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Commissione d'inchiesta Camera. Palagiano: "La Pma deve entrare nei Lea”. Il rapporto 


In questo modo si renderebbe omogeneo tanto il servizio di Pma che il costo. Prevedere un costo unico per il rimborso contribuirebbe a ridurre la mobilità delle coppie. A dirlo è Antonio Palagiano (Idv) presentando l’indagine sulla Pma svolta dalla Commissione d’inchiesta sugli errori e i disavanzi regionali.

12 DIC - “Più di un quarto delle donne esegue cicli di procreazione medicalmente assistita in altre regioni diverse da quelle di residenza, con una migrazione che va, tipicamente, da sud verso nord. Con questo tasso altissimo di mobilità passiva, tra l'altro in continua crescita, le regioni del nord continuano ad arricchirsi a spese delle regioni più povere. L’unico modo per superarlo è inserire la riproduzione assistita all’interno dei Lea, per far in modo che venga reso omogeneo su tutto il territorio tanto il servizio che il costo”.
A dirlo è Antonio Palagiano, Idv, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori e i disavanzi sanitari regionali, commentando l’indagine svolta dalla stessa Commissione sulla Pma presentata oggi nella sala stampa di Montecitorio il cui obiettivo è di sottolineare eventuali sprechi e disservizi nell’erogazione delle tecniche.
 
“Questo contribuirebbe – sempre secondo Palagiano – a ridurre la mobilità, il ché costituirebbe un atto umanitario nei confronti delle coppie che si trovano ad affrontare una fase delicata come il progetto di diventare madri e padri, e si trovano costretti a farlo, non solo affrontando le difficoltà dovute alle tecniche in se stesse, ma anche lontani da affetti, famiglia e terre d’origine”.
 
Secondo la relazione statistica presentata dalla Commissione il 39% dei cicli riproduttivi fatti sui siciliani, ad esempio sono effettuati al Nord, poiché nella maggior parte delle regioni settentrionali tali trattamenti sono previsti all’interno del sistema sanitario regionale, mentre in altre regioni sono effettuati in centri privati e, dunque, a carico del paziente.
In Sicilia, su 36 centri, 7 sono pubblici e fanno 445 cicli (14%) e 29 sono privati ed effettuano il 86% dei trattamenti. Quindi a pagare è la famiglia se il trattamento viene fatto nella propria regione d'origine, mentre paga quest'ultima se viene fatto in altre regioni diverse dalla propria.
Altro elemento sottolineato nel corso della presentazione è che il rimborso medio nazionale per una fecondazione in vitro, corrisposto dalle Asl delle diverse regioni, è pari a 1.934 euro, con una oscillazione del costo, che va da un minimo 928 a un massimo 3.547 euro, molto probabilmente specchio di performance diverse, di cui però nessuno può controllare i risultati.
 
Per questo ha spiegato Palagiano “sarebbe necessario prevedere un unico costo per il rimborso, valido in tutto il paese come avviene per le altre patologie. Appare improbabile d’altronde che una performance possa essere qualitativamente la medesima con rimborsi tanto differenti. Il dato evidenzia, invece, che le performance, quanto a know-how, ambienti, qualità dei materiali, non sono le stesse, ma nessuno può controllare i risultati”.
 
 
Sintesi della relazione statistica sulla procreazione medicalmente assistita presentata Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori e i disavanzi sanitari regionali
Dall’entrata in vigore della legge 40, febbraio 2004, continuano ad aumentare le coppie che accedono alle tecniche di Procreazione medicalmente assistita. E aumentano il numero di cicli iniziati e delle gravidanze ottenute. Oggi in Italia i nati con tecniche di fecondazione in vitro sono il 2,2% dei nuovi nati.
 
È in aumento l’età media delle donne che si sottopongono a questo tipo di trattamenti, che nel 2010 si è attestato a 36,3, mentre ben il 29,2% dei cicli a fresco ovvero che non utilizzano gameti o embrioni crioconservati è effettuato da pazienti con età superiore ai 40 anni. Questo fattore incide negativamente sui risultati delle tecniche stesse e sul numero dei cicli di trattamento effettuato. Ciononostante, continua a migliorare l’efficacia delle procedure di procreazione medicalmente assistita, come mostrato da tutti gli indicatori, dal numero dei nati vivi a quello delle gravidanze in rapporto ai cicli iniziati ed ai trasferimenti eseguiti.
 
In Italia le tecniche di Pma vengono effettuate in centri che si dividono, a seconda della complessità e delle diverse tecniche offerte, in centri di I livello e centri di II e III livello. I centri di primo livello sono quelli che applicano solamente l’inseminazione semplice e le crioconservazione del liquido seminale. I centri di II livello, sono strutture più complesse che applicano anche altre tecniche: la fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione, la crioconservazione degli embrioni e degli ovociti, tecniche chirurgiche di prelievo degli spermatozoi etc. Quelli di III livello, invece, svolgono un lavoro maggiormente complesso, inclusa la diagnostica genetica preimpianto e la laparoscopia. Le risposte ottenute, con una prevalenza di centri di II e III livello, indicano una buona dotazione rispetto ai problemi riproduttivi.
 
Analisi dei dati
L’indagine relativa alla procreazione medicalmente assistita è il risultato dell’analisi di 96 risposte su un totale di 351 centri dell’elenco del registro nazionale procreazione medicalmente assistita (27%). Le risposte ai questionari provengono soprattutto dal Nord: 46% del Nord-Ovest, il 23% dal Sud e Isole, il 15% dal Nord-Est e il 13% dal Centro. I dati per quanto preliminari restituiscono uno specchio della situazione del Paese e permettono di tracciare una fotografia indicativa di costi e problematiche.
 
Al Sud e nelle Isole il maggior numero di centri privati (7 su 16) mentre il maggior numero di privati convenzionati si trova in Lombardia (9 su 10).  Ne consegue che spesso al sud le coppie pagano di tasca loro oppure sono costrette a fare lunghi viaggi verso centri del Nord che vengono pagati dalle Regioni a scarsa dotazione (Sicilia e Calabria) alle regioni ad alta dotazione (Lombardia ed Emilia Romagna).
 
Nei 18 mesi presi in esame dalla commissione (1 gennaio 2011 – 30 giugno 2012) i cicli di fecondazione portati a termine sono stati quasi 60 mila. Quindi 3.333 al mese, 39 mila l’anno. Il dato è relativo al 25% dei centri, è dunque ipotizzabile che estendendo la proporzione su tutto il territorio si arrivi a cifre molto significative, come 150 mila cicli completi effettuati ogni anno. Più della metà di questi tre Piemonte e Lombardia (55%), seguiti dal Centro (20%), Nord-est (15%del totale), Sud e Isole (10%).
 
Il numero medio di cicli effettati effettuati per ogni centro è di 681. Sopra la media il Nord-Ovest, con 802 cicli, il Nord-est con 703 cicli e il Centro con 793. Al di sotto della media è il Sud con le Isole con un numero medio di cicli pari a 313.
 
Nelle strutture pubbliche, in media, il numero di cicli completi effettuati è inferiore rispetto a quelli effettuati in strutture completamente private o convenzionate. Il dato riflette un’offerta pubblica inadeguata rispetto alla domanda complessiva, con un servizio spesso caratterizzato da lunghe attese a fronte della pronta disponibilità dei privati.
 
Quanto costa una procedura in vitro? Il rimborso medio nazionale corrisposto dalle Asl delle diverse regioni è pari a 1.934 euro. Quello che colpisce è l’oscillazione del costo, che va da un minimo di 928 a un massimo di 3.547 euro, molto probabilmente specchio di performance diverse, di cui però nessuno può controllare i risultati.
 
La prescrizione dei farmaci induttori dell’ovulazione – farmaci ad alto costo, visto che un ciclo può costare fino ad 800 euro e spesso non basta – è affidata alla responsabilità dei centri di Pma solo nel 75% dei casi, in modo omogeneo sul territorio. Nel 25% dei casi dunque esiste il rischio che queste vengano fatte da chi non è controllabile, ovvero vengano erogate senza responsabilità specifiche.
 
La mappatura dei rischi, che serve a ridurre al minimo il margine d’errore attraverso la gestione del rischio, esiste nell’81% dei casi. Buona la velocità con cui l’Italia sta recependo la recente normativa Ue in merito e organizzando corsi di formazione. Avviati nell’87% dei casi.
 
Quando qualcosa non va per il verso giusto per errori nelle procedure o per difetti di apparecchiature o guasti, entra in ballo l’assicurazione per la copertura dei rischi: l’81% dei centri fornisce per ogni step della procedura. Un 19% dei centri ha dunque una copertura assicurativa non completa.
 
La crioconservazione è uno dei punti che il questionario proposto intendeva indagare e mettere in evidenza, focalizzando l’attenzione in particolare sul numero di centri che dispongono di apparecchiature per la crioconservazione e sulle differenti tecniche di crioconservazione utilizzate.
Per quanto riguarda gli embrioni tali tecniche si effettuano nel 62% dei casi, in particolare nel Nord-ovest (51%), seguito dal centro (22%). La Lombardia, con 19 centri, è la regione più virtuosa in questo senso.
 
La crioconservazione degli ovociti invece viene effettuata nel 61% dei casi. In particolare nel Nord-ovest (52%). Nella Lombardia vi è il maggior numero di tali strutture (20), seguita dalla Toscana (8) e dall’Emilia Romagna (6). Le tecniche di crioconservazione degli spermatozoi si effettuano nel 60% dei centri, con una larga frequenza nel Nord-ovest (specie in Lombardia).
 
Molto meno frequente è la crioconservazione del tessuto ovarico, necessaria in caso di pazienti oncologici, che si effettua solo nel 17% dei rispondenti.
Analizzando la dotazione in organico delle strutture di figure professionali specifiche si rileva che in alcuni centri (2 di quelli analizzati, presumibilmente una decina scarsa a livello nazionale) non vi è nessuna delle professionalità indicate. Quanto agli altri, nell’85% dei centri è presente la figura del biologo, nel 74% lo psicologo, nel 70 l’andrologo e, infine il genetista nel 51%.
Nel 44% del totale vi è la contemporanea presenza di tutte queste figure.
 
Uno degli aspetti che caratterizza l’attuale situazione riproduttiva è l’alto tasso di infertilità. Ma l’informazione sulla prevenzione di questa patologia è assente nel 39% delle strutture esaminate (32). L’attività informativa sulla prevenzione dell’infertilità è invece fornita nel 61% dei centri.
 
Un ciclo completo in un centro pubblico o convenzionato costa alla coppia mediamente 213. Il costo finale del “bimbo in braccio” è in media di 12.300 euro con un valore che oscilla tra i 6.900 euro in l’Emilia Romagna e un valore massimo di 15.600 euro in Lombardia. Cifra che comprende tutti i costi a cui si sottopone la coppia dall’inizio del percorso alla nascita.
 
Le donne che si sono sottoposte al trattamento nel periodo analizzato sono state 50.900 di queste 37.322 erano residenti nella stessa regione del centro di Pma, mentre 13.578 hanno dovuto migrare verso altre regioni, con conseguenti costi e disagi: il 48% ha scelto il Nord-ovest. La media a livello nazionale di donne trattate per ogni centro è di 444 donne residenti e di 168 donne non residenti. Più di un quarto delle donne esegue trattamenti in altre regioni diverse dalla propria.
L’indice di “attrattività” che esprime la capacità di una struttura di una regione di richiamare potenziali pazienti da altre regioni, vede in testa la Toscana (113,3%) seguita da Valle d’Aosta (61,95) Friuli Venezia Giulia ((48%) Emilia Romagna (34,2%) e Lombardia (31,8%).

12 dicembre 2012
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