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Decreto Balduzzi. Gruppo europeo Farmindustria: "Norme contro lo sviluppo" 


Tra i punti critici la revisione non condivisa del Prontuario Farmaceutico in base esclusivamente a criteri economici e non di appropriatezza e la possibilità di prescrivere farmaci non approvati a livello regolatorio. L'altolà delle 39 aziende farmaceutiche europee operanti in Italia. 

03 SET - “La revisione non condivisa del Prontuario Farmaceutico e della legge 648 mettono a rischio migliaia di posti di lavoro nel settore e creano pericolose premesse per una grave deregulation prescrittiva e nella dispensazione dei farmaci. Con questo decreto l’Europa si allontana e si vanifica ogni possibilità di crescita del Paese e di lotta alla disoccupazione” commenta Maurizio de Cicco, Amministratore delegato di Roche S.p.A., vicepresidente di Farmindustria e Chairman del GEF (Gruppo Europeo Farmindustria), gruppo che riunisce 39 aziende farmaceutiche a capitale europeo operanti nel mercato italiano.

“E’ gravissimo pensare di rivedere in maniera unilaterale e senza alcun confronto le liste dei farmaci a disposizione dei pazienti italiani solo sulla base di considerazioni economicistiche e senza tenere conto dell’appropriatezza prescrittiva” spiega de Cicco. “Se il problema è che i prezzi di alcuni farmaci, già concordati e approvati dall’Agenzia Italiana del Farmaco, sono giudicati troppo onerosi, è nelle competenze dell’AIFA procedere ad una ri-negoziazione”.
“Se invece – continua de Cicco - si vuole rivedere radicalmente il Prontuario, è necessario convocare con urgenza un tavolo di lavoro per definire criteri trasparenti e condivisi. Senza la concertazione, l’unico risultato che si raggiungerà sarà quello di privare medici e pazienti di farmaci importanti approvati dalle autorità sanitarie sulla base di rigorosi protocolli registrativi nazionali e internazionali”.

Oltre alle preoccupazioni per lo sviluppo del Paese, sono forti anche quelle per il rischio di una deregulation prescrittiva e di dispensazione dei farmaci.
Infatti, la bozza del Decreto prevede la revisione della legge 648 sull'off label, che regola l'uso dei farmaci fuori indicazione. La nuova proposta consentirebbe di utilizzare i medicinali per indicazioni non approvate senza che ne siano stati studiati effetti collaterali o reazioni avverse, anche nei casi in cui per quelle indicazioni fosse già autorizzato un farmaco, ma il cui prezzo fosse ritenuto eccessivamente oneroso per il SSN. I pazienti italiani quindi potrebbero vedersi prescrivere per mere ragioni economiche farmaci che non hanno seguito il rigoroso iter di studi clinici necessari per la validazione di un farmaco”.
Un altro rischio insito nel provvedimento è quello del cosiddetto “sconfezionamento” dei farmaci, che sarebbe necessario per somministrarli per patologie fuori indicazione e che metterebbe a rischio l’integrità e la sicurezza della dispensazione, esponendo i pazienti a potenziali rischi. Tale procedimento non consentirebbe più alle aziende di ritenersi responsabili dell’integrità e della sicurezza delle confezioni dispensate, né di identificare un preciso soggetto responsabile.

“Colpire per l'ennesima volta le aziende del farmaco avrà sicuramente una fortissima ripercussione sui livelli occupazionali e sugli investimenti in ricerca nel nostro Paese. E' triste vedere che nel nostro Paese ci si ricorda delle aziende solo quando decidono di delocalizzare, ma il rischio è concreto. Non si tratta più solo di vedere diminuire gli investimenti destinati alla ricerca, ma di convincere le aziende a non abbandonare l'Italia” conclude de Cicco. “Francamente, se alcuni gruppi decidessero di concentrarsi su altre realtà in cui l'industria del farmaco non viene considerata un mero fattore di costo ma anzi un volano per l’economia, non mi sentirei di biasimarli".

“Eravamo appena riusciti con estrema difficoltà a "far digerire" alle nostre case madri la spending review di agosto, e ora siamo punto e a capo” continua de Cicco. “I nostri colleghi internazionali sono sempre meno disposti ad ascoltarci quando cerchiamo di convincerli che vale la pena continuare ad investire in Italia. Ci domandiamo a questo punto se esiste la volontà politica di tutelare uno dei pochi settori in grado di generare valore, proprio mentre si cerca di rilanciare lo sviluppo del Paese e farlo uscire dalla crisi".

Solo le 39 aziende riunite nel GEF generano ogni anno oltre 7,5 miliardi di Euro di fatturato - di cui il 10% viene reinvestito in attività di Ricerca & Sviluppo – e 2,2 miliardi di Euro di esportazioni, danno lavoro complessivamente a più di 21.000 persone - il 36% delle quali in attività di Ricerca & Sviluppo e Produzione - e attraverso le oltre 1.000 sperimentazioni cliniche attivate negli ultimi cinque anni hanno messo a disposizione dei pazienti italiani terapie innovative spesso non ancora disponibili nel nostro Paese. Un patrimonio che a colpi di decreto si rischia di cancellare, con inevitabili ripercussioni sui livelli occupazionali.

03 settembre 2012
© Riproduzione riservata

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