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Fine vita. Il caso Fabio Ridolfi e la legge bloccata da tre mesi al Senato

di Giovanni Rodriquez

Il testo di legge approvato lo scorso 10 marzo alla Camera è fermo ormai da mesi al Senato. Lo scorso 4 maggio i gruppi parlamentari non trovarono il modo di raggiungere un accordo su come proseguire l’iter del provvedimento. A quel punto i lavoro si sono fermati fino al 30 maggio, data nella quale le commissioni Giustizia e Sanità sono tornate a riunirsi per avviare un ciclo di audizioni. La presidente della XII commissione spinge per far approdare il testo in aula entro l'estate. Ma la maggioranza  è divisa sul tema e c'è il rischio che non si arrivi alla conversione in legge.

08 GIU -

"Da due mesi la mia sofferenza è stata riconosciuta come insopportabile. Ho tutte le condizioni per essere aiutato a morire. Ma lo Stato mi ignora. A questo punto scelgo la sedazione profonda e continua anche se prolunga lo strazio per chi mi vuole bene”. Questa la denuncia di Fabio Ridolfi, il 46enne di Fermignano immobilizzato da 18 anni a letto a causa di una tetraparesi.

Il caso di Ridolfi, rilanciato dall'Associazione Luca Coscioni, riguarda in particolare la mancata indicazione da parte del Servizio sanitario regionale delle Marche sul farmaco e le modalità di somministrazione per l'aiuto medico alla morte volontaria. Una vicenda che non può non evocare quel testo di legge sul fine vita approvato lo scorso 10 marzo alla Camera e completamente fermo ormai da mesi al Senato.

Il testo era stato incardinato a fine aprile presso le commissioni riunite Giustizia e Sanità di Palazzo Madama con la nomina di quattro relatori: Simone Pillon (Lega) e Alessandra Maiorino (M5S) in rappresentanza della II commissione, Caterina Biti (PD) e Maria Rizzotti (FI) per la XII. Lo scorso 4 maggio i gruppi parlamentari, durante un ufficio di presidenza, non trovarono il modo di raggiungere un accordo su come proseguire l’iter del provvedimento. A quel punto il testo è stato messo da parte fino al 30 maggio, data nella quale le due commissioni sono tornate a riunirsi per avviare un ciclo di audizioni.

L'allungarsi dei tempi aveva portato pochi giorni fa la presidente della commissione Sanità, Annamaria Parente (IV), ad un richiamo alla Lega: "Niente melina sul fine vita, la Lega non si metta di traverso". La presidente della XII commissione è convinta che vicende come quella di Fabio RIdolfi debbano "stimolare a portare a termine nel più breve tempo possibile l'iter della legge sul fine vita, già passata alla Camera e ora in discussione in commissione al Senato. Il mio compito come presidente è di portare la legge in Aula, senza ostruzionismi e cercando di far si' che ognuno dei parlamentari possa esprimere la sua volontà. Come presidente non devo giudicare il sì o il no alla legge, il mio compito è che ci sia una legge dello Stato che tuteli la sofferenza delle persone e che metta tutti nella condizione di poter scegliere", ha concluso. 

Un auspicio che rischia però seriamente di restare tale visto che i numeri della maggioranza al Senato sono ancora più risicati rispetto a quelli della Camera. Molte infatti le posizioni negative sul testo non solo da parte della Lega ma anche di Forza Italia e dei gruppi centristi. Il rischio che non si riesca a convertire in legge il provvedimento entro la fine della legislatura è quindi tutt'altro che remoto.

Ma cosa prevede il testo approvato alla Camera? Potrà fare richiesta di morte volontaria medicalmente assistita una persona che sia maggiorenne, capace di intendere e di volere e di prendere decisioni libere, adeguatamente informata, e che sia stata previamente coinvolta in un percorso di cure palliative. Riallacciandosi così a quanto in gran parte già previsto in tal senso dalla legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento (legge 219/2017).

RIguardo ai presupposti che consentono l'accesso alla morte medicalmente assistita, si specifica che la persona richiedente deve trovarsi nelle seguenti concomitanti condizioni:

- aver raggiunto la maggiore età al momento della richiesta;
- essere capace di intendere e di volere e di prendere decisioni libere, attuali e consapevoli;
- essere adeguatamente informata;
- essere stata previamente coinvolta in un percorso di cure palliative al fine di alleviare il suo stato di sofferenza e averle esplicitamente rifiutate o volontariamente interrotte;
- essere affetta da una patologia attestata, dal medico curante o dal medico specialista che la ha in cura, come irreversibile e a prognosi infausta oppure - - essere portatrice di una condizione clinica irreversibile, e che tali condizioni cagionino sofferenze fisiche e psicologiche che il richiedente trova assolutamente intollerabili;
- essere tenuta in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente.
 
Con riguardo alle caratteristiche della richiesta, il testo prevede che essa debba essere attuale, informata, consapevole, libera ed esplicita e rispettare le modalità già previste dalla legge sulle disposizioni anticipate di trattamento (legge n. 219 del 2017). In particolare, la proposta prevede che la richiesta debba essere manifestata per iscritto, nelle forme dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata. Se le condizioni della persona non consentono il rispetto di queste forme, la richiesta può essere espressa e documentata con videoregistrazione o qualunque altro dispositivo idoneo che gli consenta di comunicare e manifestare inequivocabilmente la propria volontà, alla presenza di 2 testimoni. 

Il medico avrà il compito di redigere un rapporto dettagliato e documentato sulle condizioni cliniche, psicologiche, sociali e familiari del richiedente e inviarlo al comitato per la valutazione clinica territorialmente competente. In caso di parere favorevole, questo dovrà essere inviato presso la direzione sanitaria della Asl o Azienda ospedaliera di riferimento che dovrà garantire il decesso al domicilio del paziente laddove possibile o presso la struttura.

Per il personale sanitario è prevista la possibilità di obiezione di coscienza. La regione dovrà ad ogni modo assicurare l'espletamento delle procedure previste dalla legge. I reati di aiuto al suicidio e omissione di soccorso non si applicano al personale sanitario e amministrativo coinvolto nell'intera procedura.
 
In relazione alle procedure di morte volontaria medicalmente assistita eseguite nel rispetto delle disposizioni di legge, si esclude l'applicabilità al medico, al personale sanitario e amministrativo nonché a chiunque abbia agevolato il malato nell'esecuzione della procedura, del reato di istigazione o aiuto al suicidio, di cui all'art. 580 e del reato di omissione di soccorso, di cui all'art. 593 c.p. Il testo contiene inoltre una disposizione transitoria, da applicare ai fatti di morte medicalmente assistita che abbiano avuto corso prima dell'entrata in vigore della legge. Anche in tali casi, ed anche se è già intervenuta una sentenza di condanna passata in giudicato, è esclusa la punibilità di chiunque abbia agevolato in qualsiasi modo la morte volontaria medicalmente assistita di una persona se, al momento del fatto: ricorrevano i presupposti e le condizioni richieste della legge; era stata accertata inequivocabilmente la volontà attuale, libera, informata e consapevole della persona richiedente.

Giovanni Rodriquez 



08 giugno 2022
© Riproduzione riservata

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