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Intervista all'ex ministro della Salute Fazio: "Oggi le risorse stanno solo nel privato"

di Stefano Simoni

In questo monento di crisi il privato è l'unico a poter immettere risorse nel sistema. Per questo è assurdo il rifiuto di un suo ruolo all'interno del settore. E poi, il ritorno in Parlamento del "suo" ddl e il decreto del suo successore Balduzzi, il ruolo delle Regioni e il caos vaccini. Ecco come la pensa il titolare della Salute nell'ultimo governo Berlusconi

13 NOV - Il Ddl sulla sperimentazione clinica e riforma degli ordini delle professioni sanitarie, dopo circa un anno, sarà ripreso dalla Commissione Igiene e Sanità del Senato per inserivi quelle modifiche che per ragioni di tempo non è stato possibile inserire nel Dl Balduzzi. Cogliendo quest’occasione abbiamo incontrato l’ex ministro della salute, Ferruccio Fazio, autore di quel disegno di legge, il quale partendo dall’analisi del suo Ddl e passando per il decreto Balduzzi fino ad arrivare al ruolo delle Regioni e alla gestione del caos vaccini ci ha offerto a sua visione della sanità italiana di oggi.
 
Professor Fazio, il Ddl da lei presentato quando era Ministro, è stato ripreso dopo un anno per inserire, su proposta del suo successore Balduzzi, quelle misure che non è stato possibile inserire nel decreto Sanità per motivi di tempo, come valuta questa opportunità di riprendere il suo provvedimento?
Gli strumenti normativi sono fatti per essere modificati, a maggior ragione quando passa del tempo. Credo quindi che il Ddl che ho curato quando ero al Governo, possa essere da una parte arricchito e dall'altra modificato snellendo le parti che sono state oggetto di provvedimenti da parte di questo esecutivo. Mi riferisco, in particolare, al fascicolo sanitario già incluso nell’agenda digitale.
 
Quali sono le innovazioni principali inserite nel suo Ddl?
A mio avviso le innovazioni più significative a livello strutturale sono due. La prima è relativa alle norme sulla sperimentazione clinica, provvedimento chiave per dare il necessario rilancio al sistema produttivo in sanità. Semplificare e modernizzare le regole per le sperimentazioni cliniche, sia di fase uno che di fase due e tre, stimolerebbe, infatti, l'interesse dell’industria internazionale per il nostro Paese con un conseguente aumento del Pil italiano stimato tra i 300 e i 500 milioni l’anno. Aumento di cui credo l’Italia in questo momento abbia bisogno. La seconda innovazione strutturale è, invece, relativa alla riforma degli ordini professionali.
 
Il decreto Balduzzi è legge. È un decreto che riforma la Sanità e in particolar modo incide sul rapporto territorio-ospedale a lei molto caro. Che valutazione dà del provvedimento?
Il giudizio complessivo è positivo, soprattutto per quanto riguarda la riforma territoriale. L'attuale esecutivo ha infatti proseguito sulla strada che avevamo tracciato per fortificare l'integrazione dei presidi ospedalieri con il territorio mettendo al centro il paziente. Anche per quanto riguarda le politiche relative all’intramoenia condivido l’impostazione che è simile a un articolo del Ddl che era in discussione alla Camera.
Una riflessione a parte è invece d'obbligo sull'aggiornamento dei Lea che, a mio parere, da tempo necessitano di una revisione e di un adeguamento proprio per evitare di intervenire, come invece di fatto sta avvenendo, con tagli lineari sulle spese relative alla strumentazione e ai dispositivi medici con le probabili conseguenze di riduzione della qualità delle cure e di depressione dello sviluppo.
Per quanto riguarda, invece, le norme sulla gestione e regolamentazione di alcol, tabacco  e ludopatie sono sicuramente condivisibili anche se non è detto che siano risolutive. Considero positiva anche l’assenza di norme sul junk food che non avrei condiviso così come non condividevo la norma sull’off-label che è stata espunta dal testo della Camera e che, a mio avviso, sarebbe stata pericolosa perché avrebbe aperto la strada a terapie inappropriate anche se poco costose.
 
E per quanto riguarda invece la parte sulla dirigenza sanitaria?
Da tempo sostengo che è necessario pensare a un cambio del metodo di nomina e di valutazione dei vertici ospedalieri e delle Asl in base anche alle performance con l’obiettivo di avviare un auspicabile processo di depoliticizzazione della sanità. Al contrario, l'attuale provvedimento che abolisce la chiamata diretta e non permette ai direttori sanitari di scegliere i primari rischia di ingessare il sistema chiudendolo e creando, di fatto, una struttura piramidale a ingresso dal basso che disincentiva l'ammodernamento.
L’obiettivo delle aziende ospedaliere e delle Asl deve essere quello di diventare delle aziende reali, con la definizione di un chiaro sistema di incentivi e di punizioni.
 
Cosa pensa dei tagli e dei prezzi di riferimento?
Una revisione delle metodologie di acquisto appare necessaria, soprattutto in alcune Regioni. Il rischio è quello di diminuire sensibilmente la qualità dei beni e dei servizi offerti dal settore sanitario soprattutto se il contenimento economico è concepito in prezzi di riferimento basati sui costi e non sulla qualità. Questo provvedimento rischia di ridurre ulteriormente la qualità dei beni e servizi e di mettere in grave difficoltà le industrie produttrici.
Per quanto riguarda i tagli, si parla di 8/9 miliardi all'anno dal 2014, in parte relativi alla manovra Tremonti e in parte alla nuova manovra del governo attuale. A questi però occorre aggiungere il blocco dell’articolo 20 che non viene calcolato nel Fondo sanitario nazionale, e che ammonta a circa 2 miliardi l’anno, ma che, in realtà, rappresenta i fondi per il finanziamento per l’edilizia sanitaria, per le infrastrutture e per le alte tecnologie.
A questi tagli vanno aggiunti quelli sull'industria farmaceutica, beni e servizi e farmacie. Tutte iniziative che rischiano seriamente di bloccare lo sviluppo del settore sanitario.
 
È dunque necessaria una riforma strutturale. Come farla in assenza di fondi?
A mio avviso, anche in assenza di fondi è possibile lavorare per ottenere un cambiamento vero e percepito dal pubblico che punti all’eliminazione dell’inappropriatezza, alla razionalizzazione della spesa e alla riduzione degli sprechi con il conseguente miglioramento dell'efficacia del sistema.
È necessario intervenire rendendo realmente trasparente la governance del sistema sanitario mediante i meccanismi di valutazione delle performance già esistenti. I cittadini devono avere accesso ai dati utili per poter scegliere in modo consapevole dove indirizzare i percorsi di cura e di diagnosi. È quindi necessario rendere pubblici i dati relativi alla produttività, all'appropriatezza, all'efficienza e all'efficacia degli esiti. Si tratta di una modalità di gestione delle informazioni che all'estero esiste da tempo e che è facilmente realizzabile grazie a un portale web. Avevamo lavorato a questo progetto ma in questo momento appare tutto fermo.
In assenza di fondi è inoltre necessario pensare a interventi fiscali per sostenere gli investimenti in sanità per evitare di bloccare a tempo indeterminato il settore nell'attuale situazione di crisi finanziaria. Defiscalizzare il project financing, non in favore delle imprese ma in favore delle Regioni e facilitarne il ricorso, conferirebbe agli organismi territoriali una riduzione delle spese di investimento. Si tratta di un provvedimento realizzabile anche solo tramite un emendamento al Ddl dello scorso esecutivo.
 
In questo momento di contenimento dei costi occorre ripensare al ruolo del privato in sanità?
In questo momento così delicato il privato è l'unico a poter immettere risorse nel sistema. Per questo il rifiuto di un suo ruolo all'interno del settore porterebbe inevitabilmente alla distruzione del sistema universalistico che invece può essere reso sostenibile proprio grazie a un rapporto positivo, controllato e governato tra pubblico e privato. La governance pubblica, fondamentale e alla base del nostro sistema universalistico, non deve infatti essere confusa con la gestione unicamente pubblica, che appare invece come un'idea vetero-statalista.
 
Che valutazione dà invece del suo successore al ministero della Salute?
Il Ministro Balduzzi ha dovuto affrontare uno dei momenti peggiori per la sanità in Italia, un periodo di profonda crisi economica e l'ha fatto sicuramente con grande impegno. Come critica costruttiva, potrei dire che alcuni provvedimenti hanno penalizzato eccessivamente il settore produttivo e che d'altra parte non sono stati fatti provvedimenti per lo sviluppo. In momenti come questi è invece essenziale lavorare in un'ottica di rilancio del sistema produttivo partendo dalle reali possibilità di intervento proprio per dare al settore un’alternativa possibile.
 
Dalle politiche nazionali passiamo invece a quelle regionali della salute. Vorrei sapere che ne pensa della proposta di Legge Palumbo di far tornare la sanità in capo allo Stato, condivide l’idea che il federalismo sia da rivedere?
La mia esperienza di Governo è durata tre anni e mezzo e mi sono reso conto che, se escludiamo le leggi manifesto oppure le norme condivise da tutti come le cure palliative, lo Stato in materia di Sanità può prendere decisioni solo tramite accordi Stato-Regioni.  Si tratta evidentemente di un compromesso che mette in difficoltà il Governo centrale e il Parlamento e che li rende dipendenti in tanti aspetti dagli organismi territoriali.
Non solo, moltiplicando per 21 quelli che sono i decisori sulla sanità e in assenza di regole precise sull’aziendalizzazione e sulla non politicizzazione della sanità stessa, i problemi di fatto non si sono risolti ma, anzi, si sono moltiplicati. La realtà che stiamo vivendo sottolinea come sia necessario un intervento per mettere ordine al sistema e per permettere al Parlamento di poter legiferare anche in materia di sanità.
 
Ma secondo lei affidare la sanità alle regioni è stato un errore?
Io ho sempre pensato che il sistema “Beveridge” centralizzato fosse complicato e che quindi un aiuto da parte delle regioni avrebbe potuto rendere la gestione sanitaria nazionale più agile a condizione dell’esistenza di una reale collaborazione tra gli organismi territoriali e lo stato centrale.
 
Parliamo del caos vaccini che ha coinvolto la Sanità nelle ultime settimane, qual è la sua opinione?
I vaccini rappresentano una materia delicata anche e soprattutto perché coinvolgono in prima persona e in poco tempo un’ampia fascia di popolazione. Anche nel corso del mio periodo al Governo ci sono state delle criticità che hanno sollevato delle problematiche ora risolte.  Nel caso contingente il mio parere è che un aggregato di proteine non di membrana non possa essere nocivo. Credo che il problema sia stato la gestione della situazione in modo troppo allarmistica.
 
Stefano Simoni

13 novembre 2012
© Riproduzione riservata

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