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Stamina: Comitato etico Brescia: “Noi dicemmo primo no. Ma per Aifa non c’erano condizioni ostative”


Per questo motivo gli Spedali Civili di Brescia cambiarono idea e iniziarono la sperimentazione. Questo almeno è quello che risulta dal carteggio testimoniato dai responsabili della struttura auditi oggi in commissione Sanità del Senato nell’indagine conoscitiva sulla terapia Vannoni. Cambiato il parere dell’Aifa, per la struttura fu “più difficile tentare di resistere” nel dire “no” alle infusioni.

18 FEB - Secondo quanto riferito oggi in Commissione Igiene e Sanità del Senato da Francesco De Ferrari, presidente del comitato etico degli Spedali Civili di Brescia, il primo “no” ad autorizzare l'uso della terapia cellulare con metodo Stamina, venne dalla struttura lombarda. Il perché lo ha spiegato lo stesso De Ferrari in quanto “bisognava ricorrere alla produzione in Gmp (Good Manufacturing Practices), come era stato ribadito dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) con una comunicazione di Carlo Tomino”.
 
Nel ricostruire la tempistica della vicenda De Ferrari fa presente che “il comitato etico, nella riunione del 5 luglio 2011, ha ritenuto di non autorizzare l'uso della terapia cellulare” con metodo Stamina, sottolineando "che bisognava ricorrere alla produzione in Gmp” come richiesto appunto dall’Agenzia italiana del farmaco e come era già stato anticipato” dall’allora direttore generale dell'Aifa “Guido Rasi all'ospedale Burlo Garofolo di Trieste".
 metodo Stamina in quanto
 
"Dopodiche' – prosegue il presidente del comitato etico nel ricostruire la vicenda - è stata mandata dall’azienda ospedaliera un’ulteriore richiesta a Tomino, in cui si elencava quali erano le condizioni nella quali si riteneva di poter operare, chiedendo di avere una risposta entro 15 giorni. La risposta è arrivata dopo pochi giorni, prima ancora che fosse stata ricevuta la documentazione, e si diceva che non si ravvedevano condizioni ostative” all'uso della terapia messa a punto da Davide Vannoni.
 
Questo è stato il motivo per cui la struttura bresciana ha cambiato idea. Per cui nel momento in cui “era cambiato anche il parere di riferimento, è stato ancora piu' difficile tentare di resistere” nel sostenere il “no” alle infusioni.
 
“Sul piano formale - ha ricostruito De Ferrari - la vicenda comincia con una delibera del 9 giugno 2011 dell'azienda ospedaliera, in cui viene formalizzato l'accordo con Stamina Foundation. Dopo questa delibera, il sottoscritto è stato contattato dalla direzione strategica aziendale per valutare se e come procedere” per effettuare le infusioni. “Ci trovammo a valutare cosa potesse essere fatto dal punto di vista procedurale e pratico - ha proseguito - e il 21 giugno 2011 la dottoressa Carmen Terraroli”, responsabile della segreteria scientifica del comitato, “scrisse una missiva all'Aifa chiedendo delucidazioni e ponendo domande per avere una voce in più su come comportarci, anche perché' già all'epoca eravamo a conoscenza di una comunicazione dell'aprile 2011 a firma di Rasi indirizzata al Burlo Garofolo, in cui veniva indicata la possibilità di far ricorso al decreto Turco-Fazio, ma con la premessa che il trattamento delle cellule avvenisse in cell factory secondo Gmp”.
 
"Carlo Tomino - ha aggiunto De Ferrari - rispose il 27 giugno ribadendo che non c'era autorizzazione all'uso delle cellule Stamina e che le cellule dovevano essere prodotte secondo Gmp”. C’è poi stata “una successiva richiesta da parte dell'azienda ospedaliera di un parere al dottor Tomino per sapere se ci fossero eventuali elementi ostativi” a procedere. E qui il presidente del comitato riconosce che “nella risposta di Tomino non c’è scritto 'autorizzato', ma 'non ci sono condizioni ostative'” essendo il trattamento "rientrante nell'uso non ripetitivo. Al fine di evitare ogni ritardo, nell'interesse dei pazienti, non si ravvedevano ragioni ostative al trattamento indicato e si rimaneva in attesa di ricevere la documentazione preannunciata. Dopo che la documentazione è stata trasmessa, il 5 agosto successivo, dal direttore generale al dottor Tomino dell'Aifa, sono trascorsi i 15 giorni” entro i quali era stato chiesto di ottenere una risposta, senza ricevere alcuna altra comunicazione”.
 
Andando avanti nella ricostruzione De Ferrari riferisce che “nella riunione del comitato etico di settembre 2011 vennero discussi i primi due casi proposti in applicazione del decreto Turco-Fazio, con il parere del medico prescrittore, corredato da quello del neurologo di riferimento per il paziente adulto e per il paziente pediatrico con il consenso e tutto quanto previsto dal decreto”. De Ferrari ha precisato inoltre che "Marino Andolina voleva fare lui le prescrizioni, ma noi abbiamo detto che le avremmo prese in considerazione” solo se corredate del parere specialistico. “Nei mesi successivi - ha aggiunto - di volta in volta si sono aggiunti 2-3 casi, per arrivare a marzo a raggiungere 12 casi. Nel frattempo non arrivò nessun contrordine e quindi procedemmo”.
 
Il 15 maggio del 2012 però “sopraggiunse la sospensiva da parte dell'Agenzia italiana del farmaco e “da allora - ha chiarito De Ferrari - non abbiamo più espresso alcun parere, neppure a fronte delle ordinanze dei tribunali che ce lo richiedevano”.
 
Carmen Terraroli, responsabile della segreteria scientifica del comitato etico degli Spedali Civili di Brescia, anche lei audita sul caso Stamina,ha riferito come i primi dodici pazienti trattati con il metodo Stamina presso gli Spedali civili di Bescia “erano stati regolarmente ricoverati e avevano ciascuno una cartella clinica completa, nella quale erano indicati tutti i passaggi della terapie. Erano riportate anche le etichette dei prodotti infusi e gli eventuali eventi avversi o effetti collaterali che, però, non si sono verificati. Noi non ne abbiamo registrati. Ma non si può assolutamente dire, sulla base di singoli casi, che la terapia sia efficace. E non è nostro compito farlo.
 
L’esperta parlando poi dell'obiezione di coscienza proclamata nelle scorse settimane da alcuni medici della struttura lombarda, che effettuano le infusioni Stamina ha detto che “anche a fronte di situazioni molto pesanti emerse dalla stampa, si è voluto dare un segno di discontinuità”, che però non si è concretizzato in una vera e propria “interruzione dei trattamenti, che si sono fatti fino a oggi in buona fede e che non ha senso bloccare". 

18 febbraio 2014
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