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Farmaci. Distribuzione diretta e per conto da rivedere. Parere unanime di aziende, farmacisti ed esperti in audizione alla Camera

di L.F. e E.M.

Ieri pomeriggio si sono svolte una serie di audizioni alla Commissione Affari Sociali nell’ambito dell’indagine conoscitiva in materia di “distribuzione diretta” dei farmaci per il tramite delle strutture sanitarie pubbliche e di “distribuzione per conto” per il tramite delle farmacie convenzionate con il Ssn. Ecco cosa hanno detto Scaccabarozzi (Farmindustria), Martini (ex Dg Aifa e Presidente Fondazione Res) e Pace (Fofi)

24 FEB - "Serve un ammodernamento della norma sulla distribuzione dei farmaci, per far sì che tutte le terapie prescrivibili dal medico di famiglia siano disponibili sul territorio e contabilizzate come tali". A spiegarlo è stato Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, durante l'audizione in Commissione Affari sociali della Camera, nell’ambito dell’indagine conoscitiva in materia di “distribuzione diretta (DD)” dei farmaci per il tramite delle strutture sanitarie pubbliche e di “distribuzione per conto (DPC)” per il tramite delle farmacie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale.
 
“I farmaci – ha detto il leader degli industriali - che possono essere prescritti dal Medico di Medicina Generale, quindi, non dovrebbero essere compresi nel PHT e andrebbero distribuiti e contabilizzati in regime convenzionale. Questo dovrebbe essere previsto sia per quelli classificati da subito non specialistici, sia per quelli che da specialistici diventano prescrivibili dai MMG dopo valutazione da parte di AIFA (come, ad esempio, avvenuto con le ultime Note) e con adeguata formazione dei Medici”.
 
Inoltre, “per riportare nel canale convenzionale prodotti territoriali ora in distribuzione diretta o DPC andrebbe presto avviata una fase di transizione, ordinata e a condizioni sostenibili per spesa farmaceutica, industria e distribuzione. E – nel contempo – andrebbero evitate ulteriori estensioni del PHT a prodotti ad uso territoriale, a livello sia nazionale, sia regionale”.
 
Per quanto riguarda i prodotti specialistici, che non possono essere prescritti dalla Medicina Generale, per Farmindustria “sarebbe poi opportuno creare una lista di farmaci da distribuire in DPC piuttosto che nei centri ospedalieri, in base a caratteristiche scientifiche e cliniche (ad esempio uso consolidato, assunzione in regime domiciliare, come per farmaci orali o orfani, non necessità di visite di follow up particolarmente stringenti)”.
 
“In questo modo – ha precisato Scaccabarozzi - si eviterebbero accessi non necessari in ospedale, ci sarebbe una gestione efficiente di tutte le opzioni distributive a beneficio della facilità di accesso alle cure per i Pazienti, si valorizzerebbero i Medici (sia di Medicina Generale, sia Specialisti) e i Farmacisti, attraverso il ruolo della farmacia dei servizi. Infine, si dovrebbero indirizzare alla distribuzione diretta ospedaliera esclusivamente i farmaci che per somministrazione ed esigenza di controllo richiedono il necessario passaggio nei centri clinici”.
 
“La materia della Distribuzione Diretta e Distribuzione Per Conto risulta estremamente complessa perché riguarda e impatta sulle molteplici variabili della governance farmaceutica e non solo sulle procedure distributive da parte delle farmacie aperte al pubblico e delle farmacie ospedaliere”, ha evidenziato il presidente della Fondazione Res ed ex Dg Aifa, Nello Martini che nell’audizione ha illustrato una corposa analisi relativa alla spesa, alle prescrizioni, alle categorie terapeutica e al costo medio per confezione dei farmaci distribuiti in DD e DPC sulla base dei dati 2020 dell’Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali (OsMed) dell’AIFA e ha suggerito alcune proposte per l’evoluzione dei due canali distributivi.
Per quanto riguarda la DD (secondo il PHT – Determina AIFA 4/11/2004), questa nel 2020 ha comportato una spesa di 5,5 miliardi di €, con un costo medio per confezione di 639 €, riferibile in particolare a farmaci oncologici, anti-HIV, farmaci orfani e anticorpi monoclonali. Per tali farmaci andrebbe “consolidata la distribuzione diretta al paziente in concomitanza con l’accesso alla struttura per il monitoraggio clinico al follow-up e dovrebbe essere adottata e promossa la distribuzione domiciliare (Home Delivery) quando non necessita il controllo clinico al follow-up o viene assicurato attraverso procedure di teleconsulto e telemonitoraggio”. “In entrambi i casi – ha precisato Martini - deve essere assicurato il controllo clinico e distributivo tramite la piattaforma AIFA dei Registri di monitoraggio per singolo paziente (scheda di arruolamento paziente, scheda di distribuzione del farmaco, scheda di follow-up, scheda di fine trattamento)”
 
Per quanto concerne i farmaci in DPC (art. 8 L. 405/2001), che nel 2020 hanno determinato una spesa di 2 miliardi di €, con un costo medio per confezione di 40 € riferibile a farmaci impiegati per patologie croniche, per quelli classificati in classe A e prescrivibili dal MMG, la proposta per favorire la assistenza di prossimità, è di riclassificarli nell’ambito della farmaceutica convenzionata, applicando le nuove modalità di remunerazione della farmacia basate sulla attribuzione di una fee (onorario per confezione) e con una percentuale marginale sul prezzo, in modo da mantenere l’equilibrio economico complessivo, senza aggravi rispetto alla situazione esistente”.
 
“La finalità di queste proposte – ha spiegato Martini - è quella di superare le disuguaglianze di accesso e le differenze per i pazienti, attualmente esistenti tra le varie Regioni, che determinano per lo stesso farmaco e per la stessa patologia il ricorso in alcune Regioni alla DD, in altre alla DPC e, in altre ancora, alla convenzionata”. “La DPC – ha concluso - non può rappresentare il futuro delle farmacie aperte al pubblico, in quanto un suo impiego allargato porterebbe a una ulteriore de-professionalizzazione delle farmacie, relegandole ad un ruolo di distribuzione terzista”.
 
“La Federazione degli Ordini dei farmacisti intende evidenziare l’importanza di un ritorno alla centralità della dispensazione dei medicinali per il tramite delle farmacie aperte al pubblico per la definizione di un nuovo e più efficace sistema di assistenza nell’ottica della continuità ospedale-territorio”, così Maurizio Pace, segretario della Fofi, durante la stessa audizione in Commissione Affari sociali della Camera. 
 
Pace ha poi ricordato come il ricorso all’erogazione tramite le farmacie dei farmaci normalmente distribuiti dalle strutture sanitarie pubbliche, favorisca un più facile e sicuro accesso ai farmaci da parte di tutti i cittadini evitando di recarsi negli ospedali.
 
Tanti i vantaggi. Anche economici. Nel 2020 la spesa pro capite per i farmaci dispensati attraverso la distribuzione diretta e in nome e per conto di fascia A, H e C, è stata pari a 140,8 euro (8,4 miliardi di euro), in aumento del 2,2% rispetto all’anno precedente. A livello nazionale la spesa della distribuzione diretta ha un’incidenza percentuale del 75,6%, pari a un valore pro capite di 106,50 euro, mentre quella della distribuzione per conto del 24,4%, pari a un valore pro capite di 34,30 euro. “Una composizione che sottende un’ampia variabilità regionale, legata alle differenze organizzative dei sistemi sanitari regionali” ha rimarcato Pace.
 
“La distribuzione diretta – ha aggiunto Pace – nel tempo, evidenziato difficoltà a causa delle criticità derivanti dalla natura pubblicistica delle aziende sanitarie; dei costi sociali legati alle difficoltà di fornire in modo agevole ai pazienti l’assistenza farmaceutica; dei costi indiretti legati alle spese per il personale addetto alle diverse fasi previste; della distribuzione dei medicinali con modalità estremamente diversificate sul territorio da regione a regione e addirittura tra le singole Asl. Inoltre, le ispezioni dei Nas hanno fatto emergere l’esistenza di strutture ospedaliere con farmaci scaduti o conservati in modo non conforme alle norme”.
 
A questo si è aggiunta la situazione di affanno dei servizi farmaceutici ospedalieri e delle Asl, dovuta alla carenza di personale oltre alle pessime condizioni delle strutture pubbliche.

In proposito, ha aggiunto “la Fofi ritiene imprescindibile garantire la centralità del paziente ed il diritto alla salute e, nell’ambito di un ripensamento dell’assistenza, che focalizzi l’ospedale solo per i pazienti malati acuti e affidi la gestione della cronicità al territorio, chiede di superare le criticità legate alla centralizzazione della distribuzione ospedaliera, ricorrendo anche per queste patologie alle farmacie di comunità”.
 
Non può, inoltre, essere dimenticato il disagio per i pazienti che sono costretti a recarsi esclusivamente presso le farmacie ospedaliere, che non hanno di certo una dislocazione capillare e posizioni raggiungibili da tutte le fasce di cittadini come le farmacie territoriali. Ed anche la disomogeneità attualmente esistente nel canale distributivo tra regioni determina disuguaglianza di trattamento, mettendo ancora più in evidenza i problemi legati alla diversità delle politiche regionali.
 
Insomma, di fronte a questo scenario occorre andare verso un nuovo modello di distribuzione dei medicinali: “Le difficoltà in termini di accesso al farmaco determinate dalla Dpc – ha detto Pace – spesso comportano come è risultato evidente in fase di emergenza pandemica, la rinuncia dei pazienti a recarsi nella farmacia ospedaliera sia per paura del contagio, sia per le lunghe distanze da percorrere per raggiungere le Asl autorizzate dalla regione che tra l’altro spesso non sono sufficienti a garantire una capillare distribuzione. Considerate le ripercussioni negative sia in termini di effettiva presa in carico dei pazienti sia in termini di dispendio economico e spreco di risorse, è evidente la scarsa funzionalità della distribuzione diretta”.
 
Le criticità possono essere superate attraverso il ricorso “a regime alla distribuzione per conto di tutti i medicinali che per le loro caratteristiche e proprietà terapeutiche non devono necessariamente essere gestiti in ambito ospedaliero, utilizzando la rete delle circa 19mila farmacie distribuite in modo capillare e in grado di offrire una migliore risposta di prossimità in termini di assistenza farmaceutica”.
 
La proposta della Fofi è, dunque, quella di prevedere la distribuzione dei farmaci distribuiti direttamente dalle strutture ospedaliere e dalle Asl per il tramite delle farmacie di comunità secondo condizioni, modalità di remunerazione e criteri stabiliti nei vigenti accordi convenzionali locali stipulati con le organizzazioni maggiormente rappresentative delle farmacie”.

Inoltre la farmacia di comunità è, indubbiamente, un canale di distribuzione adeguatamente controllato capace di garantire una notevole sicurezza nella gestione del farmaco e delle terapie. E il farmacista di comunità è in grado di proporsi come autorevole referente del percorso di cura, assumendo una posizione strategica nelle attività di potenziamento della sanità territoriale.
Non solo, ha ricordato Pace, escludendo l’ospedale dai meccanismi distributivi del farmaco, si consentirebbe anche al farmacista ospedaliero di recuperare un ambito di attività maggiormente corrispondente alla propria formazione.
“Una riforma dell’assistenza deve puntare a decongestionare l’ospedale riportando sul territorio la gestione della cronicità, anche attraverso il ricorso a regime alla distribuzione per conto rappresenta, quindi, un fondamentale passo avanti per garantire la centralità del paziente ed il diritto alla salute – ha concluso – si tratta di scelte organizzative che non possono non avere riflessi sul sistema di remunerazione delle farmacie. Una prima occasione è senz’altro costituita dal rinnovo della Convenzione nazionale farmaceutica, scaduta da oltre venti anni, che tenga conto delle tante attività professionali affidate di recente al farmacista, che necessitano, oltre ad un loro riconoscimento stabile, anche di un’adeguata remunerazione”.
 
L.F e E.M

24 febbraio 2022
© Riproduzione riservata

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