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Fondi integrativi sanitari. “Nel 2021 prestazioni in favore di iscritti a Enti e Casse a quota 2,8 mld”. L’audizione di Ivass al Senato


Queste costituite in larga parte da assistenza odontoiatrica (69%), prestazioni socio-sanitarie (16%) e prestazioni finalizzate al recupero della salute (15%), il 33% delle quali vincolate. Complessivamente, nel 2021 l’intera spesa sanitaria pubblica e privata italiana ammontava a 168 miliardi di euro, pari al 9,5% del Pil.  A fare il punto il Segretario generale dell'Ivass, Stefano De Polis durante l'audizione in commissione Affari sociali al Senato nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle forme integrative di previdenza e di assistenza sanitaria. IL TESTO

16 FEB -

Complessivamente nel 2021 l'intera spesa sanitaria pubblica e privata italiana ammontava a 168 miliardi, pari al 9,5% del Pil. Fino al 2019 la spesa sanitaria pubblica in relazione al Pil presenta un andamento costante nel tempo in relazione, oscillando intorno al 6,5%, mentre nel 2020 si assiste a un incremento anche in conseguenza della pandemia, con un valore pari a 123 miliardi, pari al 7,5% rispetto al Pil. Nel 2021 la spesa si è assestata a 127 miliardi, con un rapporto rispetto al Pil in calo al 7,1%.

A fare il punto è il Segretario generale dell'Istituto per la Vigilanza sulle assicurazioni (Ivass), Stefano De Polis, durante l'audizione in commissione Affari sociali al Senato nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle forme integrative di previdenza e di assistenza sanitaria.

Oltre alla spesa pubblica - ha ricordato De Polis - va considerata anche la spesa sanitaria privata, composta da 4,5 miliardi di spesa sanitaria intermediata da fondi, mutue e imprese di assicurazione e da 36 miliardi di spesa diretta delle famiglie (out-of-pocket). La spesa diretta delle famiglie è "particolarmente elevata in Italia", si legge nella Relazione, pari al 22% del totale.

Gli intermediari della spesa sanitaria. Fondi sanitari, compagnie di assicurazione, società e casse mutue sono gli attori della spesa sanitaria intermediata. Con il D.M. 31 marzo 2008 è stata istituita presso il Ministero della Salute un’anagrafe dei fondi sanitari integrativi la cui iscrizione non è obbligatoria ma è necessaria per ottenere i benefici fiscali.

Sono previste due distinte sezioni: Fondi sanitari integrativi ex art. 9 del D. Lgs. n.502/1992 (tipo A) ed Enti, casse e società di mutuo soccorso ex art. 51, comma 2, lett. a), del T.U. n.917/1986 (tipo B). Gli ultimi dati disponibili (report 2021) mostrano la crescita del numero dei fondi e del numero degli iscritti.

"Anche se in aumento - si spiega nella relazione - i fondi di tipo A sono appena dodici e il controvalore delle relative prestazioni rimane molto modesto".

Le prestazioni a favore degli iscritti degli Enti, Casse e Società di mutuo soccorso, i fondi integrativi di tipo B, "hanno raggiunto nel 2020 i 2,8 miliardi di euro e sono costituite in larga parte da assistenza odontoiatrica (69%), prestazioni socio-sanitarie (16%) e prestazioni finalizzate al recupero della salute (15%), il 33% delle quali vincolate". Aumentano le società di mutuo soccorso (erano 44 nel 2018), mentre risultano stabili le associazioni non riconosciute (erano 255 nel 2018).

Le problematiche emerse dall'azione di vigilanza dell'Ivass, alcune proposte di riforma. "Il primo dato che emerge è rappresentato dall’esistenza di asimmetrie informative: i beneficiari delle prestazioni, dunque, hanno difficoltà a percepire le differenze tra i diversi soggetti impegnati a garantire la prestazione sanitaria, (compagnie, fondi, società di mutuo soccorso) e soprattutto tra le diverse discipline e forme di tutela previste dall’ordinamento.

Dall’analisi dei reclami emergono spesso criticità riconducibili a scarsa chiarezza delle condizioni contrattuali, carenze nell’informativa precontrattuale (manchevolezza per lo più addebitabile ai datori di lavoro che stipulano coperture collettive), difficoltà e ostacoli di vario genere nell’apertura delle posizioni o nell’aver riscontro alla semplice richiesta di informazioni sulle modalità di attivazione delle prestazioni o sullo stato di trattazione delle pratiche", ha spiegato De Polis.

Sarebbe dunque necessario, si spiega, che "le prestazioni sanitarie e i percorsi di cura definiti dai protocolli sanitari degli operatori della sanità integrativa siano inequivocabilmente identificati e chiaramente descritti in modo da evitare false aspettative negli assistiti ed eccessivi margini di discrezionalità per l’accesso/diniego alle prestazioni garantite".

Inoltre, "contribuirebbe alla maggiore chiarezza anche il mancato utilizzo - nell’oggetto sociale dei Fondi sanitari e delle società di mutuo soccorso come nella documentazione presentata agli aderenti – di termini e riferimenti 'assicurativi' che possono creare confusione tra gli aderenti".

L'Ivass è poi tornato ad esporre alcune criticità riguardanti l’articolo 345 del Codice delle Assicurazioni. "In generale, riteniamo che l’art. 345 del CAP, per indubbie difficoltà interpretative e applicative, rappresenti una risposta normativamente non aggiornata, parziale, e comunque non adeguata a dare risposte alle esigenze di tutela dei fruitori dei servizi di sanità integrativa in generale e delle società di mutuo soccorso in particolare.

Per poter individuare una proposta di modifica normativa occorrerebbe, col necessario contributo di tutti gli attori a vario titolo coinvolti, previamente definire con maggiore chiarezza e dettaglio il perimetro delle attività inquadrabili nelle diverse forme e modalità in cui si esplica la sanità integrativa e la natura e i limiti dei soggetti che vi possono operare, per poi procedere a definire coerentemente requisiti organizzativi e patrimoniali (se del caso mutuandoli dalla disciplina assicurativa che più si adatta alle varie fattispecie), sistema dei controlli da porre in essere e relative competenze".



16 febbraio 2023
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