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Parlamento. Stallo per le elezioni dei presidenti di Camera e Senato 


Tutto ancora in alto mare. Questa la sintesi della giornata di votazioni in Parlamento per eleggere i due presidenti delle Assemblee. Non sono bastate tre votazioni alla Camera e due al Senato per trovare l’accordo sui nomi dei presidenti. Domani entrambe le Camere convocate per le 11. Probabili fumate bianche.

15 MAR - Come ampiamente previsto si è conclusa la giornata di votazioni senza che le due camere siano riuscite ad esprimere i due presidenti sia di Palazzo Madama che di Montecitorio. Nel corso delle tre elezioni a maggioranza qualificata fatte alla Camera dei Deputati c’è stata prevalenza di schede bianche, stesso discorso per il Senato, dove però il regolamento prevede due votazioni a maggioranza qualificata.
 
Domani al Senato, a partire dalle 11 la terza votazione, sarà sufficiente la maggioranza assoluta dei voti dei presenti, e non dei componenti com'è stato nelle due prime votazioni. E si dovranno computare tra i voti anche le schede bianche. Qualora nella terza votazione nessuno abbia riportato detta maggioranza, il Senato procede nello stesso giorno al ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto nel precedente scrutinio il maggior numero di voti e verrà proclamato eletto quello che consegue la maggioranza, anche se relativa. A parità di voti sarà eletto o entrerà in ballottaggio il più anziano di età.
 
L’Articolo 4 del regolamento della Camera prevede che l’elezione del “Presidente ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza dei due terzi dei componenti la Camera. Dal secondo scrutinio è richiesta la maggioranza dei due terzi dei voti computando tra i voti anche le schede bianche. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti”. Da domani quindi a partire dalle 11 si procederà a maggioranza semplice
 
 
Oggi la fase di stallo ha fatto si che si prospettassero vari scenari. In tarda mattinata ha cominciato a girare la voce che Mario Monti offrisse la sua disponibilità per la presidenza del Senato, assemblea che rappresenta il vero rompicapo politico e istituzionale. Questa disponibilità ha preso in contropiede gli “ambasciatori” che lavoravano affannosamente tra i corridoi e più o meno nell’ombra nel tentativo di trovare una quadra per la presidenza del Senato. Se in un primo momento l’ipotesi di Monti a Palazzo Madama era stata scartata in quanto essendo Monti presidente del Consiglio sarebbe stato impossibilitato ad assumere la presidenza del Senato da più parti alcuni giuristi, interpellati, facevano sapere che l’ipotesi non sarebbe stata da scartare del tutto in quanto Monti, in carica per gli affari correnti, avrebbe potuto lasciare l’interim della guida del governo ad un suo ministro, nello specifico quello dell’Interno Anna Maria Cancellieri.
 
Nel corso del primo pomeriggio, mentre sembrava esserci un accordo per Dario Franceschini alla Camera e come detto al Senato per Mario Monti, o in alternativa per un montiano come Mario Mauro, già capo delegazione del Pdl al Parlamento europeo si è andato prospettando un altro scenario, un’ipotesi di governo legittimata dal lavorio degli sherpa parlamentari del Pd che da ieri sono in contatto con i leghisti vicini a Maroni per un eventuale accordo in caso di governo.
 
Umberto Bossi però su questo è stato chiaro, intercettato in Transatlantico ha detto che la Lega “passerebbe da traditrice rispetto a Berlusconi”, ricordando che l’alleanza con il Pdl di Berlusconi ha fatto vincere Maroni in Lombardia e che “siamo assieme anche in Veneto”. Comunque Bossi seppur convinto che “questa legislatura dura poco. Se si va avanti così si va a votare a giugno” è altrettanto consapevole che il governo “se parte, poi dura. Se si mette in piedi un governo poi nulla lo tira giù”.
 
Dal canto suo il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, parlando con i giornalisti alla Camera sul dialogo Pd-Lega ha detto “sono cose che leggo, non so” ma ha anche aggiunto che “il problema non è solo fare un governo, ma governare”. Il leader del Pd ha quindi aggiunto “Ci sono cose urgenti da fare subito e stiamo perdendo settimane”.
 
A fine giornata, quando le elezioni andavano avanti ormai stancamente nella certezza che non si sarebbe arrivati a nulla, si è prospettato un terzo scenario per il Senato: nella quarta votazione di domani, quella del pomeriggio, potrebbe prospettarsi una convergenza tra Pd, Pdl e Lega sul nome della senatrice Anna Finocchiaro del Pd. Questo accordo sarebbe possibile in quanto il Pdl cederebbe su entrambe le presidenze di Camera e Senato a condizione di poter dire la sua per la presidenza del Quirinale. Massimo Bitonci, capogruppo della Lega Nord al Senato, avrebbe confermato questa ipotesi spiegando “La soluzione che noi caldeggiamo è Finocchiaro qui al Senato e un Pdl alla Camera”.
 
Mentre nel tardo pomeriggio si svolgeva, alla Camera, un incontro tra il segretario del Pd Bersani, il suo vice, Enrico Letta, e Dario Franceschini per fare il punto della situazione vista la fase di stallo registratasi per l’elezione dei vertici dei due rami del Parlamento, Nichi Vendola chiamava ad un assunzione di responsabilità il Movimento di Grillo: “il M5S ha vinto le elezioni. È il primo partito d'Italia. È  bene che qui a Montecitorio abbia gli onori e gli oneri che competono a chi ha vinto le elezioni: la presidenza della Camera e che senta il peso politico del Paese sopra le sue spalle, come lo sentiamo tutti noi”.
 
Dal canto sua a fine giornata Roberto Calderoli ha invece fatto sapere che “senza un accordo complessivo riguardante le Presidenze delle Camere e il Governo, la Lega non voterà al Senato il candidato del Pd”. In questo modo la Lega si è tirata fuori da eventuali accordi con il solo Pd come si era ipotizzato nel primo pomeriggio. Calderoli ha infatti concluso che “l'unica soluzione è un accordo complessivo: la Camera al Pdl, il Senato al Pd, un governo di emergenza nazionale con Pd, Pdl, Monti e la Lega”.
 
In splendido isolamento, dal loro punto di vista, invece i “cittadini” del M5S che continuando a dire “no” ad accordi, inciuci o cordate hanno continuato a esprimere preferenze per i propri candidati ovvero Roberto Fico per la Camera e Luis Alberto Orellana per il Senato, gli unici due nomi che hanno raggiunto delle preferenze di un certo peso ma comunque insufficienti per le presidenze.
 
Questo è il quadro al momento, ma da qui a domani quando riprenderanno i lavori del Parlamento è possibile che gli scenari cambino nuovamente. 

15 marzo 2013
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