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Ha ancora senso il ministero della Salute? Sì, ma a determinate condizioni

di Roberto Polillo

Vincoli europei e di bilancio. Procedure centralizzate in molti campi d’azione (dalla veterinaria ai farmaci). Ruolo ingombrante dell’Economia e delle Regioni che spesso “bloccano” il cambiamento. Insomma fare il ministro della Salute non è un lavoro facile ed è più comodo mettere “il pilota automatico”. A meno che

30 SET - Cinque mesi sono sicuramente pochi per valutare l’azione di governo di un ministro della Salute, ma cinque mesi sono sufficienti per  farsi un’idea di cosa quel ministro avrebbe potuto fare.
La pubblicazione della nota aggiuntiva del Def, il silenzio a tale proposito del ministro o meglio ex ministro Lorenzin, insieme alle sue precedenti dichiarazioni ci fanno dire che  probabilmente la sua azione sarebbe stata largamente insufficiente.
 
Nulla di personale ovviamente. Né tale giudizio è rivolto solo alla ex ministra Lorenzin perché fortemente insufficienti sono stati altri ministri che pure potevano vantare ben altri curricula e un tempo sufficientemente lungo di governo.
 
E allora perché è così facile essere un ministro insufficiente e così difficile essere un buon ministro della Salute?
La risposta è strettamente legata al contesto istituzionale in cui opera il ministero della Salute e tre sono gli elementi che dobbiamo considerare
Il primo riguarda il rapporto che il ministero ha con le istituzioni europee. Per quanto riguarda la veterinaria (core business del ministero) valgono le determinazioni della Commissione europea che obbligano i paesi membri ad uniformare i propri comportamenti, e la stessa cosa vale ora per i farmaci a seguito della costituzione dell’Agenzia europea dei medicinali (Ema).
 
Il secondo aspetto riguarda gli altrettanto importanti  rapporti  o meglio i condizionamenti esercitati dal Dicastero dell’Economia da cui dipende la definizione del Fondo sanitario nazionale e la vigilanza attiva sulle regioni sottoposte ai piani di rientro. Nel passato è stato proprio il ministero dell’Economia ad esercitare il ruolo da protagonista relegando la Programmazione del ministero della Salute in una posizione di forte subalternità
 
Il terzo aspetto riguarda il ruolo esercitato dalla Conferenza Stato Regioni il cui concerto è indispensabile per la quasi totalità degli atti predisposti dal ministero. E anche in questo caso precedenti  presidenti regionali o assessori alla Salute  hanno imposto  i loro dictat a ben più di un ministro della salute che di fatto ha  rinunciato a parti importanti del programma per le opposizioni (spesso immotivate) delle regioni.
 
Di fatto dunque un ministro della Salute può semplicemente limitarsi a  dirigere il ministero come una  sorta di pilota automatico in cui sono le istituzioni “altre” a dare la linea politica. E questo grazie anche alle competenze di grado elevato che hanno i direttori e i Capi dipartimento delle diverse direzioni che, come bravi solisti,  per suonare la loro musica non hanno bisogno del Direttore d’orchestra. In questo caso il ministro della Salute può tranquillamente vivacchiare e seguire il corso naturale degli eventi.
 
Altra cosa è invece farsi carico dei problemi che investono in modo crescente il Servizio sanitario nazionale: il finanziamento progressivamente decrescente, la scarsa qualità delle cure di gran parte delle regioni italiane, l’ingerenza asfissiante del sistema politico nella gestione che è il vero problema del nostro paese e infine la corruzione  che avvelena i bilanci  delle regioni  e delle Asl.
 
Se un ministro vuole cimentarsi con questi problemi come prima cosa deve disattivare  il pilota automatico e  avere il coraggio di affrontare dure battaglie che renderanno il suo procedere incerto, insidioso e soprattutto faticoso  anche a livello personale.
 
E’ questo il ruolo difficile che un ministro della Salute deve sapere svolgere se vuole essere un buon ministro. Un compito difficile che pochi sono riusciti ad assolvere ma fondamentale per chi crede che il ministero della Salute abbia ancora  un senso nel nostro ordinamento.
 
Roberto Polillo

30 settembre 2013
© Riproduzione riservata

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