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Verso le elezioni. Le sette proposte Altems per salvare il Ssn


Rivedere la spending review procedendo a tagli mirati, ripensare i Lea, identificare le opzioni assistenziali più costo-efficaci, puntare su innovazione e qualità, promuovere i fondi integrativi. Queste le priorità dell'Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica per la prossima Legislatura. 

21 FEB - “I continui tagli alla spesa sanitaria, nell’ottica di una pressione al risparmio acuita dalla crisi economica globale, stanno seriamente minando il volto universalistico del Ssn, sia perché di fronte a bisogni di salute di una popolazione sempre più anziana e comorbidità in continua crescita, sono in proporzione diminuiti progressivamente i finanziamenti destinati alla sanità, sia perché i tagli lineari imposti alla sanità dalla spending review stanno indebolendo ulteriormente tutto il comparto senza fare distinguo tra sanità efficiente e che funziona e sanità che produce solo sprechi”. Per cambiare la rotta verso “l’inesorabile declino del Ssn” i ricercatori della Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (ALTEMS) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore diretta da Americo Cicchetti hanno messo a punto un documento di lavoro intitolato “Il Servizio sanitario nazionale alla luce delle manovre finanziarie 2011 e 2012: tra accessibilità delle cure e contenimento della spesa”.

Un programma in sette punti da proporre al prossimo Ministro della Salute. Eccolo:

Primo punto per la tenuta del sistema è modificare l’approccio della spending review, basata su tagli orizzontali, orientandola verso meccanismi di allocazione delle risorse alle strutture capaci di livelli più elevati di efficacia ed efficienza – dando piena parità a strutture pubbliche e private sotto rigidi vincoli di accreditamento e monitoraggio dei risultati - ottenendo così un sistema sanitario globalmente più efficiente, che tenga anche in un contesto in cui si renda necessario un contenimento della spesa pubblica, e dunque anche della spesa sanitaria.

Secondo punto è che i tagli, che finora si sono abbattuti principalmente su beni e servizi, dispositivi medici e grandi apparecchiature elettromedicali, devono intervenire su quei comparti del sistema che, negli ultimi 10 anni, hanno maggiormente contribuito alla crescita della spesa sanitaria e che non sono stati in alcun modo toccati dalla manovra 2011 e solo marginalmente coinvolti con la legge n. 135/2012: ci riferiamo in particolare all’area dell’assistenza specialistica ambulatoriale convenzionata (cresciuta in media del 6,2% all’anno negli ultimi 10 anni), dell’integrativa e della protesica (+ 6,3%/anno) e dell’”Altra assistenza convenzionata ed accreditata” (+9,4%/anno) in cui ritroviamo le cure termali e la medicina dei servizi, oltre che l’assistenza ai tossicodipendenti

Terzo punto: bisogna inoltre favorire l’adozione di tecnologie innovative efficaci e “cost saving”, velocizzandone l’introduzione nella pratica clinica, sostenendo nel contempo l’innovazione proveniente anche dalle piccole e medie imprese nazionali. Un grande piano nazionale sarebbe auspicabile per facilitare la diffusione di quelle tecnologie che, una volta introdotte, porterebbero ad un risparmio complessivo: in sostanza un “fast track” per la buona innovazione.

Quarta raccomandazione: occorre riformulare il concetto stesso dei LEA passando dalla definizione di una “lista negativa” (è nei LEA tutto ciò che non è esplicitamente escluso) a una “positiva”. Per questo sono indispensabili due azioni, stabilire dei principi espliciti e condivisi di giustizia distributiva per l’individuazione delle priorità tra Governo centrale e Regioni, che preveda un sistematico coinvolgimento dei principali stakeholder di sistema (cittadini e associazioni di pazienti, industria ecc.); adottare l’approccio dell’health technology assessment per identificare le opzioni assistenziali che si sono dimostrate maggiormente costo-efficaci e preferite da pazienti e cittadini, giungendo a un programma nazionale coordinato dal livello centrale e in grado di coinvolgere le Regioni e le strutture di ricerca più qualificate in materia.

Quinto punto: bisogna anche ripensare ai meccanismi di contrattazione delle risorse tra Stato e Regioni, ridando centralità al ruolo di indirizzo e monitoraggio del livello centrale. In tal senso, il nuovo Patto per la Salute 2013-2015 potrebbe essere un’occasione a livello nazionale e regionale, per iniziare a promuovere interventi di aumento dell’efficienza e di riorganizzazione razionale del sistema: dall’ottimizzazione degli acquisti, alla scelta di regole chiare e stabili per la programmazione delle risorse e il loro riparto tra Regioni, al pieno coinvolgimento della leva fiscale regionale per la copertura anno per anno delle sovra-spese, alla responsabilizzazione di mandato/ufficio per politici e amministratori inadempienti rispetto ai target.

Sesta raccomandazione: bisogna investire sullo sviluppo della qualità delle persone nel Ssn sotto il profilo tecnico e morale, adottando meccanismi di reclutamento, selezione e valutazione fondati sul merito, sia per i profili manageriali sia per le figure professionali, prevedendo il meccanismo dell’accreditamento dei professionisti presente da decenni in molti paesi, per incrementare l’accountability e ridurre l’ingerenza della politica nelle nomine dei dirigenti.

Settima raccomandazione: promuovere il definitivo avvio dei fondi integrativi in modo da ampliare le opzioni del finanziamento del Ssn, offrendo l’opportunità della detassazione per coloro che scelgono opzioni di copertura “privata” a più ampio spettro. In questo contesto va valutata la possibilità di rivedere gli attuali meccanismi di co-payment, passando dalla forma del ticket alla franchigia modulata in relazione al reddito e che possa a sua volta essere soggetta a copertura assicurativa.
 

21 febbraio 2013
© Riproduzione riservata

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