si chiarisce che "Il medico non adotta né diffonde pratiche diagnostiche o terapeutiche delle quali non è resa disponibile idonea documentazione scientifica e clinica valutabile dalla comunità professionale e dall'Autorità competente".  E, infine: "La prescrizione deve fondarsi sulle evidenze scientifiche disponibili,sull'uso ottimale delle risorse e sul rispetto dei principi di efficacia clinica, di sicurezza e di appropriatezza".
 
Stante questi precedenti non è quindi da escludere una nuova pronuncia negativa del Consiglio di Stato sempre che il Ministero della Salute decida di impugnare la nuova sentenza del Tar Lazio come già avvenuto lo scorso anno.
 
Giovanni Rodriquez

17 gennaio 2022
© Riproduzione riservata
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