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Stamina. Lorenzin: “Nell'informazione sono presenti lobby anti-scienza”


Così il ministro della Salute intervenuta videoforum di Repubblica. Il problema per il ministro è che “viviamo un impoverimento della cultura scientifica che non permette di autotutelarci”. Tra i temi trattati le esenzioni dei ticket per disoccupati e cassintegrati e la chiusura dei piccoli ospedali: “Il modello va portato avanti con coraggio, ma bisogna contestualmente costruire la rete dell'urgenza”.

06 FEB - "Il caso stamina ha mostrato l’impoverimento della cultura scientifica che sta vivendo il nostro Paese. Siamo invece ipertecnologizzati, ma i nostri bambini a scuola sono sempre ultimi nelle prove scientifiche. Questo non ci permette di autotutelarci, anche dalla cattiva informazione. Parlo soprattutto delle tv, perché la carta stampata è stata più attenta. Abbiamo visto utilizzare i bambini in tv, credo che per l'informazione deontologicamente ci siano problemi. Esistono nell'informazione delle lobby che sono anti-scienza, contro cui i ricercatori sono impreparati, perché loro non agiscono con i metodi della comunicazione di massa". Così il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, incalzata dalle domande dei lettori, è intervenuta oggi al videoforum di Repubblica sul caso Stamina.
 
"Il primo Comitato scientifico aveva definito il protocollo privo di consistenza scientifica e non sicuro. Così io ho chiuso la sperimentazione – ha spiegato Lorenzin -. Poi è arrivato il Tar, secondo cui quegli scienziati del Comitato non erano attendibili perché si erano già pronunciati. Tengo a sottolineare che è normale per la comunità scientifica dibattere, esprimersi. Evidentemente prima".
Nelle sue risposte sul tema riguardante il cosiddetto metodo Vannoni, il ministro ha parlato anche delle cure compassionevoli spiegando che possono essere definite tali solo quelle che hanno superato almeno la fase 1 della sperimentazione, “Stamina non ha neanche cominciato”. “Dobbiamo rivedere tutto nel suo complesso, alla luce di questa vicenda. A chi è senza speranza si può permettere di accedere a cure che abbiano superato la fase 1, ma non creare cavie umane", ha puntualizzato il ministro.
 
Si è passati poi al Ddl Lorenzin e, in particolare, al riordino delle professioni. "È una vicenda che va avanti da 15 anni. Durante i quali abbiamo avuto una diversificazione professionale all'interno varie categorie, professioni nuove che non sono riconosciute - ha spiegato il ministro -. Nel ddl abbiamo raccolto e armonizzate diverse proposte, lasciando al dibattito parlamentare, col lavoro di due commissioni competenti, la riorganizzazione di una materia spinosa. Mi piacerebbe riuscire a fare il ddl in tempi veloci e dare risposte alle nuove professioni numericamente importanti, per una gestione nuova e più efficiente".
Quanto poi al problema specializzandi, “il ministro Carrozza si è trovato con un tetto economico sulle nuove specializzazioni, cosa folle perché quando laurei un medico, devi permettergli di specializzarsi. Devi garantirlo. Un giovane impiega circa dieci anni per diventare un medico specializzato. La soluzione della ministra è di far che gli ultimi due anni li faccia in ospedale, per professionalizzarsi.
Ma qual è il vero fabbisogno di medici in Italia? - si è chiesta Lorenzin -. Nei prossimi cinque anni molti dottori andranno in pensione, ma sarà davvero necessario rimpiazzarli tutti o servono in particolare alcune figure specifiche? Ho chiesto al ministero di pianificare i fabbisogni, per discuterne nel patto per la salute. Abbiamo bisogno di una programmazione nazionale".
 
Non poteva mancare un passaggio sull'attuale crisi che ha colpito anche la richiesta di salute delle famiglie. "Ci sono famiglie che per non pagare il ticket non si curano, con costi che arriveranno dopo. Qua c'è tutto il tema della riprogrammazione sanitaria e dei ticket - ha detto Lorenzin -. Il nuovo patto prevede appunto di togliere il ticket alle categorie più svantaggiate come quelle dei disoccupati e cassintegrati. Tra 30 anni avremo una popolazione povera a cui dovremo garantire cure molto onerose. Dobbiamo capire per tempo dove andiamo".
 
Infine, sulla chiusura dei piccoli ospedali, il ministro ha spiegato che la priorità deve essere quella di garantire un accesso alle cure sicure. “Il piccolo ospedale deve fare prestazioni adeguate. Dobbiamo mediare sui territori la riconversione delle piccole strutture. Non sono tanti 60 chilometri se hai accesso a un pronto soccorso accessibile in auto o elicottero. Non va difeso il presidio territoriale, va costruita una rete di servizi efficienti, con la rianimazione - ha concluso Lorenzin -. Il modello è questo e va fatto con coraggio, ma bisogna anche garantire contestualmente la costruzione della rete dell'urgenza”.  

06 febbraio 2014
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