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Crisi di Governo. E adesso? Letta bis, governo di scopo o voto subito? Nessuno lo sa

di C.F.

Sono queste tre le ipotesi di “scuola”. Ma la politica italiana degli ultimi tempi ci ha abituato al “mai dire mai”. Troppe ancora le incognite: tenuta del Pdl, equilibri nel Pd, nascita di un nuovo blocco centrista, quadro economico, Europa e anche Quirinale. Insomma, tolto il fatto che Letta parlerà alle Camere mercoledì prossimo, siamo nella piena incertezza sul futuro della legislatura

29 SET - E adesso? Se lo chiedono tutti dopo la mossa a sorpresa di Berlusconi che nessuno si aspettava. Né Letta, né i suoi ministri targati Pdl, invitati a dimettersi da una telefonata del segretario Alfano a sua volta destinatario dell’ordine da Arcore dove, si racconta, il Capo ha deciso tutto da solo con pochissimi fedeli al fianco, tra i quali certamente Denis Verdini e Daniela Santanchè.
 
E a restare di sasso è apparso anche il Pd, ancora incerto sul da farsi dopo l’annuncio delle dimissioni di massa dei parlamentari Pdl mercoledì scorso e il mancato chiarimento in Consiglio dei ministri al ritorno di Letta dal viaggio in America nella notte di venerdì.
 
C’era attesa e tensione per il destino del Governo di “larghe intese”, certo. Ma che Berlusconi sparigliasse il campo aprendo subito la crisi e in modo tanto plateale non se l’aspettava nessuno. Almeno non prima della fine dell’iter parlamentare per la sua decadenza da senatore a seguito della condanna definitiva a 4 anni per frode fiscale.
 
E adesso? Dando per compiute le due mosse già previste e cioè salita al Colle di Letta (oggi pomeriggio) per concordare l’iter da seguire nella gestione della crisi e il discorso in Parlamento del premier previsto per mercoledì, cui seguirà un voto di fiducia, sono tre le ipotesi “di scuola” sul dopo.
 
Un Letta bis con i voti, oltre che di Monti anche di quanti nel Pdl non hanno gradito la mossa del Capo e che potrebbero costituire una pattuglia centrista, per ora indipendente e poi chissà unita in un nuovo “grande centro”. In questo caso il nuovo esecutivo (che sarebbe senz’altro gradito al presidente Napolitano), nel caso la pattuglia dei delusi Pdl dovesse essere consistente, potrebbe teoricamente durare anche oltre il semestre italiano alla guida UE, costituendosi di fatto come un inedito governo di “centro-sinistra” tipo quello sognato prima delle elezioni da una parte del Pd e dal duo Monti/Casini.
 
L’altra ipotesi è quella di un governo “di scopo”, presieduto probabilmente da una figura “istituzionale”, con l’incarico di fare la legge di stabilità e la riforma elettorale, per poi andare al voto entro la prossima primavera. Anche in questo caso i voti ci sarebbero solo con il “soccorso” dei delusi del Pdl (perché quelli già annunciati di Vendola non basterebbero). E Berlusconi? Se fino a Sabato sembrava deciso su un'unica via, quella del voto subito, Domenica ha detto che legge di stabilità e riforma elettorale potrebbero avere il suo appoggio prima di andare al voto. 
 
La terza ipotesi (al momento la più improbabile) è quella delle elezioni subito, una volta constatato che non esiste alcun margine per formare una nuova maggioranza. 
 
Ci sono altre ipotesi sul tavolo? Teoricamente no. Ma la politica italiana di questi ultimi anni ci ha ormai abituato al “mai dire mai” e quindi tutto è possibile. Troppe infatti le varianti.
 
La tenuta del Pdl/Forza Italia cui fa da contraltare l’effettiva esistenza di potenziali “neo centristi” disposti ad abbandonare Berlusconi. E poi la fragilità di un Pd in attesa di un congresso che forse non si farà più e che comunque non è affatto unito attorno a Letta e dove convivono (male) tutte e tre le ipotesi (Letta bis, governo di scopo ed elezioni subito).
 
E ancora l’Europa e l’emergenza economica, un combinato disposto che potrebbe riportare tutti a miti consigli per evitare un nuovo potenziale default.
 
E infine il Quirinale: pochi ne parlano ma è bene non dimenticare le parole scandite da Napolitano il giorno del suo secondo giuramento davanti alle Camere il 22 aprile scorso: “Se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al paese”. Quelle parole, allora, furono da tutti interpretate con la decisione di Napolitano di non restare al Quirinale in caso di un nuovo fallimento dell’intesa tra Pd e Pdl che aveva portato alla sua rielezione e subito dopo all’accordo sul governo di larghe intese. Vedremo.
 
C.F.

29 settembre 2013
© Riproduzione riservata

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